Giacomo Nicolucci*

Il direttore dell’ente parco: natura, funzioni e competenze. Tra esegesi di sistema, spunti di diritto comparato e prospettive di riforma

 

 

 

*Docente a contratto di Diritto Amministrativo

Università degli Studi di San Marino 

 

 

 

 

Sommario: 1. Premessa - 2. Un salto all'indietro nel tempo - 3. La figura giuridica del direttore dell'ente parco - 4. Al cospetto del d.lgs. 165/2001 - 5. Competenze, attribuzioni e funzioni: un'ipotesi di lavoro - 6. Spunti di diritto comparato - 7. Riflessioni conclusive.

 

 

 

 

 

1. Premessa

Il direttore dell'ente parco compare quasi in sordina nel testo della legge quadro sulle aree protette: l'art. 9 l. 6 dicembre 1991 n. 394 non lo annovera fra gli "organi" dell'ente e la disciplina che vi è recata è solo relativa alla procedura di nomina[1]. La parola "direttore" è usata ancora, nella legge quadro, solo (e lapalissianamente) nell'organizzazione dei parchi regionali, nella parte in cui riproduce ed adatta a questi il sistema costruttivo dei parchi nazionali[2]. Non più altrove.

La figura preminente appare quella del "presidente". E' questi, invero che in base all'esegesi letterale della legge quadro emana le ordinanze di sospensioni dei lavori o riduzione in pristino e rilascia i nulla osta[3].

Il ruolo del direttore, le sue attribuzioni, le sue competenze, dunque, non sono fissate dalla legge 394/1991. Ne discendono, in via subordinata, tutt'al più se descritte dallo statuto dell'ente parco, nella parte in cui tale strumento, ai sensi dell'art. 9 comma 9 l. cit., è chiamato a regolare l'«organizzazione interna» dell'ente[4].

La circostanza non deve stupire. Nel 1991 erano appena da poco state varate le innovative leggi sul procedimento amministrativo e sull'ordinamento delle autonomie locali. E, soprattutto, non era stato ancora introdotto il principio di separazione tra funzioni di indirizzo politico-amministrativo (spettanti agli organi di governo) e funzioni di gestione amministrativa (proprie dei dirigenti)[5], di lì a venire in forza del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, recante la c.d. "privatizzazione del pubblico impiego"[6]. Ragion per cui la collocazione del direttore nell'ente parco era vista unicamente come un ruolo tecnico ed esecutivo, portante una sorta di controllo remoto da parte del Ministero dell'ambiente, in quanto scelto dal Ministro nella rosa dei tre nominativi predisposta dal consiglio direttivo dell'ente parco in esito ad una procedura di evidenza pubblica, cui possono partecipare solo gli iscritti nello specifico albo tenuto dal medesimo Ministero[7].

In ogni caso, accantonando le questioni relative alla procedura di nomina, alla gestione dell'albo, alla formazione e preparazione[8] dei direttori, appare preminente tentare di ricostruirne la figura, anche al fine di disegnarne in negativo le responsabilità.

 

2. Un salto indietro nel tempo

Prima di affondare la lama del bisturi nella inconsistenza normativa della legge quadro, è senz'altro edificante procedere con una review storica dei profili di direttore di parco che si sono succeduti negli specifici provvedimenti legislativi, istitutivi o disciplinanti le varie aree protette e, così, di una breve panoramica sui disegni di legge presentati anteriormente alla promulgazione del 6 dicembre 1991[9].

Secondo l'art. 7 del r.d.l. 3 dicembre 1922, n. 1584, istitutivo del Parco nazionale del Gran Paradiso, alla direzione era preposto un ispettore forestale. Ciò sino all'emanazione del d.lgs. C.p.S. 5 agosto 1947 n. 871[10], che all'art. 9 con grande pragmatismo dispose: «alla direzione dei servizi tecnici ed amministrativi del Parco è preposto un direttore sovraintendente. Questo è nominato dal Consiglio di amministrazione, che lo sceglie fra le persone che abbiano dato prova di competenza specifica, scientifica e pratica. Il direttore sovraintendente dà esecuzione alle deliberazioni prese, nelle rispettive competenze, dal Consiglio, dal Comitato e dal Presidente».

Diversamente, per l'Ente autonomo del Parco nazionale d'Abruzzo, la figura del direttore era già contemplata dall'art. 15 r.d.l. 11 gennaio 1923 e trovò poi miglior inquadramento nel regolamento di cui al r.d. 27 settembre 1923 n. 2124, per cui gli spettava di curare «l'esecuzione dei deliberati della Commissione e del Comitato esecutivo per quanto riflette tutti i servizi del Parco, eccettuati quelli tecnici, forestali e pascolativi» e «fra l'altro studiare i provvedimenti più idonei per lo sviluppo del Parco, per la conservazione della fauna, per l'incremento del turismo e dell'industria alberghiera e per la propaganda, presentando le opportune proposte al Comitato esecutivo»[11].

Più tardi, in pieno ventennio fascista, la figura del "direttore" certamente non compare nella l. 24 aprile 1935, n. 740, recante la costituzione del Parco nazionale dello Stelvio: l'amministrazione era infatti affidata alla Azienda di Stato per le foreste demaniali e il servizio di sorveglianza alla milizia forestale[12].

Il direttore, ovviamente, per le ragioni anzidette, non poteva essere contemplato nemmeno nella l. 25 gennaio 1934, n. 285, istitutiva del Parco nazionale del Circeo. Per giunta, la storia di questo parco è particolarmente lunga, giacché la sistemazione definitiva, quale adeguamento alla l. 394/1991, arriverà soltanto con l'emanazione del d.p.r. 4 aprile 2005, costitutivo dell'Ente parco[13].

La figura del direttore inizierà a ricomparire nel Parco nazionale della Calabria[14], nel Parco nazionale delle Dolomiti bellunesi[15] (non immediatamente nel Parco del Pollino[16]), ma non negli atti preliminari alla istituzione del Parco dei Sibillini, del Parco nazionale del Monte Falterona, Campigna e delle Foreste Casentinesi, del Parco nazionale dell'Arcipelago toscano[17]. Tali parchi, anche se provvisoriamente istituiti prima dell'entrata in vigore della legge quadro, avranno piena funzionalità solo dopo il 1991, quindi secundum legem, con la posizione del direttore già "incorporata". Allo stesso modo, gli altri parchi non menzionati, residui dei ventiquattro totali attualmente istituiti, nascono già "imprintati" con l'intero sistema della l. 394/1991.

Il quadro appena descritto tratteggia la figura del direttore in un'oscillazione, nei primi tempi, tra un ruolo esecutivo, amministrativo e tecnico-propositivo, fino ad arrivare al mero impiego del sostantivo, senza che lo stessa risulti accompagnata da un minimo di concretezza, quanto a funzioni e competenze. In pratica, si tratta di quel che poi è stato recepito nella legge del 1991[18].

Appare, così, evidente, la necessità attualissima di individuare l'adeguata collocazione di sistema e la relativa natura giuridica del Direttore dell'ente parco.

 

3. La figura giuridica del direttore dell'ente parco

Come anticipato, la vetustà della legge quadro mal si concilia con il progressivo susseguirsi di riforme normative che hanno aggravato la posizione del vertice amministrativo dell'ente parco, rispetto ai poteri degli organi di gestione, le cui competenze sono invece rimaste quelle stabilite dal legislatore del 1991[19].

Personale, sicurezza, formazione, appalti, acquisti e forniture, trasparenza, e quant'altro, sono tutti adempimenti "amministrativi" che sembrano esulare ineluttabilmente dalle competenze del presidente e del consiglio direttivo (e della giunta esecutiva). L'evoluzione normativa in altri settori non parrebbe proprio che abbia potuto modificare lo stretto e ben definito contenuto dell'art. 9 l. 394/1991, che ha una sua precisa collocazione teleologica e di delicato equilibrio nella strutturazione dell'ente parco.

Diverso, invece, il "ruolo" del direttore il quale, per procedura di nomina, è in grado di garantire un più alto livello di indipendenza e autonomia tecnica nell'esercizio delle sue funzioni di tutela dell'interesse naturalistico[20]. Si tratterebbe di una forma minimale di check and balance interna ad un'istituzione che è del tutto peculiare nella sua natura, difettando del carattere di politicità, per cui non può dirsi ente territoriale[21].

Il direttore è legato all'ente parco mediante stipula di un contratto di diritto privato della durata non superiore a cinque anni. Non è chiaro quale possa essere il suo limite di rinnovo, giacché, ai sensi dell'art. 9 comma 12 l. 394/1991, gli organi dell'ente parco durano in carica cinque anni ed è scomparsa, con il d.l. 30 settembre 2005 n. 203[22], l'ulteriore previsione: «ed i membri possono essere confermati una sola volta». Non è determinato, cioè, se ed in che modo il contratto possa essere rinnovato od anche soltanto prorogato[23]. Nel silenzio della legge si annoverano esclusivamente prassi ed interventi ministeriali, peraltro non uniformi.

Certamente, è indiscutibile che il direttore costituisca l'interfaccia tra le decisioni del consiglio direttivo o del presidente e la struttura amministrativa del parco, provvedendo sia all'esecuzione dei deliberati che al supporto istruttorio delle decisioni degli organi medesimi.

La legge quadro, per vero, rinvia alla l. 20 marzo 1975 n. 70[24], sul riordino e sulla disciplina degli enti del c.d. «parastato»[25]. In maniera più "moderna" rispetto al risalente d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3, tale normativa ha introdotto una costruzione del sistema di organizzazione del personale dipendente da cui si possono ricavare alcuni concetti applicabili agli enti parco, così come fissati alla data di entrata in vigore della l. 394/1991.

E' il caso dell'art. 8 comma 2, secondo cui «i regolamenti dei singoli enti provvederanno a definire le specifiche responsabilità da affidare ai dipendenti in relazione alle funzioni esercitate, a disciplinare gli obblighi nascenti dai doveri di ufficio in conformità con le funzioni e la struttura organizzativa degli enti stessi». E ciò rinforza sin da allora l'idea che competa allo statuto degli enti parco regolare le funzioni e le competenze del direttore.

Entrando nel merito delle qualifiche del personale, la legge in parola distingue fra il ruolo amministrativo e quello tecnico dei dipendenti pubblici (art. 16) e delinea parzialmente la dirigenza (art. 18).

Il background su cui è intervenuto il legislatore era costituito principalmente dalla disciplina di cui al d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3[26]. Il salto normativo da tenere in considerazione, come anticipato, è l'emanazione del d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29[27], con la duplice affermazione (ex art. 3) secondo cui: 1) gli organi di direzione politica definiscono gli obiettivi ed i programmi da attuare e verificano la rispondenza dei risultati della gestione amministrativa alle direttive generali impartite; 2) ai dirigenti spetta la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa, compresa l'adozione di tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane e strumentali e di controllo. Essi sono responsabili della gestione e dei relativi risultati.

Su questa normativa avrebbe potuto appoggiarsi la figura del direttore dell'ente parco, non senza alcune gravose osservazioni. La prima, per cui gli organi dell'ente parco non posseggono alcuna direzione "politica" in senso stretto. E ciò sia per via della modalità di scelta e di nomina degli stessi organi di vertice, sia in ragione degli specifici compiti di legge che, in ragione della peculiare strutturazione dell'ente parco, ne censura del tutto una conduzione "politica", in favore - per contro - di una mera e scarsamente discrezionale gestione tecnica di primaria tutela dell'interesse naturalistico.

Ancora, perché non può ritenersi rimossa la rappresentanza legale del presidente del parco, nonché il compimento di atti tipici più sopra parzialmente individuati (come il rilascio del nulla osta e l'emanazione delle ordinanze ex art. 29 l. 394/1991 o delle ordinanze-ingiunzioni di pagamento delle sanzioni amministrative), in favore del generico potere del dirigente (in questo caso del direttore) dell'«adozione di tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno».

Ma anche in quanto gli enti parco, se ascrivibili al più ampio genere degli «enti pubblici non economici nazionali», sembrerebbe siano stati espressamente esclusi dall'ambito di applicazione della normativa in parola[28].

Filtrando, purtuttavia, le funzioni di direzione dei dirigenti generali di cui all'art. 16 d.lgs. 29/1993, c'è qualcosa che poteva essere adattato all'incarico di direttore di parco secondo quanto appena accennato.

E' il caso dei poteri di:

a) formulare proposte al consiglio direttivo o al presidente, ove di competenza, ai fini della elaborazione degli strumenti di gestione del parco (piano, regolamento), dell'approvazione dei bilanci, del rilascio o diniego dei nulla osta, della emissione delle ordinanze ex art. 29 l. 394/1991, della pronuncia di ordinanze-ingiunzioni recanti sanzioni amministrative ex artt. 30 comma 2 l. 394/1991 e 18 l. 689/1981, dell'eventuale promozione di azioni giudiziarie, dell'adozione di atti ex art. 15 l. 394/1991 (acquisti, espropriazioni ed indennizzi) et similia;

b) attuare delle deliberazioni del consiglio direttivo e degli atti presidenziali, anche curando l'esecuzione di progetti, la cui realizzazione può essere demandata agli uffici interni del parco, indicando e stanziando le risorse occorrenti alla realizzazione di ciascun progetto;

c) esercitare i poteri di spesa, nei limiti degli stanziamenti di bilancio, e di acquisizione delle entrate, definendo i limiti di valore delle spese che i responsabili di servizio possono impegnare;

d) determinare i criteri generali di organizzazione degli uffici o dei servizi;

e) adottare gli atti di gestione del personale e provvedere all'attribuzione dei trattamenti economici accessori spettanti, secondo quanto stabilito dal c.c.n.l.;

g) coordinare le attività dei responsabili dei procedimenti individuati in base alla legge 7 agosto 1990, n. 241;

h) verificare e controllare le attività degli uffici e dei responsabili dei procedimenti, anche con potere sostitutivo in caso di inerzia degli stessi;

i) richiedere direttamente pareri agli organi consultivi dell'amministrazione e forniscono risposte ai rilievi degli organi di controllo sugli atti di competenza[29].

 

4. Al cospetto del d.lgs. 165/2001

Dirimente appare, oggi, traguardare la figura del direttore dell'ente parco con la complessa normativa vigente in tema di pubblico impiego, di cui al più volte modificato ed aggiornato d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165[30].

L'esteso art. 1 comma 2 del decreto in parola appare inequivoco, stavolta, nel ricomprendere anche gli enti parco, quanto alle amministrazioni cui l'intera normativa deve applicarsi[31].

E' diversamente plasmata persino la distinzione, nelle competenze, tra gli organi cc.dd. «di governo» e la dirigenza[32].

Si ritiene utile, per una miglior comprensione, riportare di seguito l'eloquente art. 4 d.lgs. 165/2001, che detta:

«1. Gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti. Ad essi spettano, in particolare:

a) le decisioni in materia di atti normativi e l'adozione dei relativi atti di indirizzo interpretativo ed applicativo;

b) la definizione di obiettivi, priorità, piani, programmi e direttive generali per l'azione amministrativa e per la gestione;

c) la individuazione delle risorse umane, materiali ed economico-finanziarie da destinare alle diverse finalità e la loro ripartizione tra gli uffici di livello dirigenziale generale;

d) la definizione dei criteri generali in materia di ausili finanziari a terzi e di determinazione di tariffe, canoni e analoghi oneri a carico di terzi;

e) le nomine, designazioni ed atti analoghi ad essi attribuiti da specifiche disposizioni;

f) le richieste di pareri alle autorità amministrative indipendenti ed al Consiglio di Stato;

g) gli altri atti indicati dal presente decreto.

2. Ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. Essi sono responsabili in via esclusiva dell'attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati.

3. Le attribuzioni dei dirigenti indicate dal comma 2 possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative.

4. Le amministrazioni pubbliche i cui organi di vertice non siano direttamente o indirettamente espressione di rappresentanza politica, adeguano i propri ordinamenti al principio della distinzione tra indirizzo e controllo, da un lato, e attuazione e gestione dall'altro. A tali amministrazioni è fatto divieto di istituire uffici di diretta collaborazione, posti alle di rette dipendenze dell'organo di vertice dell'ente».

Peculiari, nella disposizione, il comma 4, che appare ben calzante agli enti parco ed il comma 2, da epurarsi delle competenze rimanenti, come già visto, in capo al presidente (giacché i nulla osta o le ordinanze, ad esempio, certo non sono identificabili come "atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno", piuttosto è il contrario: nel senso che condizionano l'attività di "altri" nel territorio del parco).

La sintesi, per quanto qui di interesse, potrebbe dirsi così: "ai direttori di parco compete la funzione di attuazione e gestione ed in particolare l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa".

Nulla di più di quanto già tratteggiato, prendendo spunto dal d.lgs. 29/1993, letto sullo sfondo della legge quadro sulle aree protette.

La dirigenza, nel "Testo unico sul pubblico impiego" è poi meglio disciplinata, per le amministrazioni statali, nel Capo II del decreto in esame. Ed è vergata un'apposita disposizione di raccordo (art. 27 d.lgs. 165/2001) recante i "criteri di adeguamento per le pubbliche amministrazioni non statali", secondo cui: «gli enti pubblici non economici nazionali si adeguano [ai principi dell'articolo 4 e del presente capo], anche in deroga alle speciali disposizioni di legge che li disciplinano, adottando appositi regolamenti di organizzazione». L'affermazione rimbalza verso la centralità del ruolo dello statuto dell'ente parco e, dunque, al luogo elettivo di concretizzazione del disposto appena riportato.

Più in generale, però, dalla vigente disciplina dirigenziale, si possono trarre alcuni ulteriori spunti di dettaglio, come l'impossibilità per gli organi di governo (di avocare a sé o) di sostituirsi nelle attribuzioni dei dirigenti (art. 14 comma 3 l. cit.)[33]; ma anche le disposizioni che precisano (meglio, rispetto al d.lgs. 29/1993) i compiti della dirigenza[34]. Qualche perplessità sorge dall'intervenuta abrogazione dell'art. 17 bis d.lgs. 165/2001 sulla «vicedirigenza», oggi affidata alla contrattazione collettiva sulla base di atti di indirizzo dell'ARAN[35]. Non si può sfuggire, infine, dagli artt. 19 comma 2 e 21 d.lgs. 165/2001, per quanto attiene all'eventuale risoluzione consensuale del rapporto ed alle responsabilità del dirigente (rectius, direttore).

 

5. Competenze, attribuzioni e funzioni: un'ipotesi di lavoro

Come tentato in esito alla lettura del d.lgs. 29/1993, le disposizioni del vigente "Testo unico sul pubblico impiego", calate nella specifica realtà degli enti parco, consente di ricostruire una possibile descrizione delle competenze ed attribuzioni e funzioni della figura del direttore di parco. E ciò, stante l'«insignificanza»[36] dell'art. 9 comma 11 l. 394/1991 sul tema.

Ciò viene sospinto dal menzionato art. 27 del Testo unico, che impone agli enti pubblici non statali l'adeguamento (al disposto dell'art. 4 e al Capo II del d.lgs. 165/2001) per mezzo di "appositi regolamenti di organizzazione". E, stante il carattere limitato della potestà regolamentare dell'ente parco e letto, altresì, l'art. 9 comma 9 l. 394 cit. (secondo cui «lo statuto dell'ente definisce in ogni caso l'organizzazione interna») non rimarrebbe che "arricchire" tale "contenitore"[37] di tutto ciò che può promanare da un'attenta disamina del d.lgs. 165/2012, filtrata attraverso la peculiare struttura della legge quadro sulle aree protette.

In questo senso, in via generale, spetta indiscutibilmente al direttore: la funzione di attuazione degli atti dell'ente parco e la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica del medesimo. Giacché, il consiglio direttivo (e, così, il presidente ex art. 9 comma 3 l. 394/1991) è titolare della competenza su «tutte le questioni generali»[38], ed in particolare su: statuto del parco, bilanci, regolamento, proposta di piano per il parco, parere sul "piano economico e sociale", ma anche delle attribuzioni di cui all'art. 4 l. 165/2001[39]:

L'art. 4 comma 4 d.lgs. 165/2001, peraltro, oltre all'imposizione dell'adeguamento in parola, alle «amministrazioni pubbliche i cui organi di vertice non siano direttamente o indirettamente espressione di rappresentanza politica» reca il «divieto di istituire uffici di diretta collaborazione, posti alle dirette dipendenze dell'organo di vertice dell'ente». Questa previsione sembra cozzare con la previsione di cui all'art. 9 comma 15 l. 394/1991, secondo cui: «il Consiglio direttivo può nominare appositi comitati di consulenza o avvalersi di consulenti per problemi specifici nei settori di attività dell'Ente parco». L'apparente conflitto normativo, stante la peculiarità della legge quadro sulle aree protette, del suo sistema di organizzazione e degli interessi tutelati, può far ritenere a tutt'oggi non affatto superata (abrogata) la disposizione in parola. Ad ogni buon conto, il pragmatismo potrebbe suggerire che il consiglio direttivo autorizzi proprio il direttore a "nominare appositi comitati di consulenza o avvalersi di consulenti per problemi specifici nei settori di attività dell'Ente parco", superandosi così d'un balzo, ogni perplessità normativa.

Dipartendo dagli artt. 16 e 17 del Testo unico sul pubblico impiego, allora è possibile - secondo la metodologia poco sopra individuata - ritagliare le seguenti attribuzioni dei direttori di parco:

a) formulare proposte ed esprimere pareri al consiglio direttivo o al presidente;

b) curare l'attuazione delle deliberazioni del consiglio direttivo e degli atti presidenziali, anche individuando l'esecuzione dei progetti, la cui realizzazione può essere demandata agli uffici interni del parco, in ogni caso indicando e stanziando le risorse occorrenti per la realizzazione;

c) adottare gli atti e i provvedimenti amministrativi[40] ed esercitare i poteri di spesa[41] e quelli di acquisizione delle entrate;

d) dirigere, coordinare e controllare l'attività degli uffici (e/o dei servizi, ove istituiti) e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con poteri sostitutivi in caso di inerzia;

e) concorrere all'individuazione delle risorse e dei profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti dell'ufficio cui sono preposti anche al fine dell'elaborazione del documento di programmazione triennale del fabbisogno di personale[42];

f) provvedere alla organizzazione e gestione del personale[43] e delle risorse finanziarie e strumentali assegnate ai propri uffici;

g) effettuare la valutazione del personale assegnato ai propri uffici, nel rispetto del principio del merito, ai fini della progressione economica e tra le aree, nonché della corresponsione di indennità e premi incentivanti;

h) richiedere direttamente pareri agli organi consultivi dell'amministrazione e forniscono risposte ai rilievi degli organi di controllo sugli atti di competenza;

i) concorrere alla definizione di misure idonee a prevenire e contrastare i fenomeni di corruzione e a controllarne il rispetto da parte dei dipendenti dell'ufficio cui sono preposti.

Non senza qualche dubbio di ordine sistematico, ai sensi dell'art. 17 comma 1 bis l. 165/2001, potrebbe aggiungersi che i direttori, "per specifiche e comprovate ragioni di servizio, possono delegare, a dipendenti che ricoprano le posizioni funzionali più elevate nell'ambito degli uffici ad essi affidati, e per un periodo di tempo determinato, con atto scritto e motivato", alcune competenze[44].

Come corollario, nel solco tracciato dal Testo unico in raffronto, vi è che il consiglio direttivo (o, per questo, il presidente) "non può revocare, riformare, riservare o avocare a sé o altrimenti adottare provvedimenti o atti di competenza del direttore".  E ciò, ai sensi dell'art. 14 comma 3 d.lgs. 165/2001. In ogni caso, si ritiene che l'ulteriore interessante ed utile disposto contenuto nella medesima norma, secondo cui: «in caso di inerzia o ritardo il Ministro può fissare un termine perentorio entro il quale il dirigente deve adottare gli atti o i provvedimenti. Qualora l'inerzia permanga, o in caso di grave inosservanza delle direttive generali da parte del dirigente competente, che determinino pregiudizio per l'interesse pubblico, il Ministro può nominare, salvi i casi di urgenza previa contestazione, un commissario ad acta, dando comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri del relativo provvedimento» debba essere attribuito unicamente alla responsabilità del Ministro dell'ambiente, cui compete la nomina del direttore.

Resta la querelle relativa all'eventuale "vicedirettore", non contemplata dalla l. 394/1991 e non più sostenibile sull'abrogato art. 17 bis d.lgs. 165/2001, dal quale si può tuttavia estrarre almeno l'indicazione secondo cui tale figura potrebbe essere riportata nello statuto (nel rispetto degli obblighi di contrattazione collettiva) sulla base quantomeno del seguente requisito: "personale laureato appartenente alle posizioni C2 e C3, che abbia maturato complessivamente cinque anni di anzianità in dette posizioni".

Quanto alla proroga o al rinnovo dell'incarico da direttore, la lettura combinata del "Testo unico sul pubblico impiego" e dell'art. 9 comma 11 l. 394/1991 non risolve gli interrogativi già posti. Difficile, sul punto, sfuggire alla doverosa affermazione secondo cui il rinnovo dell'incarico debba necessariamente transitare per una nuova procedura di selezione[45], nel mentre una prorogatio ad interim[46] potrebbe profilarsi lecita, solo in quanto non rientrante nella ghigliottina del d.l. 16 maggio 1994, n. 293[47].

Un discorso a parte, ancora, deve essere fatto per quanto attiene al potere di promuovere o di resistere alle liti (e di conciliare e transigere) di cui all'art. 16 comma 1 lett. f) d.lgs. 165/2001. Seguendo il criterio della intonsa rappresentanza legale dell'ente parco attribuita al presidente ex art. 9 comma 3 l. 394/1991 e alla peculiare struttura della legge quadro, in linea teoretica appare difficile sostenere che tale potestà sia da ritenersi oggi attribuita tout-court al direttore. Il fenomeno della successione delle leggi nel tempo e la regola dell'adeguamento di cui all'art. 27 del d.lgs. 165/2001 non agevolano tuttavia tale automatica esegesi. In merito, deve segnalarsi un unico orientamento giurisprudenziale, che ha fatto leva sull'eventuale scelta discrezionale del consiglio direttivo di precisare gli eventuali poteri del direttore nel resistere e/o promuovere le liti, e quindi ai fini della sua legittimazione a stare in giudizio, «secondo quanto complessivamente disciplinato dalla fonte statutaria e da quella propria del regolamento di organizzazione in parola»[48].

In ultimo, deve precisarsi che la comparazione normativa effettuata esclude che il direttore di parco possa essere assimilato, sotto il profilo economico alla figura del «dirigente generale»[49].

 

6. Spunti di diritto comparato

La comparazione con altri ordinamenti potrebbe essere infinita, in ragione della multiforme varietà di sistemi organizzativi e di gestione dei parchi nazionali che si possono rinvenire nei vari stati del globo.

Alcuni esempi, purtuttavia, possono costituire validi elementi di riflessione, che senza volerlo appaiono confermare l'impostazione iniziale intrapresa nel presente scritto al netto delle complicazioni introdotte dalle attribuzioni del ruolo dei dirigenti.

E' particolarmente emblematica, nel merito, la legge del Land salisburghese sui parchi nazionali. Si tratta del Gesetz vom 29. Oktober 2014 über den Nationalpark Hohe Tauern im Land Salzburg (Salzburger Nationalparkgesetz 2014 - S.NPG).

Al § 35, relativo alla figura del direttore[50], si legge che questi si occupa dell'amministrazione del Parco nazionale gestendo le risorse finanziarie e il personale dipendente, stabilendone altresì l'organico. Il direttore[51] è, beninteso, a capo degli uffici del parco e gestisce i rapporti con le amministrazioni dei tre Länder che compongono il Parco degli Alti Tauri, essendo altresì incaricato dell'esecuzione delle direttive ricevute da questi (meglio sintetizzabile nell'espressione: Landesregierung). Più in generale gli compete la direzione del Parco, la preparazione delle sedute del "Consiglio" (NP Rat), l'esecuzione del relativo deliberato, la predisposizione di atti giuridicamente vincolanti per il parco (ergo, ne è il rappresentante legale). Inoltre, rappresenta il parco presso enti ed organismi sovranazionali.

Al fine di comprendere il ruolo del Direttore del Parco Nazionale degli Alti Tauri, è opportuno riprodurre il seguente schema:

Al di là della peculiarità dell'ordinamento giuridico austriaco, sia per quanto concerne la protezione della natura sia la costruzione del sistema dei parchi nazionali[52], nonché della specificità del Parco degli Alti Tauri[53], riguardante ben tre Länder, vi è che la linearità delle attribuzioni del direttore non va in conflitto con altri organi, ed in particolare con una figura analoga a quella della presidenza, come ampiamente visto nel caso della l. 394/1991.

Altro valido esempio è costituito dall'amministrazione del Parco Nazionale del Triglav, l'unico parco nazionale della Slovenia[54], ovviamente classificato Cat. II IUCN[55].

La legge nazionale sul Parco del Triglav[56] stabilisce che:

- il direttore amministra, rappresenta e gestisce le attività dell'Ente parco ed è responsabile della legalità e della professionalità delle attività di questo;

- nell'amministrazione dell'Ente parco, il direttore deve gestire il personale dipendente e le risorse finanziarie con "la cura di un uomo d'amministrazione coscienzioso"[57];

- il direttore è nominato e revocato sulla base di una procedura pubblica, secondo il parere del Consiglio d'amministrazione dell'Ente parco. La procedura è svolta dal ministero competente;

- il mandato del direttore è di quattro anni. Al termine del mandato, il direttore può essere riconfermato[58];

- in esito al procedimento per la nomina del direttore è stipulato un contratto di lavoro a nome del Consiglio d'amministrazione dell'Ente parco, da parte del suo Presidente.

E, al fine di conseguire la nomina a direttore, è necessario possedere i seguenti requisiti:

- un'istruzione ottenuta nell'ambito del programma di studi di secondo ciclo[59] conformemente alla legge che regola l'istruzione superiore o un'istruzione corrispondente al livello di istruzione ottenuto nell'ambito del programma di studi di secondo ciclo;

- almeno dieci anni di esperienza lavorativa, di cui almeno cinque anni di esperienza manageriale;

- conoscenza appropriata dei settori di lavoro del Parco;

- conoscenza a livello base della lingua inglese o tedesca;

- assenza di precedenti penali;

- essere cittadino della Repubblica di Slovenia.

Ma è nello Statuto[60] del Parco Nazionale del Triglav che si trova una vera e propria disciplina dettagliata delle attività e competenze del Direttore[61]. E ciò a piena conferma di quanto sin qui sostenuto.

Peraltro, la strutturazione particolarmente competente e responsabilizzata del Direttore del Parco del Triglav[62], sembra proprio conferire quella rigida amministrazione tecnica che manca del tutto nella costruzione della l. 394/1991 e che oggi ha determinato una grave implosione dell'intero sistema[63].

 

7. Riflessioni conclusive

Il disegno di legge n. 4144, approvato dalla Camera dei deputati il 20 giugno 2017 (con modificazioni rispetto al d.d.l. Senato c.d. "D'Alì")[64], quanto alla figura del direttore dell'ente parco (art. 11 l. 394/1991), seppur ha articolato un rinvio al d.lgs. 165/2001, di fatto non avrebbe consentito di superare le problematiche sin qui evidenziate[65]. Forse, addirittura le avrebbe complicate, allorché era previsto che l'art. 9 comma 8 l. 394 cit. fosse così integrato: «l'organizzazione e il funzionamento dell'Ente sono disciplinati, nel rispetto dello statuto, mediante un regolamento approvato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare», con una duplicazione di strumenti di disciplina interna ben più che inutile.

Senza sottacere che il semplice richiamo agli artt. 5 e 17 comma 1 lett. d), e), e-bis) d.lgs. 165/2001 non appare soddisfacente, né risolutivo rispetto alla adeguata ricostruzione delle attribuzioni e competenze del direttore di ente parco.

Il disegno di legge in parola meriterebbe ben altre osservazioni, ma ciò che preme sottolineare è la distanza siderale intercorrente tra l'attenzione del legislatore e le esigenze di una indispensabile chiarezza nel funzionamento quotidiano degli enti parco, senza che possano verificarsi lacune, vuoti normativi, sovrapposizioni di compiti e di poteri, o comunque dubbi ed incertezze che, alla fine, sono facilmente in grado di produrre solo inutili e dispendiosi contenziosi giudiziari, nonché evitabili responsabilità civili e penali per i soggetti coinvolti.

In questo senso, uno sguardo di comparazione verso gli altri ordinamenti dei parchi nazionali, già solo con riferimento alla disciplina del direttore, può guidare una migliore penna legislativa verso una riscrittura adeguata della legge quadro. E' il caso del Parco del Triglav che potrebbe essere preso come più ampio modello di gestione, probabilmente in grado anche di superare i danni da forcipe che hanno condizionato la funzionalità della l. 394/1991.

E, forse, vale ripetere una considerazione già scritta in altre sedi[66], ovvero che nella sua semplicità e vetustà concettuale l'efficacia descrittiva delle competenze del direttore dell'ente parco, nel r.d.l. n. 2124/1923, corrispondeva un'esigenza di efficace pragmatismo allo stato inspiegabilmente perduta.

 



[1] Ai sensi dell'art. 9 comma 11 l. 394/1991, «il direttore del parco è nominato, con decreto, dal Ministro dell'ambiente, scelto in una rosa di tre candidati proposti dal consiglio direttivo tra soggetti iscritti ad un albo di idonei all'esercizio dell'attività di direttore di parco istituito presso il Ministero dell'ambiente, al quale si accede mediante procedura concorsuale per titoli. Il presidente del parco provvede a stipulare con il direttore nominato un apposito contratto di diritto privato per una durata non superiore a cinque anni». Diversa la formulazione originaria della disposizione, prima della modifica di cui alla l. 9 dicembre 1998 n. 426: «il direttore del parco è nominato dal Ministro dell'ambiente previo concorso pubblico per titoli ed esami di dirigente superiore del ruolo speciale di "Direttore di parco" istituito presso il Ministero dell'ambiente con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ovvero con contratto di diritto privato stipulato per non più di cinque anni con soggetti iscritti in un elenco di idonei all'esercizio dell'attività di direttore di parco, istituito e disciplinato con decreto del Ministro dell'ambiente. In sede di prima applicazione della presente legge, e comunque per non oltre due anni, il predetto contratto di diritto privato può essere stipulato con soggetti particolarmente esperti in materia naturalistico-ambientale, anche se non iscritti nell'elenco». Sul punto si veda C.L. Monticelli, sub. Art. 9, in G.L. Ceruti, (a cura di), Aree naturali protette, Milano 1996, 97.

[2] Sui parchi regionali e sulla dipendenza di sistema dalla disciplina prevista per i parchi nazionali, v. G. Di Plinio, Diritto pubblico dell'ambiente e aree naturali protette, Torino 1994, 249 ss.

[3] L'affermazione potrebbe stupire e si scontra con la prassi diametralmente opposta, che invece affida questo compito al direttore, sconoscendo non solo il valore primario dell'interpretazione letterale dell'art. 13 comma 4 l. 394/1991 (allorché stabilisce apoditticamente: «il Presidente del parco, entro sessanta giorni dalla richiesta, con comunicazione scritta al richiedente, può rinviare, per una sola volta, di ulteriori trenta giorni i termini di espressione del nulla osta»), ma anche l'autonomia e la peculiarità della legge quadro rispetto alle altre normative di settore. Per giunta, la circostanza sembra confermata dall'unica pronuncia giurisprudenziale che ha affrontato l'argomento, seppur con riferimento ad un parco regionale (si tratta di Cons. Stato, sez. VI, 7 novembre 2012 n. 5630, in Foro amm. CDS, 2012, 11, 2980). Quanto alle ordinanze di demolizioni, in senso contrario, si annoverano Tar Napoli, sez. III, 10 gennaio 2014 n. 144, in DeJureGiuffrè, e Id, sez. III, 7 giugno 2013 n. 3005, in Riv. TAR, 2013, 6, 2031, secondo cui «ai sensi dell'art. 9 comma 11, l. n. 394 del 1991, il direttore dell'Ente Parco è fornito di qualifica dirigenziale. Pertanto, egli deve ritenersi legittimato all'adozione dei provvedimenti di demolizione». L'esegesi giurisprudenziale, com'è arguibile, scorre libera sul filo del D.P.R. n. 380/2001 circa i poteri dei dirigenti. Ragionamento sul quale, più in generale si è sospinto il Consiglio di Stato, sez. II, con il parere n. 5552 del 7 dicembre 2005, che non si ritiene di poter condividere. E non è un caso, del resto come il d.d.l. c.d. "D'Alì" (di cui meglio, infra, sub § 7) abbia previsto, agli artt. 13 e 29, la sostituzione del termine "presidente" con quello di "direttore".

[4] Sullo statuto dell'ente parco v. C.L. Monticelli, op. cit., 95 ss.

[5] Interessante, in argomento, la lettura di Corte cost. 3 maggio 2013 n. 81, ed in particolare il seguente passaggio: «la separazione tra funzioni di indirizzo politico-amministrativo e funzioni di gestione amministrativa, quindi, costituisce un principio di carattere generale, che trova il suo fondamento nell'art. 97 Cost. L'individuazione dell'esatta linea di demarcazione tra gli atti da ricondurre alle funzioni dell'organo politico e quelli di competenza della dirigenza amministrativa, però, spetta al legislatore. A sua volta, tale potere incontra un limite nello stesso art. 97 Cost.: nell'identificare gli atti di indirizzo politico amministrativo e quelli a carattere gestionale, il legislatore non può compiere scelte che, contrastando in modo irragionevole con il principio di separazione tra politica e amministrazione, ledano l'imparzialità della pubblica amministrazione».

[6] Per una panoramica di quel che di lì a poco avrebbe trasformato radicalmente buona parte della struttura amministrativa italiana, v. F. Bassanini, Twenty years of administrative reform in Italy, in The Journal of European Economic History n. 1, 2010.

[7] Sembrano sottintenderlo C.L. Monticelli, op. cit., 97, e G. Di Plinio, Diritto pubblico dell'ambiente, cit., 209 s.

[8] Si ritiene oggi imprescindibile, in ragione delle competenze supposte dalle varie legislazioni di settore, una forte preparazione giuridico-amministrativa, prevalente rispetto alla sola competenza naturalistica, meglio corrisposta dai vari uffici e servizi a ciò preposti. Si tratta, in ogni caso, di argomenti che richiedono una trattazione a parte.

[9] Peraltro, esiste una figura icastica nella storia dei direttori di parco, rappresentata dall'ineguagliabile Renzo Videsott, direttore del Parco nazionale del Gran Paradiso dal 1944 al 1969 (a cui passione e dedizione per l'amato parco è rappresentata alla perfezione dalla notevole opera di collazione svolta da F. Pedrotti, Il Parco nazionale dl Gran Paradiso nelle Lettere di Renzo Videsott, Trento 2007). Erano anni (con salvezza del periodo dell'amministrazione demandata alla milizia forestale) in cui gli organi di vertice erano costituiti dalle rappresentazioni sceniche delle Commissioni reali, cui seguiva un breve cascame di ulteriori soggetti, maggiormente aderenti alla quotidianità della gestione, quali un Comitato esecutivo e la Direzione, fisicamente più vicini al territorio, giacché effettivamente aventi sede nel territorio protetto.

[10] Che istituì effettivamente «l'ente "Parco nazionale Gran Paradiso", con sede in Torino ed un ufficio distaccato ad Aosta». E, per rispondere alla verità storica, occorre notare che Videsott operò dal 1944 come direttore "di fatto", sino appunto all'emanazione del d.lgs. 2124/1923.

[11] Art. 41 r.d. 2124/1923.

[12] Nemmeno, più tardi, con il d.p.r. 30 giugno 1951, n. 1178, recante l'Approvazione del regolamento per l'applicazione della L. 24 aprile 1935, numero 740, concernente l'istituzione del Parco nazionale dello Stelvio avrà vita una direzione. Verso tale meta il Parco dello Stelvio ci arriverà solo dopo il d.p.r. 22 marzo 1974 n. 279, di attuazione dello Statuto speciale per la Regione Trentino - Alto Adige, in forza del quale l'intera fisionomia amministrativa è stata ridisegnata tenendo conto delle frammentazioni di autonomia legislativa. Il percorso sarà compiuto, dopo l'emanazione della legge quadro, solo con la costituzione del Consorzio del Parco nazionale dello Stelvio, avvenuta in forza del d.p.c.m. del 26 novembre 1993.

[13] E, nel d.p.r. in parola, non vi è menzione della figura del direttore, traendosi la relativa disciplina dalla legge quadro, così come nemmeno compare nel d.p.r. 5 giugno 1995, che ha istituito l'Ente Parco nazionale della Maiella.

[14] Istituito con l. 2 aprile 1968, n. 503.

[15] Istituito con d.m. 20 aprile 1990.

[16] Istituito con d.m. 31 dicembre 1990.

[17] Si tratta, all'incirca, sempre della perimetrazione provvisoria e delle misure di salvaguardia, che comunque contengono un minimo di strutturazione gestionale.

[18] Tale vuoto di contenuti, probabilmente all'epoca scontato nell'idea che si avesse a che fare con una semplice figura tecnico-amministrativa, si rinviene altresì nello "stato dell'arte" dei disegni di legge pendenti agli inizi degli anni Ottanta, nei quali a volte il direttore nemmeno viene contemplato, mentre in altri casi compare come un mero "esecutore" delle deliberazioni degli organismi direttivi. Cfr. C.A. Graziani (a cura di), Parchi nazionali e regionali. Materiali per la legge quadro, Roma 1981, in part. 143 ss.

[19] Non senza zone di buffer, come già anticipato, ad esempio, per il rilascio (o il diniego) del nulla osta, ai sensi dell'art. 9 comma 8 l. 394/1991, «il Consiglio direttivo delibera in merito a tutte le questioni generali ed in particolare sui bilanci, che sono approvati dal Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro del tesoro, sui regolamenti e sulla proposta di piano per il parco di cui all'art. 12, esprime parere vincolante sul piano pluriennale economico e sociale», mentre il presidente «ha la legale rappresentanza dell'Ente parco, ne coordina l'attività, esplica le funzioni che gli sono delegate dal Consiglio direttivo, adotta i provvedimenti urgenti ed indifferibili che sottopone alla ratifica del Consiglio direttivo nella seduta successiva» (art. 9 comma 3 l. 394/1991).

[20] G. Di Plinio, Diritto pubblico dell'ambiente, cit., 210. In senso più o meno analogo, C.M. Monticelli, loc. cit.

[21] G. Di Plinio, op. ult. cit., 205.

[22] Conv. in l. 2 dicembre 2005 n. 248.

[23] Nemmeno la scelta della c.d. "terna" da parte del consiglio direttivo è disciplinata in alcun modo. Dovrebbe esserlo a cura dello statuto dell'ente parco, al fine di poter garantire almeno i principi di trasparenza ed imparzialità dell'azione amministrativa ex art. 97 Cost.

[24] Art. 9 comma 13 l. 394/1991: «agli Enti parco si applicano le disposizioni di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70; essi si intendono inseriti nella tabella IV allegata alla medesima legge» (enti preposti a servizi di pubblico interesse).

[25] Di cui poi al "comparto del parastato" ai sensi del d.p.r. 5 marzo 1986 n. 68

[26] Il quale ha sostituito l'ordinamento gerarchico di cui al r.d. 11 novembre 1923 n. 2395 e al r.d. 30 dicembre 1923 sullo "stato giuridico" del rapporto d'impiego civile, cui poi è seguito il riordinamento delle carriere ai sensi del d.p.r. 28 dicembre 1970 n. 1077, la riforma dirigenziale del 1972 (d.p.r. 30 giugno 1972 n. 748) e il riassetto funzionale introdotto con la l. 11 luglio 1980 n. 312 e la l. 29 marzo 1983 n. 93 (detta "legge quadro). Sulla evoluzione della disciplina del rapporto di pubblico impiego sino all'emanazione del d.l.gs. 29/1993 v. M. Colacito, Impiego statale, in Enc. dir., XX, 1970, 60 ss. e P. Colombo, L'ordinamento del pubblico impiego, Roma 1985, 13.

[27] Sull'inserimento del d.lgs. 29/1993 nel sistema delle fonti del pubblico impiego, v. P. Virga, Il pubblico impiego dopo la privatizzazione, Milano 1993, 7.

[28] Si veda in proposito l'art. 13 d.lgs. 29/1993. Sul punto non sembra rinvenirsi giurisprudenza edita al fine di meglio chiarire la locuzione «enti pubblici non economici nazionali» e la sua apparente pacifica riconducibilità anche agli enti parco, in forza della classificazione operata dalla l. 70/1975.

[29] Questa poteva essere, sulla base del d.lgs. 29/1993, un ipotetico adeguato contenuto di uno statuto del parco per quanto attiene alla figura del direttore, o, ipso facto, divenire l'esegesi delle relative funzioni e competenze, secondo una formula più ampia rispetto alle disposizioni del passato

[30] Senza pretesa di completezza, si vedano: A. Baldassarre, La dirigenza pubblica: ruolo, prerogative e rapporto di lavoro nell'evoluzione legislativa, in Ist. Fed., 5/6.2009, 1003 ss.; A. Boscati, Dirigenza pubblica: poteri e responsabilità tra organizzazione del lavoro e svolgimento dell'attività amministrativa, in LPA, 2009, 1, 14 ss.; L. Zoppoli (a cura di), Ideologia e tecnica nella riforma del lavoro pubblico, Napoli, 2009; M. Rusciano, La dirigenza pubblica locale: tra vecchie impostazioni e nuove tendenze, in LPA, 6, 2002, 893.

[31] «Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300».

[32] Per un primo approfondimento, G. Sangiorgi (a cura di), Management e governance nella pubblica amministrazione, Milano, 2008, p. 118 ss.; L. Zoppoli, L'indipendenza dei dirigenti pubblici, in L. Zoppoli (a cura di), Ideologia e tecnica, cit., 27. B. Caruso, Le dirigenze pubbliche tra nuovi poteri e responsabilità (Il ridisegno della governance nella p.a. italiana), in WP C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona".IT, 104/2010, 7 ss.

[33] «Il Ministro non può revocare, riformare, riservare o avocare a sé o altrimenti adottare provvedimenti o atti di competenza dei dirigenti. In caso di inerzia o ritardo il Ministro può fissare un termine perentorio entro il quale il dirigente deve adottare gli atti o i provvedimenti. Qualora l'inerzia permanga, o in caso di grave inosservanza delle direttive generali da parte del dirigente competente, che determinino pregiudizio per l'interesse pubblico, il Ministro può nominare, salvi i casi di urgenza previa contestazione, un commissario ad acta, dando comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri del relativo provvedimento».

[34] Ai sensi degli artt. 16 comma 1, 1 bis e 17 comma 1 l. 165/2001, i dirigenti:

- adottano gli atti relativi all'organizzazione degli uffici di livello dirigenziale non generale;

- adottano gli atti e i provvedimenti amministrativi ed esercitano i poteri di spesa e quelli di acquisizione delle entrate rientranti nella competenza dei propri uffici, salvo quelli delegati ai dirigenti;

- adottano i provvedimenti previsti dall' articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni;

- dirigono, coordinano e controllano l'attività dei dirigenti e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con potere sostitutivo in caso di inerzia, e propongono l'adozione, nei confronti dei dirigenti, delle misure previste dall'articolo 21 [l. 165/2001];

- svolgono le attività di organizzazione e gestione del personale e di gestione dei rapporti sindacali e di lavoro;

- concorrono alla definizione di misure idonee a prevenire e contrastare i fenomeni di corruzione e a controllarne il rispetto da parte dei dipendenti dell'ufficio cui sono preposti;

- dirigono, coordinano e controllano l'attività degli uffici che da essi dipendono e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con poteri sostitutivi in caso di inerzia;

- concorrono all'individuazione delle risorse e dei profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti dell'ufficio cui sono preposti anche al fine dell'elaborazione del documento di programmazione triennale del fabbisogno di personale;

- effettuano la valutazione del personale assegnato ai propri uffici, nel rispetto del principio del merito, ai fini della progressione economica e tra le aree, nonché della corresponsione di indennità e premi incentivanti.

[35] L'art. 17 bis d.lgs. 165/2001 era limpido nel prevedere l'«area della vicedirigenza nella quale è ricompreso il personale laureato appartenente alle posizioni C2 e C3, che abbia maturato complessivamente cinque anni di anzianità in dette posizioni o nelle corrispondenti qualifiche VIII e IX del precedente ordinamento». La questione è stata sottoposta al vaglio del Giudice costituzionale che ha deciso con la nota sentenza n. 214 del 3 ottobre 2016 (in Giur. cost., 2016, 5, 1681, con nota di C. Cacciavillani). Nel buio della l. 394/199, e nell'autonomia autorganizzativa di cui al citato art. 27 d.lgs. 165/2001, il soppresso disposto dell'art. 17 bis del medesimo testo di legge può comunque essere adoperato, nel contesto della contrattazione collettiva, quanto alla locuzione: «personale laureato appartenente alle posizioni C2 e C3, che abbia maturato complessivamente cinque anni di anzianità in dette posizioni». Affermazione che potrà essere contenuta a chiare lettere nello "statuto-tipo" dell'ente parco, al fine di evitare stalli o rimedi dell'ultimo minuto in casi di impedimenti o conflitti d'interesse et similia in grado di affliggere il direttore nel suo ruolo.

[36] L'espressione è rubata a M. Kundera, La festa dell'insignificanza, Milano 2013, ove l'insignificanza emerge nella banale vita quotidiana osservata nell'inutilità di molti dei suoi contenuti.

[37] Ha natura giuridica di atto normativo interno, secondo G. Di Plinio, Diritto dell'ambiente, cit., 212, che richiama in nota F. Bassi, La norma interna, Milano 1963, passim, e V. Italia, Statuto in generale e statuto degli enti pubblici, in Enc. dir., Vol. XLII, Milano 1990, 977 ss e 1017 ss.

[38] Così G. Di Plinio, Diritto dell'ambiente, cit., 209, che individuava così la competenza residuale del direttore in tutti gli atti di amministrazione "non generali".

[39] Così riassunte:

1. definizione degli obiettivi e dei programmi da attuare, verificano la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti.

2. decisioni in materia di atti normativi e adozione dei relativi atti di indirizzo interpretativo ed applicativo;

3. definizione di obiettivi, priorità, piani, programmi e direttive generali per l'azione amministrativa e per la gestione;

4. individuazione delle risorse umane, materiali ed economico-finanziarie da destinare alle diverse finalità;

5. definizione dei criteri generali in materia di ausili finanziari a terzi e determinazione di tariffe, canoni e analoghi oneri a carico di terzi.

[40] Beninteso, di competenza residuale rispetto alle attribuzioni degli (altri) organi dell'ente parco.

[41] Nei limiti degli stanziamenti di bilancio, e di acquisizione delle entrate, definendo i limiti di valore delle spese che i responsabili di servizio possono impegnare.

[42] Si tenga conto come ai sensi dell'art. 9 comma 14 l. 394/1991 «la pianta organica di ogni Ente parco è commisurata alle risorse finalizzate alle spese per il personale ad esso assegnate».

[43] E dei rapporti sindacali e di lavoro.

[44] Individuate dalla stessa norma nelle seguenti attribuzioni (da adattare con il metro di piombo alla l. 394/1991): 1) curare l'attuazione dei progetti e delle gestioni ad essi assegnati, adottando i relativi atti e provvedimenti amministrativi ed esercitando i poteri di spesa e di acquisizione delle entrate; 2) dirigere, coordinare e controllare l'attività degli uffici che da essi dipendono e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con poteri sostitutivi in caso di inerzia; 3) provvedere alla gestione del personale e delle risorse finanziarie e strumentali assegnate ai propri uffici, anche concorrendo alla definizione di misure idonee a prevenire e contrastare i fenomeni di corruzione e a controllarne il rispetto da parte dei dipendenti dell'ufficio cui sono preposti.

[45] Così Cass., sez. lav., 28 novembre 2008 n. 28457, in Foro it., 2009, 6, I, 1745, priva di precedenti editi.

[46] Magari assicurata di legittimità dal contestuale nuovo avvio della procedura di selezione, la cui tempistica di realizzazione è assolutamente non determinata (con prassi che han visto persino un lunghissimo scorrere del tempo), con il rischio di ricadere su un non meglio individuabile e meno competente vicedirettore.

[47] Convertito, con modificazioni, in l. 15 luglio 1994 n. 444, recante la "Disciplina della proroga degli organi amministrativi", cui non può dirsi appartenente la dirigenza, e dunque i direttori degli enti parco, ex lege non annoverati tra gli "organi" di questi.

[48] Cfr. Cons. Stato, 16 maggio 2013 n. 2677, in www.giustizia-amministrativa.it. In proposito, sembra doveroso evidenziare che la distinzione tra lo statuto, così come disciplinato dalla l. 394/1991 ed il "regolamento di organizzazione", quale espressione dell'art. 27 d.lgs. 165/2001, non può non dirsi tautologica e ridondante materialmente, potendo entrambe le discipline coincidere con un unico ed inequivoco atto, e cioè proprio lo statuto dell'ente parco.

[49] E va in questa direzione il d.d.l. c.d. "d'Alì", nel testo approvato dalla Camera dei deputati il 20 giugno 2017 nella parte in cui chiarisce tale circostanza: «il trattamento economico è, in ogni caso, a carico dell'Ente parco ed è equiparato a quello dei dirigenti non generali del comparto degli enti pubblici non economici».

[50] «Nationalparkverwaltung § 35:

(1) Die Nationalparkverwaltung besteht aus der Nationalparkdirektorin oder dem Nationalparkdirektor als Geschäftsführerin bzw Geschäftsführer des Nationalparkfonds und der erforderlichen Zahl von Mitarbeiterinnen und Mitarbeitern. Sie ist die Geschäftsstelle des Salzburger Nationalparkfonds.

(2) Nationalparkdirektorin bzw Nationalparkdirektor ist die jeweilige Leiterin oder der jeweilige Leiter der Dienststelle, die nach der Geschäftseinteilung des Amtes der Landesregierung unmittelbar mit der Vollziehung der Angelegenheiten des Nationalparks Hohe Tauern betraut ist. Über Vorschlag der Landesregierung ist vom Nationalparkkuratorium eine Mitarbeiterin oder ein Mitarbeiter der Nationalparkverwaltung zur Stellvertreterin bzw zum Stellvertreter der Nationalparkdirektorin bzw des Nationalparkdirektors zu bestellen.

(3) Der Nationalparkdirektorin oder dem Nationalparkdirektor obliegen die Geschäftsführung des Nationalparkfonds, insbesondere die Vorbereitung der Sitzungen sowie die Durchführung der zu vollziehenden Aufgaben einschließlich der rechtsverbindlichen Zeichnung in Vertretung der oder des Vorsitzenden des Nationalparkfonds und die Vertretung des Nationalparks in länderübergreifenden Gremien, sowie die Leitung der Nationalparkverwaltung».

[51] O la "direttrice". La parità di genere è particolarmente sospinta, persino nei testi legislativi: Nationalparkdirektorin / Nationalparkdirektor; Geschäftsführerin / Geschäftsführer; Mitarbeiterinnen / Mitarbeitern, usw (ecc.).

[52] Per una minima e risalente disamina in lingua italiana, cfr. A. Postiglione, Le aree protette dell'Austria, in G. Cordini (a cura di), Parchi e aree naturali protette. Ordinamento e gestione, Padova 2000, 241 ss. Si veda, meglio: V. Popp-Hackner - G. Popp, Die österreichischen Nationalparks, Leykam Buchverlag, 2010, passim.

[53] M. Getztner, M. Jungmeier, B. Müller, D.l Zollner, Case study report on the Hohe Tauern National Park (Austria), in Vestlandsforsking-note, n. 7/2009; U. Gehrlein, E. Baranek, K.F. Sinner, E. Milz, E. Fettweis, A. Schraml, C. Mathias, Endbericht der Evaluierung. Nationalpark Hohe Tauern, Berlin 2015.

[54] Su cui si veda M. Gabrovec, B. Komac, J. Kozina, K. Polajnar Horvat, J. Nared, A. Smrekar, M. Topole, M. Urbanc, Triglav National Park, Slovenia, and its contribution to regional development, in Eco.Mont - Volume 9, special issue, January 2017, online version: http://epub.oeaw.ac.at/eco.mont.

(3) (PDF) Triglav National Park, Slovenia, and its contribution to regional development. Available from: https://www.researchgate.net/publication/312928290_Triglav_National_Park_Slovenia_and_its_contribution_to_regional_development [accessed Sep 17 2019].

[55] «National parks: "large natural or near natural areas set aside to protect large-scale ecological processes, along with the complement of species and ecosystems characteristic of the area, which also provide a foundation for environmentally and culturally compatible spiritual, scientific, educational, recreational and visitor opportunities"» (cfr. N. Dudley (ed.) (2008). Guidelines for Applying Protected Area Management Categories. Gland, Switzerland: IUCN, 16). E' forse il caso di ricordare come non risulta che alcun parco nazionale italiano possegga il riconoscimento della categoria II dall'IUCN, che prevede il 75% di territorio a tutela integrale e solo un 25 % in cui sono ammesse determinate attività antropiche. E' tale, chiaramente, il Parco degli Alti Tauri, come la gran parte dei parchi nazionali europei. Per il sistema italiano, sullo sfondo vi è un insuperabile problema di perimetrazione, zonazione e disciplina, inattuabile allo stato in forza della peculiare costruzione della legge quadro nazionale: cfr. G. Di Plinio - G. Nicolucci, L'ordinamento resiliente, cit., 51 ss.

[56] Sklep o ustanovitvi javnega zavoda Triglavski narodni park (Uradni list RS, št. 60/11 in 10/14), in www.pisrs.si, artt. 17 e 18:

«17. člen:

(1) Direktor zastopa, predstavlja in vodi poslovanje zavoda ter odgovarja za zakonitost in strokovnost dela zavoda.

(2) Direktor mora pri vodenju poslov ravnati z javnimi in drugimi sredstvi s skrbnostjo vestnega gospodarstvenika.

(3) Direktorja imenuje in razrešuje ustanovitelj na podlagi javnega razpisa ter po predhodnem mnenju sveta zavoda. Javni razpis izpelje pristojno ministrstvo.

(4) Mandat direktorja je štiri leta. Po izteku mandata je lahko direktor ponovno imenovan.

(5) Na podlagi akta o imenovanju direktorja sklene z njim pogodbo o zaposlitvi v imenu sveta zavoda njegov predsednik.

18. člen:

(1) Za direktorja je lahko imenovana oseba, ki izpolnjuje naslednje pogoje:

- ima izobrazbo, pridobljeno po študijskem programu druge stopnje v skladu z zakonom, ki ureja visoko šolstvo, oziroma izobrazbo, ki ustreza ravni izobrazbe, pridobljene po študijskem programu druge stopnje;

- ima najmanj deset let delovnih izkušenj, od tega najmanj pet let vodstvenih izkušenj;

- pozna področja dela zavoda;

- ima osnovno raven znanja angleškega ali nemškega jezika;

- ni bila pravnomočno obsojena zaradi naklepnega kaznivega dejanja, ki se preganja po uradni dolžnosti, in ni bila obsojena na nepogojno kazen zapora v trajanju več kot šest mesecev;

- zoper njo ni vložena pravnomočna obtožnica zaradi naklepnega kaznivega dejanja, ki se preganja po uradni dolžnosti;

- je državljan Republike Slovenije.

(2) Sestavni del prijave na razpis je tudi vizija delovanja zavoda in razvoja narodnega parka med trajanjem mandata, ki vsebuje».

[57] Come in seguito, la traduzione dallo Sloveno è personale.

[58] Ma gli può essere revocato l'incarico, ai sensi dell'art. 27 comma 3 dello Statuto, nei seguenti casi:

Il "Fondatore" («Ustanovitelj»: v. infra nt. 63) può, su proposta del Consiglio dell'Ente parco, licenziare il Direttore prima della scadenza del termine per il quale è nominato, per i seguenti motivi:

- se egli stesso richiede il licenziamento;

- se viola il regolamento con il suo lavoro o più volte;

- se non esegue o agisce in modo ingiustificato in contrasto con le decisioni del consiglio d'istituto;

- se il suo lavoro provoca più danni all'istituzione;

- se l'Istituto non è stato in grado di attuare il piano di lavoro annuale o altri piani o altri compiti di base perché il direttore ha adempiuto negligentemente o negligentemente le sue funzioni;

- se sussistono motivi per la cessazione o la sospensione del rapporto di lavoro ai sensi del diritto del lavoro stesso.

Prima dell'adozione della decisione sul licenziamento del direttore, il fondatore deve informare il direttore dei motivi del licenziamento e dargli l'opportunità di dichiararli.

[59] Cioè di livello universitario.

[60] Il cui testo vigente è stato adottato il 14 dicembre 2012 ed è rinvenibile in originale scansionato sul sito dell'Ente parco all'indirizzo: www.tnp.si/sl/javni-zavod/informacije-javnega-znacaja/

[61] Ai sensi dell'art. 28 dello Statuto del Parco del Triglav, il Direttore ha i seguenti poteri e responsabilità:

- è il rappresentante legale dell'Ente parco;

- è responsabile della legalità del lavoro dell'Ente parco;

- organizza e gestisce il lavoro e le attività dell'Ente parco;

- gestisce ed organizza il lavoro dei dipendenti dell'Ente parco ed è responsabile della professionalità dei medesimi;

- stila la preparazione della proposta per il piano decennale di gestione del parco e sottoporla al Consiglio dell'Ente per l'approvazione;

- predispone le proposte per programmi di lavoro annuali, piani finanziari e programmi di investimento e li presentarli al consiglio dell'Ente per l'adozione;

- prepara la proposta di relazione annuale sul funzionamento dell'Ente parco e la presenta al consiglio per l'adozione;

- presenta i piani e i programmi approvati e approvati di cui ai precedenti punti per l'approvazione o l'approvazione da parte del;

- propone al Consiglio d'Ente parco modifiche dello statuto e del regolamento interno di organizzazione e la modifica dell'organico o degli altri atti generali adottati dal Consiglio;

- esegue le decisioni del Consiglio dell'Ente parco;

- conformemente al piano finanziario, decide sull'allocazione delle e risorse per le attività dell'Ente paro nel corso dell'anno per singoli capitoli di spesa e per l'acquisto, la sostituzione e la cancellazione delle immobilizzazioni patrimoniali dell'Ente, nonché sull'acquisizione e sull'utilizzo delle risorse economiche acquisite;

- approva il tariffario dei servizi dell'Ente parco;

- propone interventi specifici di politica commerciale e di marketing;

- propone attività di sviluppo o modificazioni organizzative dell'Ente;

- adotta tutti gli atti generali dell'Ente parco, che non rientrano nelle competenze del Consiglio;

- esegue le decisioni del Consiglio dell'Ente parco;

- è competente in ordine ad ogni questione sui rapporti di lavoro dei dipendenti (assunzioni, licenziamenti, ecc.);

- assicura che i dipendenti siano tenuti aggiornati su eventi essenziali nelle attività dell'Ente parco;

- svolge gli altri compiti e competenze previste dalla legge, dal contratto collettivo, dallo statuto e dagli altri atti generali dell'Ente parco.

[62] Nel sistema sloveno, il ruolo preminente e più importante nel controllo sulla gestione del Parco non è affidato né all'equivalente del "consiglio direttivo", né ad un singolo ministero, ma all'«Ustanovitelj», che tradotto alla lettera significa "fondatore" e che di fatto coincide con la Repubblica di Slovenia («Ustanovitelj zavoda je Republika Slovenija. Ustanoviteljske pravice in obveznosti Republike Slovenije izvaja Vlada Republike Slovenije (v nadaljnjem besedilu: ustanovitelj): L'ente parco è stato fondato dalla Repubblica di Slovenia. I diritti e gli obblighi istitutivi della Repubblica di Slovenia sono esercitati dal governo della Repubblica di Slovenia (di seguito: il fondatore)», la quale esercita la propria funzione per il tramite di un comitato di rappresentanza dei vari ministeri (Ministero dell'Ambiente e della Pianificazione territoriale, Ministero della Cultura, Ministero delle Politiche Agricole, Forestali e Alimentari, Ministero dello sviluppo economico e della tecnologia). Cfr. Sklep o ustanovitvi javnega zavoda Triglavski narodni park (Uradni list RS, št. 60/11 in 10/14), in www.pisrs.si, cit., artt. 1 e 24; https://www.tnp.si/sl/javni-zavod/informacije-javnega-znacaja/

[63] Per uno sguardo critico dello stallo verificatosi, cfr. G. Di Plinio, Aree protette vent'anni dopo. L'inattuazione "profonda" della legge 394/1991, in Riv. Quad. Dir. Amb., 3/2011, 29 ss.; ed anche così G. Di Plinio - G. Nicolucci, L'ordinamento resiliente, cit., 50 ss.

[64] Si tratta del testo unificato: S. 119-1004-1034-1931-2012. - D'Alì', De Petris, Caleo, Panizza e altri, Simeoni e altri: "Modifiche alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e ulteriori disposizioni in materia di aree protette" (la stesura del d.d.l. n. 1931 Panizza, Zeller, Zin, Fausto Guilherme Longo, Conte, Dalla Zuanna, Mastrangeli e Scilipoti Isgrò è stata curata dal coautore del presente lavoro, Giacomo Nicolucci).

[65] Vi si legge, invero: «il direttore del parco assicura la gestione amministrativa complessiva dell'Ente ed esercita le funzioni di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Egli cura l'attuazione dei programmi ed il conseguimento degli obiettivi fissati dal Presidente e dal Consiglio direttivo, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettere da d) a e-bis), del citato decreto legislativo n. 165 del 2001. Ad esso spetta l'adozione dei connessi atti anche a rilevanza esterna».

[66] «L'Ente autonomo del Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, nei suoi quasi cento anni di storia, con le regole del r.d.l. 257/1923 e senza lo strumentario "a prova di bomba" della l. 394/1991, ha superato i problemi della speculazione edilizia, degli assalti turistici ed impiantistici del turismo invernale, del bracconaggio, del conflitto con le pretese dell'allevamento intensivo ed oggi si confronta con la necessità di rendere "sostenibile" la forte pressione turistica nelle aree più sensibili, nonché di migliorare la gestione della propria delicata fauna protetta» (così G. Di Plinio - G. Nicolucci, L'ordinamento resiliente, cit., 51).