Economia
Alessandro Della Valle
1.1 Origini ed articolazioni delle forme di Stato. Italia tra federalismo e regionalismo avanzato; 1.2 (segue) Percorso normativo istituzionale del "federalismo italiano"; 2.1 Politiche fiscali federaliste o autonomiste; 2.2 (segue) Profili costituzionali della fiscalità federale. In particolare i Livelli Essenziali di Prestazione; 3. Riforma Calderoli ed suoi decreti attuativi; 3.1 (segue) Federalismo demaniale (d. lgs n. 85 del 28 maggio 2010); 3.2 (segue) Roma Capitale (d. Lgs. n. 156 del 17 Settembre 2010); 3.3 (segue) Fabbisogni standard (d. lgs. 216 del 26 Novembre 2011); 3.4 (segue) Federalismo municipale (d. lgs. n. 23 del 14 Marzo 2011); 3.5 (segue) Autonomia tributaria di Regioni e Province (d. lgs. n. 68 del 6 Maggio 2011); 3.6 (segue) Perequazione e rimozione degli squilibri (d. lgs. n. 88 del 31 Maggio 2011); 3.7 (segue) Armonizzazione dei sistemi contabili (d. lgs. n. 118 del 23 Giugno 2011); 3.8 (segue) Sanzioni e premi per Regioni, Province e Comuni (d. lgs. n. 149 del 6 Settembre 2011); 4. Primauté du droit communautaire e Patto di Stabilità e Crescita. "Cripto-federalismo" europeo e federalismo fiscale italiano.
1.1 Origini ed articolazioni delle forme di Stato. Italia tra federalismo e regionalismo avanzato
Com'è noto nell'ultimo decennio, in Italia, il dibattito politico e giuridico si è incentrato sull'accelerazione della riforma cd. "federalista"[1] dell'architettura istituzionale volta allo sviluppo di una struttura statale di tipo decentrato sostitutiva di quella unitaria i cui limiti, dal punto di vista legislativo, amministrativo e finanziario, hanno richiesto una rinnovata e più elevata partecipazione all'attività statale dei diversi livelli di governo mediante l'attribuzione di crescenti competenze e responsabilità.
Il processo riformista - il cui corso ha sperimentato fasi alterne ed è giunto, da ultimo, ad un punto decisivo con la legge delega n. 42 del 5 Maggio 2009 di attuazione del federalismo fiscale, da cui traggono origine i diversi decreti attuativi che saranno di seguito analizzati - merita, dunque, in primo luogo, d'essere messo a fuoco nei suoi presupposti teorici ed in secondo luogo, d'essere brevemente ripercorso nelle sue fasi maggiormente significative.
A titolo di premessa, giova, sottolineare che risultano molteplici le impostazioni e le classificazioni teoriche elaborate sullo Stato federale[2] le cui caratteristiche stricto sensu giuridiche, calate nelle diverse esperienze storiche, hanno evidenziato la sua estrema flessibilità nelle forme attuative talché appare opportuno ampliare in questa sede lo spettro d'analisi anche a modelli statuali affini.
In questa prospettiva, si ritiene, pertanto, di prendere in considerazione, accanto alla struttura federale, quella regionalista[3] sì coglierne i profili di omogeneità e differenziazione al fine di comprendere le peculiarità del sistema italiano alla luce della riforma costituzionale che di seguito sarà approfondita.
Ebbene, in via di prima approssimazione s'impone un richiamo alla teoria generale dello Stato nella quale si suole operare una prima significativa distinzione tra sistemi costituzionali ed ordinamentali cd. unitari in cui gli organi centrali ed i loro soggetti periferici sono gli unici dotati di poteri di governo e quelli cd. compositi, nei quali, invece, la distribuzione verticale ed orizzontale dell'attività pubblica assume caratteristiche maggiormente complesse ed i livelli decentrati operano nel rispetto del principio autonomistico.
Di tale ultima categoria, le due principali varianti sono rappresentate dallo Stato federale e da quello regionale[4] le cui interrelazioni sono suscettibili di variazioni a seconda dell'impostazione teorica adottata e di ciascuna esperienza nazionale individuabile nello studio comparativistico.
Difatti, in una prospettiva per così dire "statica", dal relativo panorama dottrinario emergono due teorie, una monista ed una dualista, tese alla qualificazione giuridica del modello di stato federale. Per la prima la sovranità nello stato federale è unica, intesa come potestà originaria ed assoluta, ed attribuibile solo allo Stato federale centrale al quale spetterebbe la cd. Kompetenz - Kompetenz, intesa come facoltà di determinare liberamente la propria sfera di competenza. In applicazione di tale teoria il principio di sovranità federale prevale su quello di autonomia politica per cui gli stati partecipanti si atteggiano come una specificazione di enti territoriali non molto dissimili dalle regioni.
Diversamente, secondo la teoria cd. "dualista" la sovranità è oggetto di reciproche limitazioni tra i diversi livelli di governo interessati che operano in un contesto di equiordinazione e di parificazione dei gradi di sovranità.
Il valore più significativo di quest'ultima impostazione riluce in una prospettiva storica, attenta allo studio della formazione delle diversi tipi di Stato, secondo cui è possibile affermare che il modello federalista è definibile come unione di Stati caratterizzata dall'attribuzione della personalità giuridica internazionale all'Unione e dal riconoscimento ai singoli stati federati dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario nei limiti previsti dalla costituzione federale[5], che, secondo alcuni, si spinge fino alla attribuzione agli stati membri di personalità giuridica e sottesa sovranità, propria ed ampiamente autonoma rispetto al livello superiore.
Com'è noto, ad una qualificazione "statica" si accosta, e per certi versi si sovrappone, una "dinamica" di matrice giuridico-politica per la quale il federalismo sembra basato sulla combinazione dei due elementi essenziali dell'autogoverno e della partecipazione al governo che si collocano su di un piano policentrico caratterizzato da meccanismi di interdipendenza. Il dinamismo risiede nell'assunto per cui più che la rilevanza giuridica dello Stato federale, occorre prendere in considerazione il processo di federalizzazione come fenomeno evolutivo di una determinata "comunità politica".
Va da sé che, se per un verso si allarga il piano di valutazione ad elementi meta-giuridici e lo si colloca in una prospettiva destatualizzata, dall'altro, siffatto indirizzo affascina per la sua pregnanza con il percorso istituzionale e normativo che ha caratterizzato l'Italia dai lavori dell'Assemblea Costituente alla riforma del Titolo V della Carta Costituzionale. Difatti, essa esalta i meccanismi sussidiari che coadiuvano il processo di pluralizzazione degli ordinamenti, (teoria del Santi Romano) oggi definibile come multilevel system nel quale le collettività (rectius autonomie) ed i loro diritti fondamentali assurgono a fulcro dell'intero impianto politico e giuridico.
[1] Cfr. R. Bin - G. Pitruzzella, Diritto costituzionale, Torino, 2011, T. Martines, Diritto Costituzionale editio maior, a cura di G. Silvestri, Milano, 2005, M. Siclari - B. Caravita, Teoria del diritto e dello Stato, Roma, 2011, R. Bin, Del federalismo asimmetrico all'italiana e di altri mostri della fantasia costituente, in Le Regioni, 1997, L. Paladin, Le fonti del diritto italiano, Bologna 1996, C. Mortati, Le forme di governo, Padova, 1997, F. Bassanini, Il "modello federale" e il federalismo fiscale, in Astrid rassegna 16/2008, D. Bruno, Quale federalismo per l'Italia?, in Federalismi.it 13/2008, B. Caravita, Lineamenti di diritto costituzionale federale e regionale, Torino, 2009 e dello stesso autore Federalismo, federalismi, Stato federale, in Federalismi.it, 21/2005.
[2] Per un quadro dottrinale più organico si confronti G. Di Genio, Stato federale versus Stato regionale, Milano, 2005, che, a seguito di una meticolosa opera di ricostruzione delle principali teorie giuridiche e politiche in materia, fissa le sue conclusioni su due pilastri rappresentati dai principi di autonomia e di leale collaborazione, i quali, inseriti nel contesto costituzionale determinato dai primi cinque articoli della Legge Fondamentale, sembrano riconducibili al modello regionalista più che a quello federalista, benché, come osserva attentamente l'autore, entrambi siano, in definitiva, esempi convergenti di decentramento politico o istituzionale.
[3] S. Bartole - R. Bin - G. Falcon - R. Tosi, Diritto regionale. Dopo le riforme, Bologna, 2003, F. Pizzetti, Federalismo, regionalismo e riforma dello Stato, Torino, 1998, M. Calamo Specchia, Un nuovo "regionalismo" in Europa, Milano, 2004, P. Caretti - G. Tarli Barbieri, Diritto regionale, Torino, 2009, B. Caravita, Lineamenti di diritto costituzionale federale e regionale, Torino, 2006, L.M. Dìez-Picazo, Federalismo, regionalismo e welfare state, Bologna, 1996.
[4] G. De Vergottini, voce Stato federale, Enciclopedia del diritto, XLII, Milano, 1990, p. 381 ss., M. Albertini, Il federalismo e o Stato federale, Milano 1963, P. Pernhaler, Lo stato federale differenziato, Accademia Europea Bolzano, 1992, pp. 17 e ss.
[5] In relazione, ora, al secondo concetto, sebbene non esista, sotto il profilo della teoria generale dello stato e della dottrina costituzionale un concetto univoco di stato federale, appare, d'un lato, imprescindibile il patto o accordo (foedus) tra distinti soggetti statali dotati di personalità giuridica ai sensi del diritto internazionale ed in quanto tali dotati di sovranità a cui limitatamente rinunciano in ragione della creazione di un livello superiore di governo. (Mentre, non rileva che gli stati federati siano o meno giuridicamente equiparati essendo ben possibile che il sistema federale assuma forme diverse). Parimenti fondante, dall'altro lato, è che vi sia un esplicito rifermento nella Costituzione federale alla natura ed alla struttura della federazione o confederazione. Sul punto si confronti P. Pernhaler, Lo stato federale differenziato, op. cit., pp. 17 e ss. Una impostazione diversa è, invece, rinvenibile in C. J. Friedrich, Trends of federalism in Theory and in Practice, New York, 1968 il quale, per primo, teorizza una forma di federalismo dai connotati dinamici da inserire nei processi storici che si caratterizzano per una continua espansione e contrazione della reciproca influenza tra autonomia e centralità. Significativo appare, altresì il contributo di N. Bobbio - N. Matteucci - G. Pasquino (a cura di), Dizionario di politica, Torino, 1983, pp. 403 ss.