Storia


Roberto Galisi

Oriente e Occidente

Il concetto di "Occidente" non è mai esistito separatamente da quello di "Oriente" anche in base a connotazioni geografiche e culturali: per gli antichi Greci l'Oriente era la Persia, mentre era Occidente per i Cinesi. Vi sono stati e tuttora vi sono, molti Occidenti e molti Orienti, come sottolinea Giangiorgio Pasqualotto[1]. Ciò che viene chiamato "Occidente" si è formato grazie all'apporto della civiltà greco-romana, di quella giudaico-cristiana e in parte anche grazie alla civiltà islamica. I confini sia geografici che culturali tra Oriente e Occidente, non possono mai essere considerati definitivi, poiché la loro determinazione dipende da una serie di fattori storici, politici, economici e linguistici, tutti caratterizzati da una forte complessità.

Risulta evidente anche da una semplice analisi degli aspetti più elementari della conoscenza che, per poter rappresentare una cosa, un'idea o una persona è proprio quella e non un'altra, è necessario confrontarla almeno con un'altra. Il promotore di questo pensiero fu Eraclito, che distinse l'essere diverso (èteron) dall'essere identico. Questa correlazione tra identità e diversità fu approfondita da Hegel, in quanto l'identità non è diversità, essendo concetti diversi.

Nelle civiltà orientali la relazione tra identità e diversità è stata sempre vista in modo forte, radicale, per cui qualcosa è considerata essere quello che è non solo perché è in rapporto con qualcos'altro, ma perché è costituita, fin dalla sua origine, da qualcos'altro.

Concentrando l'analisi sul Mediterraneo, culla di civiltà la cui eredità ha fondato lo status contemporaneo, si può affermare che non è mai stato un mare tranquillo, da un punto di vista politico, e oggi si presenta caratterizzato da diversi conflitti, a partire da quello tra israeliani e palestinesi. Come afferma Andrea Riccardi, siamo dinanzi al pericolo di uno scontro tra Sud fondamentalista e Nord laico e pluralista[2].

Braudel nella diversità vede "l'intregrazione". Si può affermare che tra Ottocento e Novecento nasce il Mediterraneo contemporaneo. Prima di allora musulmani, cristiani ed ebrei coabitavano nell'area Sud, in un crogiuolo di popoli diversi, differenziazioni, città cosmopolite. La storia del Mediterraneo è strettamente correlata alle vicende religiose: un cristianesimo minoritario in Oriente e maggioritario negli stati laici occidentali; l'Islam in decadenza e, poi, alla riscoperta della sua identità nei paesi del Sud; l'ortodossia legata allo sviluppo degli stati nazionali e l'ebraismo che con il movimento sionista, afferma la sua identità dapprima in Medio Oriente e poi sviluppa la sua corrente in tutta l'area mediterranea con le comunità. Louis Massignon[3] ha visto in Abramo il capostipite delle tre religioni monoteistiche, affermando una fitta correlazione tra ebraismo, cristianesimo e l'islam.

La tensione tra cristianesimo e mondo islamico ha da secoli caratterizzato il clima di tensione minacciando un immediato scontro di civiltà. Cristianesimo e islam sono religioni della da'wâ, ovvero raggiungere tutte le genti. La coabitazione tra cristiani e musulmani non risale alla fase prima della "riconquista" spagnola o alla Sicilia. Diversa è la situazione all'interno del mondo arabo, dove non si può assolutamente parlare di convivenza. La coabitazione tra islamici, cristiani ed ebrei era frequente nel Sud del Mediterraneo. Ogni religione-nazione, il millet, guidata dal suo capo religioso con autorità civile e un ber'at del potere ottomano, era un sub-Stato senza confini, che non si identificava con un territorio, ma con una diaspora. "L'accentuata identità delle comunità-nazione, dal punto di vista religioso, etnico, linguistico, non poneva in discussione una forte simbiosi culturale con l'ambiente ottomano"[4]. La condizione di cittadino non musulmano era di seconda categoria, con lo statuto di dhimma. Nel mondo ottomano sopravviveva un certo pluralismo religioso, mentre in Europa ciò era negato dalla cristianità. La coabitazione tra comunità religiose, non senza conflitti o soprusi, era garantita da un sistema giuridico che riconosceva alla gente del libro[5] uno statuto nella città musulmana a cui erano sottoposti, protetti dallo stato islamico e sottoposti ad una specifica tassazione con limitati diritti. I confini dell'impero ottomano coincidevano con quelli della terra musulmana, dâr-al-islâm, ma al suo interno cristiani e gli ebrei avevano libero spazio anche per le loro istituzioni civili e religiose. Tuttavia le minoranze hanno vissuto epoche non proprio tranquille, con costante pressione su di esse. Il cristiano orientale finisce per sentirsi diverso dal musulmano, in quanto rappresentante dell'Occidente. L'istruzione offerta dalle scuole dei missionari ha un ruolo decisivo anche nel favorire l'insofferenza verso l'impero ottomano. Allo stesso modo opera l'Alliance Israélite Universelle, che si occupa dell'inserimento degli ebrei algerini nel circuito francese. Dalla caduta di Costantinopoli i dhimmi furono organizzati in millet, quello ortodosso, quello armeno e quello ebraico. L'applicazione del dhimmi varia nelle diverse regione dell'Impero; la vita del milletera retta dall'autorità religiosa, il cui potere veniva bilanciato da consigli laici. E' un modello sconosciuto all'occidente, dove era frequente il pensiero di una condizione di inferiorità e sfruttamento. La storia del millet è intrecciata a quella del dhimmi: il cristiano d'Oriente diviene il protetto dell'Occidente . Il pluralismo ottomano non riconosceva gli individui, ma le comunità. Il passaggio dell'indipendenza della Turchia è frutto dello smantellamento delle istituzioni ottomane.

Durante la Prima Guerra Mondiale si assiste ormai al disfacimento completo dei millet. I giovani Turchi identificarono l'interesse nazionale turco nella riduzione del quadro cosmopolita dell'impero, che aveva avuto origine nel sistema del millet. Esso non esiste più come orizzonte per pensarsi cristiano nel mondo ottomano, restano solo le Chiese. Si diffonde la coscienza che nel mondo islamico non si può restare senza uno stato nazionale: greci, armeni, siriaci, caldei, vogliono un loro Stato. La fine del millet sfocia nelle identità nazionali, nei nazionalismi.

In Medio Oriente la Chiesa è stata cauta nel considerare la condizione dei suoi fedeli; nell'Ottocento la tradizionale contrapposizione tra mondo cristiano e mondo islamico vedeva i cristiani d'Oriente perseguitati da un potere anticristiano. Fu chiesto alla Santa Sede di considerare alcuni martiri orientali uccisi per la fede. La giurisprudenza islamica punisce l'apostasia delle religioni protette, escluso se un dhimmi rinnega la sua fede per divenire musulmano.

L'impegno missionario ed educativo della Chiesa cattolica in Medio Oriente si sviluppò nell'Ottocento grazie soprattutto ai francescani. Essi avevano la custodia della Terra Santa, comprendente il territorio dell'Impero Ottomano. La custodia dei francescani sopravviveva da secoli, addirittura fin dal tempo di San Francesco d'Assisi.

Un millennio fa, come afferma Timur Kuran, il Medio Oriente era la regione più avanzata nel mondo dal punto di vista economico, in base al tenore di vita, tecnologia, produttività agricola e istituzioni[6]. Nel XIX secolo lo sviluppo del Medio Oriente inizia il suo declino, per l'affermarsi dell'ascesa dei paesi dell'Europa. Le peculiarità del sistema economico islamico che ne hanno generato il fallimento sono: la legge islamica che inibisce l'accumulo di capitale; lo stretto individualismo della legge islamica; il wakf, la forma di trust islamica che non permette alcuna forma di organizzazione d'impresa.

All'inizio del XVIII secolo, il Medio Oriente fu caratterizzato dal dominio in campo economico di cristiani e degli ebrei, specialmente nei nuovi settori come le banche e le imprese. I musulmani videro limitato il loro campo d'azione a causa dello stretto legame con la legge islamica. Le istituzioni musulmane discendono direttamente dal profeta Maometto, che ne fu il promotore. Durante i primi secoli dell'ascesa dell'Islam, la legge produsse una ricca serie di regole e procedure per le contrattazioni. E' necessario un certo numero di partner, ma all'atto pratico si preferisce non eccedere il sei. Le imprese cooperative non sopravvivono a lungo, cessano di esistere ad affare concluso.

Durante il Medio Evo gli stati musulmani seguivano due direttive: il provisionismo e il fiscalismo.

Il provisionismo favoriva le importazioni e sfavoriva le esportazioni; per fiscalismo invece si intendeva l'indirizzare le imposte ad un preciso obiettivo. Iniziate con Maometto, queste forme di gestione economica si svilupparono ben presto in tutta l'Arabia.

Il waqf è una forma di trust che trova fondamento nella legge islamica. Esso prevede che siano destinati fondi per i servizi sociali come scuole, orfanotrofi, moschee e altro ancora. L'innovazione è che non è necessario che i beneficiari fossero solo musulmani. Essi sono considerati sacri, rappresentano un implicito legame tra regole e affari con il benessere sociale. Il sistema era di base decentralizzato.

Nell'Europa occidentale gli stati provvedevano ad elargire pochi servizi sociali. La Bibbia non offre disposizioni in merito alle pratiche economiche, a differenza della legge islamica.

Il primo contrasto si ha nel XIX secolo, in cui Francesi, Inglesi ed altre compagnie occidentali stabilizzano i loro traffici commerciali nell'area medio orientale, a discapito delle compagnie locali. Anche se il Medio Oriente investe in produzione, affari e finanza, non ci sono esempi di una partecipazione di massa. Un secondo contrasto si ha per la questione dei waqf: essi vengono declassati dai moderni investimenti nella società, importati dall'occidente, come una sanità moderna, un'istruzione all'avanguardia di massa.

Andando a ritroso la più importante forma commerciale di partnership utilizzata in Medio Oriente intorno all'anno 1000, era la mudāraba, ovvero accumulo di capitale di uno o più investitori con il lavoro di uno o più mercanti. In base alla legge islamica, il contratto diviene nullo e vi è lo scioglimento della partnership a lavoro ultimato[7].

Il vasto sistema di waqf del Medio Oriente produceva un insieme di conseguenze. Nel mondo islamico erano presenti in più aspetti della società, ma dopo il contatto con il mondo occidentale, i servizi furono assunti da società con capitali molto più flessibili.  In assenza di modelli corporativi da imitare, il legame con le istituzioni fu enorme, a differenza di ciò che accadeva in occidente.

I limiti sui poteri della legge si svilupparono dapprima in Europa e molto più tardi in Medio Oriente. La sicurezza economica e i diritti democratici emergevano gradualmente in occidente , per molti secoli. La legge islamica scoraggia l'emergere di grosse e durevoli compagnie. E' lo stesso sistema islamico ad auto limitarsi : prima di tutto per le partnership limitate; poi per il frammentarsi dei capitali accumulati una volta che il contratto sia terminato; infine per severe restrizioni testamentarie.

In base alla legislazione islamica di un tentativo di pluralismo, sia musulmani che non musulmani possono entrare in affari sotto la legge islamica e ricorrere al kadi (un giudice islamico) per dirimere eventuali controversie. Solo i non musulmani sono autorizzati in una causa ad avere un verdetto da una corte non musulmana, da un giudice non musulmano. In base a questo limite, nell'area medio orientale vi è stato un incremento di capitali da parte di cristiani ed ebrei a discapito dei musulmani.

Con lo sviluppo economico dell'Occidente, il sistema legale islamico divenne un ostacolo per la crescita economica[8]. Ebrei e Cristiani orientali iniziarono ad accedere ai sistemi legali occidentali. Le più grandi compagnie di affari come Salonicco, Istanbul, Izmir, Beirut e Alessandria erano sotto il controllo delle minoranze.

Il XIX secolo vide in Medio Oriente la nascita del processo di "occidentalizzazione". Un'iniziale collaborazione con gli europei permise l'apertura all'occidente inaugurando un sistema di compagnie più ampie e durature. Le riforme del XIX secolo permisero ai mercanti svantaggiati dalla competitività europea, di entrare nel mercato moderno. I loro beneficiari erano i non musulmani che operavano ancora sotto la legge islamica e i musulmani stessi. Secondo una prospettiva moderna di commercio, un primo aspetto di questo sistema è l'assenza di una corporation di affari. Bisogna distinguere i diritti personali come la proprietà, firmare un contratto ed essere rappresentati in un processo, dai diritti individuali.

Quando sotto la legge islamica si fondava la mudāraba, il mercante poteva chiedere un finanziamento all'impresa o all'investitore per contribuire al lavoro. In questo caso l'accordo risultante prende il nome dimushāraka o inān.

Un mercante così incrementava la sua onestà, conoscenza geografica ed esperienza commerciale.

Le regole derivavano dall'esperienza delle città marittime d'Italia, includendo le commenda (o le societas maris), praticamente identiche all'islamica mudāraba. Entrambe offrivano maggiore flessibilità, su questa base nacquero anche le ‘isqa ebree.

La legge di partnership islamica era inflessibile, soprattutto nella concorrenza. L'investimento diretto era proibito, ostentare un arricchimento era immorale. Per quanto riguarda le obbligazioni se un partner di una società provoca dei danni, esso deve riparare con il suo capitale e non con quello azionario.

Una partnership islamica termina con lo scioglimento della società e dei suoi membri. Con la morte di uno dei membri la società continua ad esistere, ma viene negoziata una nuova alleanza, per non incorrere nel pericolo di una prematura liquidazione.

La tipica partnership islamica consiste di due membri, che singolarmente prendono parte all'affare. Esso può durare un anno o due, ma ci sono alcuni contratti di mudāraba con più di venti partecipanti.

Il mondo islamico vide l'emergenza di coordinare un sistema commerciale in varie città. La finanza era controllata dagli europei ad ampio raggio: la Banca Imperiale Ottomana, la Banca Imperiale di Persia, la Banca Anglo-Egiziana erano sotto protezione ed operavano per conto degli europei.

Il Corano stabilisce che una parte dell'eredità legale sia trasmessa a figli e figlie, mogli, genitori, fratelli e sorelle. Le restrizioni testamentarie sono chiaramente delegate al singolo che ne può disporre come crede, per assicurarsi prosperità economica e sicurezza finanziaria. E' evidente anche il riferimento alle restrizioni per le donne. In generale il sistema economico islamico tende ad assicurare un benessere diffuso.

Ogni eredità del sistema economico premoderno europeo differisce da quello islamico per due aspetti: il Corano non stabilisce il ruolo della famiglia negli affari: usualmente gli affari legali sono ristretti al nucleo familiare; il diritto canonico cristiano non regolarizza alcun aspetto economico, le pratiche sono estremamente semplici da modificare e non sono intaccate dal sistema religioso.

Nella cultura europea è radicata l'eredità al primogenito, preferito al resto della prole. Ad esempio in una società composta da un certo numero di membri, se uno di essi muore, la partnership decede e gli succede il primogenito. In una regione sotto la legge islamica se uno dei partner decede, il suo patrimonio societario viene diviso tra gli altri membri.

La crisi commerciale del mondo islamico, che accompagna l'ascesa della moderna economia globale, è un esempio di una sfortunata conseguenza di ciò che non è stato possibile evitare per un millennio. Data l'importanza del ruolo della legge islamica all'interno degli affari economici, gioca nella vita sociale del Medio Oriente un contributo alla sofferenza e alla frustrazione dell'intera regione.

Se si osserva l'Islam da un punto di vista religioso, è caratterizzato da alcune precise peculiarità: i musulmani credono nello stesso Dio (chiamato Allah) degli ebrei e dei cristiani; la parola "Islam" vuol dire sottomissione a Dio; i musulmani credono nel giorno del giudizio, in una vita ultraterrena e nella responsabilità etica individuale; il libro sacro dell'Islam, il Corano, contiene la parola di Dio rivelata a Maometto attraverso l'Arcangelo Gabriele intorno al 610 d.C; la Sharia, o legge islamica, è basata sul Corano, attraverso un'interpretazione letterale. Essa disciplina la vita sociale, personale e civile; i cinque pilastri dell'islam sono: •1 )professione di fede; •2) preghiera rituale; •3) purificazione attraverso la carità; •4) digiuno; •5) pellegrinaggio a La Mecca.

Maometto è considerato un profeta, dopo l'avvento di Adamo, Noè, Abramo, Mosè, re Davide e Gesù di Nazareth. Egli non fonda una nuova religione, ma è il messaggero della volontà di Dio; gli arabi considerano la loro discendenza a partire da Ismaele, figlio di Agar; gli ebrei discendono da Isacco, figlio di Sara. Ciò fa comprendere che essi hanno la stessa discendenza; i musulmani accettano Gesù come profeta, ma non come il figlio di Dio; nella tradizione islamica La Mecca e Medina sono le due città sante, luoghi in cui visse il profeta Maometto, la terza città è Gerusalemme, in cui vi è la moschea di Al-Aqsa, luogo visitato da Maometto; il Corano stabilisce che ebrei e cristiani possono convivere con i musulmani, anche se con evidente distacco e disprezzo da parte della società islamica. In realtà i musulmani credono in una guerra personale con sé stessi per non farsi intaccare dal peccato e in una difesa del proprio credo; i musulmani ritengono che le guerre in causa di Dio siano giustificate, per la conquista di altri territori sono inammissibili; il suicidio è ritenuto immorale, solo il martirio a servizio di Dio consente l'ingresso in paradiso; anche se l'islam è originario della Penisola Arabica, la maggiore diffusione è in Asia.

Alla morte di Maometto, avvenuta nel 632, seguirono una serie di battaglie per la sua successione. Ci fu una divisione in due fazioni: i Sunniti e gli Sciiti. I Sunniti erano la maggioranza nella Penisola Arabica, mentre gli Sciiti erano in Iran, Iraq, Bahrain, Libano, Azerbaijan, Siria e nel sud dell'Asia. Un'ulteriore divisione tra moderni e conservatori caratterizzava le due fazioni. I moderni auspicavano una riconciliazione tra ragione e credo religioso, nei valori della scienza, matematica, storia e lingue straniere; inoltre erano promotori dell'emancipazione femminile, seppur graduale. I conservatori separavano le questioni islamiche da quelle del mondo circostante, con un profondo legame con la legge islamica.

Una delle città più importanti del mondo arabo fu Baghdad , capitale scientifica e culturale. I primi contatti del mondo arabo con quello occidentale non fu caratterizzato solo da scontri militari, ma apportarono un contributo culturale di enorme rilievo, come il sistema numerico, l'algebra e la trigonometria.

L'Europa cristiana si scontrò spesso dal Medio Evo in poi con il mondo arabo, fino ai giorni nostri. Nel 1960 gli stati islamici acquisirono notorietà con gli Stati Uniti per le questioni di leadership. Fin dall'inizio la posizione degli Stati Uniti ha ben rigettato l'ipotesi di uno scontro culturale. L'amministrazione Clinton, come sottolinea Madeline Albright, ha sottolineato il rinnego di qualsiasi forma di scontro con il mondo arabo.

Il 2 novembre del 1917, in Medio Oriente inizia una nuova era. Dopo la Prima Guerra Mondiale, la Società delle Nazioni demanda alla Gran Bretagna un mandato di governo in Palestina. Ciò comporta la nascita del movimento Sionista, con appoggio del mondo cristiano. Nel 1891 una petizione, denominata Blackstone Memorial, indirizzata al presidente Harrison, chiede una conferenza in cui venga riconosciuto lo stato di Israele. Per promuovere stabilità in Medio Oriente, il presidente Roosevelt incontra segretamente Ibn Saud, il re dell'Arabia Saudita, per la questione del canale di Suez e intervenendo anche in supporto del clamore ebraico in Palestina. I leader arabi non attengono alle loro promesse e nel maggio 1948, alla fine del mandato britannico, Israele viene dichiarata indipendente, con l'appoggio degli Stati Uniti. Subito la risposta araba, segue la "guerra dei sei giorni" nel 1967, in cui il territorio israeliano si espande a discapito delle truppe arabe. La Chiesa del Santo Sepolcro, ricostruita dai crociati novecento anni prima, diviene il luogo in cui, come insegna la tradizione, fu deposto il corpo di Cristo dopo la crocifissione. L'edificio è controllato da sei gruppi: greci, francescani, armeni, copti, etiopi e siriani.

Sotto il profilo delle negoziazioni, l'OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina), sotto la guida di Yasser Arafat, si avvia al riconoscimento dello stato di Israele.

Nel 2005 il primo ministro israeliano Ariel Sharon riordina le truppe israeliane intorno alla Striscia di Gaza. Con l'assassinio nel 1995 di Yitzhak Rabin vi fu una netta condanna e il riconoscimento di un crimine da parte dei Palestinesi. Il mondo arabo ha duramente contestato l'atteggiamento degli Stati Uniti nelle questioni del Medio Oriente, in quanto sospettano di una lobby sionista che manovra la vita politica americana.

Nel 1998 Clinton incontra alla Casa Bianca il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e Yasser Arafat. Il suo scopo è quello di avviare un processo di pace duraturo, interrotto dalla guerriglia e da azioni terroristiche. Con l'elezione di George Bush, gli Stati Uniti modificano la loro linea diplomatica, incrementando la rottura tra Israeliani e Palestinesi. Con la morte di Yasser Arafat nel 2004, il nuovo leader palestinese Mahmoud Abbas, viene salutato come l'arrivo di una nuova epoca. Il suo scopo è quello di avviare un solido processo di pace, ma il Fatah, l'organizzazione che aveva da sempre osteggiato Arafat, cerca di minare il nuovo equilibrio. Abbas nel 2005 indice nuove elezioni, a vincerle è la fazione di Hamas. Lo scopo principale di Hamas è quello di annientare definitivamente lo stato di Israele, inaugurando una serie di azioni terroristiche, terminate solo nel 2007.

Concludendo si può affermare che la minaccia islamica non è peculiarmente rivolta all'Europa. Si pensi alla guerra Iran-Iraq o la rivalità tra OLP e Hamas. Il mondo del fondamentalismo è complesso e variegato. Non si tratta di una conseguenza dell'ignoranza o di poca cultura; basta pensare che il processo definito di "reislamizzazione" avviene nelle università. Se non ci sarà una riforma dell'Islam - sostengono i laici del mondo arabo - le società islamiche saranno tutte trascinate allo scontro con l'Occidente. Andrea Riccardi si chiede cosa può fare l'Occidente di fronte all'islamismo. Una risposta è data dai governi che osteggiano il fondamentalismo, come quello algerino. L'Egitto ha una situazione complessa, il cui equilibrio interno si regge secondo delicati equilibri; l'Iraq, deposto Saddam Hussein, si ritrova ad affrontare un precario e sensibile cambiamento; l'Iran e il regime degli Ayatollah minacciano continuamente Israele (nel 2009 ha dimostrato di possedere un razzo la cui gittata giunge fino a Gerusalemme). Il mondo arabo si è spesso dimostrato favorevole al dialogo e all'apertura con l'Occidente attraverso i paesi arabi moderati.

L'antico strumento della democrazia, come suggerisce Riccardi, può sanare un eterno scontro, evitando una chiusura in due aree contrapposte. La sicurezza si raggiunge attraverso una fitta rete di sviluppo democratico ed economico, attraverso condizioni sociali pacifiche, pluraliste e democratiche.

 

 



[1] Cfr. G. Pasqualotto, La comparazione fra Oriente e Occidente, in Rivista Filosofia Politica, Mulino, Aprile 2004, pagg. 65-80

[2] A. Riccardi, Meediterraneo. Cristianesimo e Islam tra coabitazione e conflitto, Guerini e Associati, 1997

[3] Cfr. L. Massignon,L'ospitalità di Abramo. All'origine di Ebraismo, Cristianesimo e Islam, Milano, Medusa, 2002, pag. 128

[4] Cfr. G. Sale, Stati islamici e minoranze cristiane, Jaca Book, Milano 2008, pag.21

[5] Così vengono definiti in arabo gli ebrei e i cristiani. Non sono dichiarati infedeli (kâfir), ma gli si riconosce di adorare il vero Dio - quello di Abramo e di Gesù - e di praticarne la legge, sia pure in modo imperfetto.

[6] T. Kuran, Perché il Medio Oriente è economicamente sottosviluppati: Meccanismi storiche di stagnazione istituzionale, in The Journal of Economic Perspectives Vol. 18, No. 3 (Summer, 2004), pp. 71-90

 

[7] G. M. PICCINELLI,  Economia e banche tra Islam e  Occidente, in  Iura Orientalia II (2006), pp. 128-134 (www.iuraorientalia.net) pag. 131-132

[8] Cfr.T. Kuran, Perché il Medio Oriente è economicamente sottosviluppati: Meccanismi storiche di stagnazione istituzionale, op. cit., pag. 34