Alessandra Pepe

Come cambia la figura del concorrente alla luce delle direttive comunitarie sull’ avvalimento?

 

Sommario: 1. Introduzione. - 2. La potestà di avvalimento nelle direttive comunitarie: tra liberalizzazione e controllo. - 3. Conclusioni.

 

1. Introduzione

L'istituto dell'avvalimento, che affonda le proprie radici nello ius praetorium è frutto di una lunga e articolata elaborazione giurisprudenziale, e si è oggi affermato come uno dei meccanismi di qualificazione più accreditati nelle gare di appalto, divenendo, così, un istituto molto usuale nella prassi contrattuale[1]. È indubbio, infatti, come oggi costituisca un importante strumento di integrazione dei mercati, se consideriamo, ad esempio, che, qualora un'impresa intenda partecipare ad una gara in altri Stati, è difficile pensare che possa disporre di un apparato organizzativo sufficiente in ognuno di essi, pertanto una soluzione è quella di ricorrere ai c.d. contractors locali, al fine di soddisfare le richieste della stazione appaltante[2]. Alla stazione appaltante, tuttavia, devono essere accordate garanzie di serietà e correttezza sufficienti da parte dei soggetti qualificati ed essa deve, inoltre, poter confidare nelle capacità dell'appaltatore di eseguire correttamente le prestazioni contrattuali, che costituiscono l'oggetto della procedura ad evidenza pubblica. Per questo motivo, la disciplina sull'avvalimento contempla stringenti oneri, cui l'amministrazione aggiudicatrice deve attenersi, riguardanti principalmente le verifiche e gli accertamenti indispensabili per comprovare che la concorrente soddisfi pienamente i criteri e i requisiti previsti nella lex specialis di gara.

A differenza, però, di altre figure collaborative tra imprese, quali le associazioni temporanee o i consorzi verticali o orizzontali, che garantiscono una struttura giuridica precisa e ben delineata, permane, invece, la considerazione dell'avvalimento come di un istituto dai contorni sfumati, per certi versi non facilmente identificabile, poiché scaturisce da situazioni fattuali e, per questo motivo, permane tuttora una carenza di "consapevolezza giuridica[3]" nel delineare i tratti specifici della disciplina.

Sin da principio, infatti, il recepimento della normativa comunitaria in materia di avvalimento è parso problematico[4], per cui l'introduzione sic et simpliciter nel nostro sistema giuridico dell'istituto de quo era evidente avrebbe causato "un grave vulnus nella disciplina della qualificazione degli operatori economici, soprattutto per gli appalti di lavori, favorendo fenomeni elusivi della stessa[5]".

Una profonda divergenza è insorta tra ordinamento comunitario e ordinamento nazionale, in considerazione del fatto che quest'ultimo si era da sempre contraddistinto per una rigida tipizzazione dei rapporti.

Tale fattore ha reso, perciò, non agevole il tentativo di assorbire un principio, almeno a prima vista così diverso, quale quello dell'atipicità del rapporto che si instaura tra l'impresa avvalente e l'avvalsa.

 

 2. La potestà di avvalimento nelle direttive comunitarie: tra liberalizzazione e controllo

Da sempre la normativa nazionale in materia di appalti ha subito un'influenza soltanto parziale da parte dei dettami dell'ordinamento comunitario, intervenendo sovente con "deroghe tanto illegittime quanto inopportune[6]", e tentando, al tempo stesso, attraverso una disciplina puntuale e severa, di arginare fenomeni di inquinamento delle attività economiche e, in particolare, degli appalti pubblici. Ne è scaturito un corpus normativo disarticolato e del tutto "privo di qualsivoglia interazione e raccordo con la disciplina previgente in materia di appalti[7]".

Infatti, prima del recepimento dell'istituto, le disposizioni che si occupavano della procedura ad evidenza pubblica erano per lo più incentrate sul concorrente, chiamato a soddisfare in prima persona i requisiti di qualificazione; ma con la legittimazione dell'avvalimento lo scenario cambia e muta altresì il legame tra la stazione appaltante e l'aggiudicatario, che godeva fino ad allora di una posizione privilegiata e che viene, invece, ricondotto ad un mero "manager dell'appalto, un consulente che si avvale di una propria rete di fiduciari, gli avvalsi, magari anche estranei al mercato di riferimento".

L'appaltatore è surrogato da una figura labile, quale è quella dell'impresa avvalsa, estranea al contratto di appalto e sulle cui potenzialità e facoltà il legislatore non fornisce chiarimenti adeguati. Per questo la disciplina sull'avvalimento è, di fatto, una disciplina incompiuta, che, nell'ottica di massimizzare la libertà di organizzazione dell'impresa concorrente, finisce per divenire facile preda di abusi, pericoli e inganni.

Il Consiglio di Stato aveva, sin da subito, prefigurato gli scenari futuri, correlati al recepimento dell'avvalimento. L'istituto in questione ingenerava, infatti, molteplici dubbi e perplessità, imputabili, in particolare, alle difficoltà insite nel raggiungimento di un punto di equilibrio tra le istanze antitetiche di libertà di organizzazione dell'attività di impresa e di tutela dell'amministrazione nei confronti del concorrente, chiamato ad ottemperare alle prestazioni contrattuali, a fronte di mezzi e risorse forniti da altri operatori economici[8]. Così si esprimeva il supremo consesso, relativamente ai problemi applicativi e interpretativi derivanti dal recepimento dell'istituto: "Dunque emerge un principio opposto a quello che si desume dalla l. 109 del 1994, e cioè il principio secondo cui il soggetto che partecipa ad una gara di appalto, abbia o meno personalità giuridica, può avvalersi, al fine di comprovare il possesso dei requisiti di capacità tecnica, economica e finanziaria, dei requisiti di altri soggetti, purché sia in grado di provare di disporre effettivamente dei mezzi di tali soggetti. Siffatto principio, affermato dalla giurisprudenza comunitaria con riguardo agli appalti di servizi, risulta ora generalizzato, ed esteso a tutti i pubblici appalti, dalla direttiva unificata n. 18/2004, a tenore della quale, al fine della prova della capacità economica e finanziaria, un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. In tal caso deve dimostrare all'amministrazione aggiudicatrice che disporrà dei mezzi necessari, ad esempio mediante presentazione dell'impegno a tal fine di questi soggetti[9]".

Risulta chiaro, alla luce della pronuncia del Consiglio di Stato, l'orientamento giurisprudenziale in materia di avvalimento, definito come un principio destinato a confliggere con la l. 109 del 1994[10], e in grado di mutare altresì il ruolo dell'appaltatore stesso, che non assurge più a figura di spicco e protagonista indiscusso della procedura di gara, quanto a supervisore del lavoro svolto, solo parzialmente, in prima persona o integramente deferito ad altri soggetti.

È pacifico che in questo modo muta il concetto stesso di imprenditore nella sua accezione tradizionale: tale conclusione ha, senza dubbio, carattere dirompente e si temeva potesse inaugurare degli scenari inediti, qualora il legislatore nazionale non fosse stato in grado di delineare in modo compiuto gli ambiti operativi dell'istituto de quo. La dottrina, in merito al ridimensionamento dell'importanza dell'appaltatore all'interno della gara di aggiudicazione, sostiene che si profila, così, "un manager dell'appalto, un consulente che si avvale di una propria rete di fiduciari, gli avvalsi, magari anche estranei al mercato di riferimento. Non può sfuggire la portata rivoluzionaria di questo cambiamento: da un lato, la possibilità di far entrare, nel «ristretto» mercato degli appalti pubblici, soggetti ed operatori con competenze nuove, e professionalità cresciute in altri contesti, tali da garantire una realizzazione più efficace e soddisfacente dell'interesse pubblico, dall'altro, il rischio che partecipino alla gara soggetti potenzialmente privi dei requisiti, meri coordinatori di competenze altrui[11]". Un'altra conseguenza immediata del coinvolgimento di un soggetto terzo, deputato al prestito dei requisiti di qualificazione, che si inserisce nel rapporto tra stazione appaltante e concorrente, è la minor rilevanza attribuita alla certificazione SOA, atteso che la ditta ausiliaria è legittimata a prendere parte alla gara senza comprovare alcuna forma di qualificazione, demolendo, in questo modo, la "barriera di garanzia[12]" della certificazione di qualità.

Si configurano, infine, delle problematiche connesse al regime di responsabilità dell'impresa avvalsa, in virtù dell'assenza di un legame giuridico tra l'amministrazione e la ditta ausiliaria, nonché in relazione alla necessaria verifica, rimessa alla stazione appaltante, circa il possesso dei requisiti morali da parte dell'impresa avvalsa[13]. Senza dubbio, l'assenza di accertamenti in merito alla rispondenza ai requisiti di moralità e correttezza della ditta ausiliaria comporta dei rischi notevoli, soprattutto in riferimento a Paesi come l'Italia, ove gli appalti pubblici costituiscono la sede privilegiata per le infiltrazioni della criminalità organizzata di stampo mafioso[14].

 

3. Conclusioni

Non è da sottovalutare il rischio che l'avvalimento da meccanismo pro-concorrenziale, in grado di ampliare la platea dei soggetti ammessi alla procedura di gara, si tramuti in strumento per aggirare il possesso necessario dei requisiti di natura economica, finanziaria, tecnico-organizzativa, funzionali al corretto adempimento delle prestazioni contrattuali.

Per questo motivo, in ottemperanza al principio del buon andamento dell'amministrazione sancito dall'articolo 97 del testo costituzionale, occorre che all'amministrazione venga assicurata la possibilità di richiedere le garanzie idonee, affinché sia certa della concreta disponibilità delle risorse prestate e che possa, dunque, procedere a verifiche e accertamenti che ambiscono a scongiurare eventuali deformazioni della ratio dell'istituto e rischi di "avvalificio" e a far sì che tale meccanismo, destinato ad evolversi di pari passo alle esigenze delle imprese che operano nel mercato, non ingeneri degli squilibri, enfatizzando al massimo la libertà dell'impresa ai danni dell'amministrazione stessa, che finirebbe, così, per essere sovrastata dalle dinamiche dell'istituto stesso. È questo l'intento degli interventi, recentemente proposti dall'ANAC, tesi a garantire maggiore chiarezza nella formulazione delle norme, ad ottemperare alle esigenze di trasparenza ed efficienza nelle gare e a mitigare i timori, derivanti da un ricorso improprio all'istituto, che si può risolvere "nel prestito di un valore puramente cartolare ed astratto[15]", pericolo messo in luce dalla giurisprudenza nazionale.

Anche l'istituto dell'avvalimento, come altri istituti coniati dalle direttive euro-unitarie, è frutto delle istanze e le esigenze provenienti dal mondo dell'economia e della finanza, nonché dell'esigenza di compiacere il mercato globalizzato, tuttavia il rischio, messo in luce di recente altresì dalla Commissione europea[16] è che, in assenza di una dettagliata e puntuale regolamentazione, anziché accrescere la concorrenza si arrivi progressivamente a limitarne gli spazi.

 

 

 

 



[1] Sul tema dell'avvalimento, in generale, si rinvia a C. Zucchelli, L'avvalimento, in Trattato sui contratti pubblici, diretto da M.A. Sandulli, R. De Nictolis, R. Garofoli, Milano, 2008, p. 1524 e ss; G. Misserini, L'avvalimento, in La disciplina dei contratti pubblici commentario al codice degli appalti, a cura di M. Baldi e R. Tomei, Milano, 2009, p. 145 ss; S. Fantini, L'avvalimento, in Codice degli appalti pubblici, diretto da R. Garofoli, G. Ferrari, Roma, 2011, p. 539 ss. Sul contratto di avvalimento cfr. E. del Prato, L'avvalimento: spunti civilistici, in Obbl. e contr., 2011, 10, 646; A. Ilaqua, Il contratto di avvalimento, in Corriere mer., 2010, 2, 121; C.M. Saracino, L'istituto dell'avvalimento tra schemi preesistenti e caratteri peculiari, in Foro Amministrativo TAR, 2007, 1, p. 344.

[2] R. Caranta, I contratti pubblici, Torino, 2012, p. 357.

[3] E. Masucci, La nascita e l'evoluzione dell'istituto dell'avvalimento, Tesi di laurea, Università LUISS G. Carli Roma, 2011,p. 170.

[4] L'apporto della giurisprudenza, in primis comunitaria, nella determinazione del percorso giuridico in materia di contratti pubblici, è stato fondamentale. I giudici di Lussemburgo hanno svolto un ruolo propulsore, in relazione all'articolazione delle procedure di aggiudicazione, alle modalità di scelta dei contraenti, imprimendo un impulso irrefrenabile alla ridefinizione delle regole e assoggettando il diritto ad un notevole dinamismo e instabilità. Sul punto è bene menzionare un altro istituto forgiato dall'elaborazione della giurisprudenza della Corte che è l'in house providing, che ha preso piede con la sentenza Teckal.

[5] F. Mastragostino (a cura di), Diritto dei contratti pubblici, Torino, 2017, p. 377 ss.

[6] F. Mastragostino, L'appalto di opere pubbliche, Bologna, 1993, p. 176 e ss.

[7] F. Mastragostino, op.cit., p. 123, sostiene, in riferimento alle prime direttive comunitarie che si occupano del settore degli appalti pubblici, che il panorama politico e giuridico italiano fosse inadeguato e non predisposto al recepimento di mutamenti così radicali del sistema normativo: ciò ha determinato un impatto non del tutto positivo delle direttive CEE, anche in considerazione della necessità di raccordo con la legislazione antimafia, che ha "contribuito a disarticolare ulteriormente il quadro normativo". Mastragostino affronta, inoltre, il delicato tema del recepimento delle direttive in altri paesi, evidenziando come il modello tedesco sia, senza dubbio, quello ove sono stati conseguiti i risultati migliori, nell'ambito del sistema degli appalti. Tali risultati sono ascrivibili sia ad una normativa di livello qualitativo molto elevata, sia allo spiccato spirito collaborativo tra gli imprenditori e l'amministrazione e, infine, alla sostanziale fiducia nel sistema burocratico. In Germania il recepimento delle direttive Cee non è stato accolto con entusiasmo, in virtù della convinzione che i principi fondanti la legislazione comunitaria scaturissero dall'influenza da parte del modello francese. Le gare d'appalto sono, inoltre, assoggettate alla normativa civile, ossia al VOL (A e B), Verdingungsordnung für Leistungen e al VOB (A e B), Verdingungsordnung für Bauleistungen, all'interno della quale sono state condensate le direttive CEE, manifestando una perfetta aderenza allo spirito comunitario: infatti, l'articolo 2 del codice dichiarava che "le opere di costruzione devono essere appaltate a concorrenti esperti, capaci e affidabili e a prezzi congrui. La regola è rappresentata dalla concorrenza: fenomeni negativi, quali comportamenti limitativi di essa, devono essere combattuti".

[8]  V.  F. Fracchia - L. Gili, Ordinamento dell'Unione Europea, mercato, risorse pubbliche e contratti della pubblica amministrazione, Napoli, 2013, p. 28. Gli Autori ritengono che l'avvalimento costituisca l'emblema della diversa prospettiva dell'ordinamento comunitario rispetto a quello interno, nel quale l'istituto assolve alla funzione di garantire una esecuzione ottimale della prestazione e affidabilità e serietà dei concorrenti che partecipano alle gare di aggiudicazione. È la previsione di un legame diretto tra amministrazione e impresa principale, consacrato in uno specifico contratto di avvalimento, a "tracciare un solco tra impianto comunitario e codice italiano e a disincentivare l'uso dell'istituto, che appare di più difficile applicazione".

[9] Cons. St., sez. VI, n. 8145 del 2004.

[10] Per un'analisi più completa sulla l.109 del 1994 e sulla sua conciliabilità con la normativa comunitaria vedi De Rose C., La «Merloni bis» sulle opere pubbliche: principali aspetti innovativi e loro compatibilità comunitaria, 1995, II, 1093 e 1431; id., Le novità della Merloni-ter e loro compatibilità comunitaria: prime riflessioni di ordine sistematico, ivi, 1998, II, 1701.

[11]  A. Perrotta, Riforma comunitaria degli appalti pubblici: il principio dell'avvalimento dei requisiti di gara di altra impresa, in Giur. merito, fasc.12, 2005, p. 2809.

[12] A. Perrotta, op.cit., Giur. merito, fasc.12, 2005, pag. 2809.

[13] Tra i lati "oscuri" che si accompagnano a tale strumento di qualificazione si annoverano i profili di responsabilità dell'impresa ausiliaria e ausiliata verso l'amministrazione aggiudicatrice, nel caso di inadempimento delle obbligazioni contrattuali, nonché le eventuali controversie che possono insorgere nella fase esecutiva, se si viene meno all'esecuzione delle prestazioni derivanti dal contratto.

Tali considerazioni ci conducono ad un quesito fondamentale, non pienamente affrontato: qual è il ruolo che l'impresa ausiliaria assume nell'ambito della procedura ad evidenza pubblica? La società ausiliaria può essere equiparata ai soggetti che partecipano alla gara d'appalto? La giurisprudenza maggioritaria, che non si è mai occupata in modo approfondito del tema, ritiene che l'impresa avvalsa non svolga un ruolo attivo all'interno del procedimento. L'argomento è stato affrontato in modo più attento e puntuale dal Tar Lazio, Roma, sez. I bis, 2 luglio 2007 n. 7058, in www.giustamm.it: " l'impresa ausiliaria non è semplicemente un soggetto terzo rispetto al contratto d'appalto, dovendosi essa impegnare non soltanto verso l'impresa concorrente ausiliata, ma anche verso l'amministrazione aggiudicatrice a mettere a disposizione del concorrente le risorse di cui questi sia carente (l'ausiliario è infatti tenuto a riprodurre il contenuto del contratto di avvalimento in una dichiarazione resa nei confronti della stazione appaltante), e tale impegno costituisce presupposto di legittimità del provvedimento di aggiudicazione; l'impresa ausiliaria diviene quindi titolare passivo di un'obbligazione accessoria dipendente rispetto a quella principale del concorrente, e tale obbligazione si perfeziona con l'aggiudicazione e la stipula a favore del concorrente ausiliato, di cui segue le sorti; egli risponderà pertanto a titolo di responsabilità contrattuale dell'inadempimento delle promesse fatte all'amministrazione".

A tal proposito si veda R. Papania, La partecipazione trasversale alle gare d'appalto: l'avvalimento delle capacità imprese "terze", Foro amm. CDS 2007, fasc. 6. p. 1961.

[14] Sul tema delle infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici si rimanda a F. Calderoni - S. Caneppele, La geografia criminale degli appalti, Milano, 2009.

[15] Cons. Stato, sez. V, 27 gennaio 2016 n. 264.

[16] Lettera di costituzione in mora della Commissione europea 24 gennaio 2019 - Infrazione n.2018/2273