Diritto


Vincenzo Rossi

Fiscalitą ambientale e transizione ecologica. Le misure del PNRR e i contributi della legge di bilancio 2023

 

 

 

Abstract: Il principio ordinatore del nuovo costituzionalismo ambientale globale si fonda sull'imprescindibile interrelazione che deve esserci tra la tutela dell'ambiente e lo sviluppo sostenibile.

La fiscalità ambientale ricomprende ogni misura che rientri nell'alveo tributario, sia essa tributo o agevolazione fiscale, strumentale al miglioramento delle condizioni ambientali, sia che la protezione dell'ecosistema si manifesti nello scopo della misura o nella destinazione del suo gettito, nella base imponibile del prelievo o in un'agevolazione fiscale favorevole dell'ambiente. A tal proposito è utile indagare quali siano le misure previste dal PNRR e quali i contributi apportati dalla legge di bilancio 2023.

 

 

 

Sommario: 1. Introduzione - 2. La fiscalità quale risposta alle problematiche ambientali - 3. Le misure in materia ambientale contenute nel PNRR - 3.1. Economia circolare e agricoltura sostenibile - 3.2. Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile - 3.3. Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici - 3.4. Tutela del territorio e della risorsa idrica - 3.5. Le misure in materia ambientale contenute nella Manovra 2023 (Legge 29 dicembre 2022, n. 197) - 4. Conclusioni.

 

1.             Introduzione

Il principio ordinatore del nuovo costituzionalismo ambientale[1] globale si fonda sull'imprescindibile interrelazione che deve esserci tra la tutela dell'ambiente[2] e lo sviluppo sostenibile[3].

Se si vuole quindi che obiettivi climatici, energia[4] pulita, economia circolare, efficienza energetica[5], mobilità sostenibile e la preservazione della natura e della biodiversità (gli assi portanti del Green Deal europeo) possano realmente trovare sostanza e seguito nei prossimi decenni, essi, coerentemente con il principio di integrazione previsto dall'art. 11 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, devono divenire un punto di riferimento orizzontale delle misure introdotte per far ripartire i sistemi economici. All'interno di questo scenario di cambiamento, di reindirizzo strutturale dei sistemi economici, un ruolo di rilevo può essere assunto anche dalla componente tributaria, attraverso scelte e processi di riforma che vadano a rinforzare gli stimoli attivati in termini di spesa. In primo luogo, perché una corretta rappresentazione dei costi esterni attraverso imposte ambientali permette di influenzare in maniera duratura le scelte di consumo e investimento degli operatori, rafforzando l'incentivo a prediligere, nei pacchetti di rilancio, tecnologie e realizzazioni infrastrutturali environmentally friendly[6].

A tal proposito, l'Unione europea ha predisposto una tassonomia, ossia un sistema di classificazione che stabilisce un elenco di attività economiche ecosostenibili. Nella seduta del 6 luglio 2022 il Parlamento UE ha respinto una mozione contro l'inclusione del gas e del nucleare tra le attività economiche eco-sostenibili, consentendo all'atto delegato sulla tassonomia della Commissione UE di continuare il suo iter. L'atto delegato sulla tassonomia è entrato in vigore dal 1° gennaio 2023.

L'atto delegato della Commissione UE include infatti specifiche attività energetiche dei settori del gas e del nucleare nell'elenco di attività economiche eco-sostenibili. Questo potrebbe svolgere un ruolo importante nell'aiutare l'UE ad aumentare gli investimenti sostenibili e ad attuare il Green Deal europeo che mira a far diventare l'Europa il primo continente ad impatto climatico zero.

Per attuare progetti e attività sostenibili si deve avere chiara la definizione di ciò che è sostenibile dal punto di vista ambientale. La Commissione UE ritiene, infatti, che gli investimenti privati possano avere un ruolo importante nelle attività di transizione verde dei settori del gas e del nucleare verso la decarbonizzazione. Ha proposto, quindi, di classificare alcune attività energetiche collegate al gas fossile e all'energia nucleare come attività di transizione che contribuiscono alla mitigazione dei cambiamenti climatici e questa inclusione è comunque limitata nel tempo e sottoposta a specifici requisiti di trasparenza. In questo modo si dovrebbe creare sicurezza per gli investitori privati, indirizzando gli investimenti verso progetti e attività sostenibili e proteggendo gli stessi investitori da quelle attività che sembrano sostenibili ma non lo sono, il c.d. greenwashing, l'ambientalismo di facciata.

In secondo luogo, perché il pricing adeguato dell'uso delle risorse naturali e delle emissioni inquinanti riduce i rischi di lock-in e gli effetti di rimbalzo che possono derivare dalle componenti non green delle misure adottate. In una fase di forte spinta su investimenti e nuove infrastrutture, tali segnali, se duraturi e credibili, diventano fondamentali per non ipotecare i margini di manovra dei tre decenni che dovrebbero condurre alla neutralità climatica entro il 2050.

In terzo luogo, la tassazione[7] ambientale[8], intesa anche quale accezione del principio "chi inquina paga"[9], tende a essere neutrale da un punto di vista tecnologico, stimolando continuativamente al miglioramento delle performance ambientali, senza dover definire a priori su quali scelte e soluzioni puntare maggiormente.

Infine, anche alla luce dei considerevoli sforzi di bilancio che stanno conducendo gran parte delle nazioni a livello mondiale, una progressiva e predefinita crescita dei prelievi ambientali rappresenta una opzione importante per garantire la sostenibilità finanziaria delle misure adottate, senza dover ricorrere ad altre fonti di gettito come lavoro o imprese[10].

 

2.             La fiscalità quale risposta alle problematiche ambientali

Il moltiplicarsi dei fenomeni di deterioramento ambientale a livello sia nazionale sia internazionale e l'assunzione di consapevolezza della limitatezza delle risorse naturali del pianeta hanno reso evidente lo stato emergenziale della questione ambientale e hanno contribuito al superamento della concezione utilitaristica dell'ambiente nella direzione dello sviluppo sostenibile[11], espressione di un'inversione di tendenza confermata dalla diffusione del fenomeno dell'economia circolare[12]. Quest'ultima propone il passaggio a nuovi modelli di produzione e consumo, capaci di conciliare le esigenze economiche, sociali e ambientali in maniera duratura. [13]

Ambiente ed economia rappresentano esigenze storicamente contrapposte che evocano in molti un ossimoro, senza sapere che invece ambedue condividono la medesima radice greca oikos[14]. Con l'avvento del concetto di sviluppo sostenibile, diventato ormai il leitmotiv dell'ultimo ventennio, la tutela dell'ambiente non può più̀ considerarsi un'utopia in contraddizione con il mito della crescita[15], e la fiscalità̀ è stata utilizzata nel tentativo di coniugare queste due esigenze[16].

Vista l'insufficienza dell'approccio regolamentare, a partire dagli anni Novanta la comunità internazionale e l'Unione europea hanno privilegiato il ricorso a strumenti fiscali per combattere la problematica ambientale. La fiscalità ambientale, urtando contro la logica dominante in materia tributaria, al fine di piegare le esigenze di budget alle finalità ambientali, è chiamata ad adattare le tradizionali categorie concettuali, nel tentativo di accedere a un'idea di fiscalità circolare che guardi ai fenomeni economici con una rinnovata sensibilità, privilegiando un approccio al tempo stesso economico, sociale ed ambientale.

Il rapporto tra la fiscalità e l'ambiente ha assunto diverse forme nel corso del tempo. La storia dimostra che la fiscalità ambientale si è affermata in una logica prevalentemente extrafiscale, in cui l'ambiente restava confinato nella ragione istitutiva della misura o nella finalizzazione del suo gettito alla causa ambientale. Essa era indirizzata prevalentemente al reperimento di risorse per redistribuire il costo del disinquinamento. Solo successivamente, sulla scia delle sollecitazioni internazionali ed europee, gli ordinamenti nazionali hanno cercato di far penetrare l'ambiente all'interno della struttura ontologica tributaria.

Il riconoscimento di strumenti fiscali ambientali ha incontrato forti limiti e aperto moltissime questioni circa la loro compatibilità con i principi tributari degli ordinamenti nazionali ed europeo. Il pericolo è che la protezione dell'ambiente venga usata come una chimera per rendere più facilmente accettabile l'introduzione di misure fiscali, sfruttando la teoria dell'illusione fiscale[17].

La fiscalità ambientale è un concetto ricorrente nella letteratura scientifica e quanto mai controverso. L'espressione "fiscalità" rappresenta un concetto di difficile definizione, dai contorni sfumati e incerti. Il fiscus, nell'etimo latino, designava il tesoro pubblico, ma era spesso utilizzato dal volgo per definire il piccolo paniere destinato a raccogliere il denaro.

Molto spesso, il termine fiscalità è utilizzato per indicare esclusivamente la prospettiva impositiva, ma in realtà occorre precisare che esso rappresenta un orizzonte più ampio di cui i prelievi tributari costituiscono solo una componente, insieme alle spese fiscali. Difatti, negli Stati moderni, il Tesoro pubblico rappresenta l'ente legittimato alla gestione sia delle entrate che delle spese.

All'interno della categoria delle entrate pubbliche ritroviamo le somme percepite a titolo di tributi imposti dallo Stato e dagli enti territoriali. I tributi costituiscono una delle categorie principali delle entrate, mentre nella categoria delle spese pubbliche sono ricomprese le cosiddette spese fiscali indirette, le quali ricomprendono tutte quelle misure fiscali che, sotto qualsiasi forma, rappresentano un costo per il budget dello Stato per via del mancato gettito a esse connesso.

Nell'ordinamento italiano, dal punto di vista giuridico-tributario, si suole fare riferimento alle spese fiscali con l'espressione "agevolazioni fiscali". L'aggettivo "ambientale", che accompagna il termine fiscalità, non solo individua quelle misure che riguardano l'ambiente in senso lato, ma è inteso come orientamento funzionale delle misure tributarie, volte alla tutela e promozione dell'ambiente. L'espressione "fiscalità ambientale", quindi, ricomprende ogni misura che rientri nell'alveo tributario, sia essa tributo o agevolazione fiscale, strumentale al miglioramento delle condizioni ambientali, sia che la protezione dell'ecosistema si manifesti nello scopo della misura o nella destinazione del suo gettito, nella base imponibile del prelievo o in un'agevolazione fiscale favorevole dell'ambiente.

Questo tipo di fiscalità si distingue da quella tradizionale perché caratterizzata principalmente dalla volontà di indirizzare le condotte degli attori economici in senso favorevole all'ambiente e solo secondariamente è tesa alla riscossione. Per rimediare a tale deriva, questa ricerca rivela invece la necessità di un cambio di paradigma che riporti al centro della nozione di fiscalità ambientale l'efficacia ambientale.

Il presupposto di tale imposizione è rappresentato dall'inquinamento in generale e il suo obiettivo consiste nell'aumentare il costo di beni e attività che producono o alimentano l'inquinamento, in modo tale da lasciare liberi i contribuenti di decidere se sostenere un maggiore onere economico, oppure ridurre il loro consumo cercando sostituti meno inquinanti e quindi più economici. Alla base delle agevolazioni fiscali ambientali vi è, al contrario, un comportamento eco-compatibile che deve essere incoraggiato in proporzione agli effetti positivi sull'ambiente o alle esternalità positive che produce.

 

3.             Le misure in materia ambientale contenute nel PNRR

La "Rivoluzione verde e transizione ecologica" [18] si pone il giusto obiettivo di migliorare la sostenibilità e la resilienza del sistema economico e di assicurare una transizione ambientale[19] equa e inclusiva, che elimini i divari territoriali e che possa tenere in debito conto tutti gli ambiti in cui si articola la sostenibilità: non solo quella ambientale, ma anche quella sociale ed economica. Il percorso verso la transizione ecologica[20] delineato nel Piano si inserisce pienamente nel solco delineato dal programma NGEU ben esemplificato dal target di rendere l'Unione Europea il primo continente climaticamente neutro in termini di emissioni al 2050.

Una rotta condivisibile, quella evidenziata nel PNRR, volta a sviluppare una strategia complessiva di adattamento resiliente alle mutate condizioni climatico-ambientali che punta alla realizzazione di infrastrutture e servizi ecosistemici e, al tempo stesso, alla riduzione dell'impatto delle attività antropiche sull'ambiente.

La Missione registra l'assegnazione della quota più̀ rilevante di risorse (59,33 miliardi di euro, a cui si aggiungono 1,31 miliardi del ReactEU e i 9,32 del Fondo complementare, per un totale di 69,96 miliardi), a dimostrazione della giusta considerazione che il PNRR ripone su questi settori ritenuti strategici per la ripartenza del Paese.

Quattro sono le componenti in cui si articola la Missione:

·         Economia circolare e agricoltura sostenibile - € 6,97 miliardi.

L'obiettivo è quello di rafforzare la competitività e le capacità logistiche nel settore agricolo, nonché le infrastrutture indirizzate all'economia circolare e alla gestione dei rifiuti;

·         Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile - € 25,36 miliardi.

L'obiettivo è incrementare la quota di energia prodotta da fonti di energia rinnovabile (FER), a promuovere la produzione, la distribuzione e gli usi finali dell'idrogeno e a rendere più̀ sostenibile la mobilità delle persone;

·         Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici - € 22,26 miliardi.

Occorre che il cantiere di questa importante riforma proceda in modo graduale e progressivo e che si sorregga su un processo strutturato di analisi costi e benefici, misurando gli effettivi impatti sui diversi comparti economici e, soprattutto, prevedendo l'accompagnamento delle imprese verso questo percorso con strumenti incentivanti e misure alternative e compensative. L'obiettivo è realizzare un programma di efficientamento e messa in sicurezza del patrimonio edilizio pubblico, con particolare riferimento a scuole e cittadelle giudiziarie e confermare gli incentivi per l'efficientamento energetico e l'adeguamento antisismico degli edifici residenziali privati (Superbonus 110%). Altro obiettivo è la realizzazione di reti di teleriscaldamento, che permettono di integrare l'efficienza energetica con l'uso delle rinnovabili;

·         Tutela del territorio e della risorsa idrica - € 15,37 miliardi.

L'obiettivo è quello di mettere in sicurezza il territorio nazionale attraverso la mitigazione dei rischi idrogeologici, la salvaguardia delle aree verdi e della biodiversità, l'eliminazione dell'inquinamento delle acque e del terreno.

 

3.1.            Economia circolare e agricoltura sostenibile

La prima componente (cui sono assegnati 6,97 miliardi di euro tra PNRR, ReactEU e Fondo complementare) - oltre a delineare interventi, volti a rafforzare la competitività e le capacità logistiche nel settore agricolo - introduce importanti misure indirizzate all'economia circolare e alla gestione dei rifiuti.

Obiettivo di fondo è quello di rafforzare le infrastrutture per la raccolta differenziata, ammodernando o sviluppando nuovi impianti di trattamento rifiuti ed andando così a colmare il divario tra le regioni del Nord e quelle del Centro-Sud. Una linea d'azione sicuramente condivisibile, poiché è proprio l'attuale inadeguatezza della dotazione impiantistica del nostro Paese ad aver rallentato la nascita di mercati green e lo sviluppo di nuovi modelli di produzione e di consumo sostenibili.

Bene, poi, il proposito di garantire una seconda vita a quantitativi crescenti di rifiuti prodotti, valorizzando adeguatamente gli scarti del trattamento e minimizzando l'impatto ambientale della loro gestione. Si tratta di una questione tanto più fondamentale, quanto più si accresce l'esigenza di ridurre la dipendenza dalla limitatezza di materie prime. Tutte sfide, queste, che il PNRR intende recepire con la volontà dichiarata di traguardare compiutamente un futuro di ripresa equa e sostenibile.

Tra le leve che si intendono utilizzare per rendere più funzionale il raggiungimento degli obiettivi programmati viene indicata anche l'implementazione di un nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti, il quale avrà il compito di supportare gli organi di controllo e le forze dell'ordine nella prevenzione e repressione. Si auspica che questo (nuovo) intervento di riforma si coordini ed integri con quanto si sta già facendo a livello nazionale sul tema della digitalizzazione dei documenti di trasporto e dei rifiuti.

 

3.2.            Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile

La seconda componente contiene misure (con uno stanziamento pari a 25,36 miliardi di euro tra PNRR, ReactEU e Fondo complementare) volte a incrementare la quota di energia prodotta da fonti di energia rinnovabile (FER), a promuovere la produzione, la distribuzione e gli usi finali dell'idrogeno e a rendere più sostenibile la mobilità delle persone.

Tra le riforme proposte per favorire la produzione di energie rinnovabili vi è un'ulteriore semplificazione dei processi autorizzativi, per impianti sia on-shore che off-shore, e l'estensione del perimetro di ammissibilità agli attuali regimi di sostegno.

Gli investimenti sono destinati a sostenere economicamente l'installazione di impianti a basso consumo di suolo o abbinati a tecnologie di stoccaggio, attraverso prestiti e sovvenzioni, finalizzati al raggiungimento della grid parity. Particolare attenzione viene rivolta all'eolico off-shore, ancora inesistente in Italia, ma che, secondo il PNIEC, dovrà contribuire alla transizione energetica già a partire dal 2025.

Obiettivi, tutti, ampiamente condivisibili, anche se sarà necessario verificare che le giuste politiche di incentivazione delle energie rinnovabili non accrescano ulteriormente il peso degli oneri generali di sistema, stimabili, oggi, in oltre 14 miliardi di euro a carico di imprese e famiglie.

Nella giusta direzione si muove anche l'obiettivo di integrazione delle energie rinnovabili nella rete di distribuzione elettrica, attraverso cospicui interventi di infrastrutturazione fisica e digitalizzazione della rete stessa.

Positivo è il riferimento alle comunità energetiche, strumento imprescindibile per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione previsti dal PNIEC e dal Green Deal europeo. Bene, quindi, lo stanziamento di risorse per l'installazione di nuova capacità di generazione elettrica in configurazione distribuita, anche se occorrerebbe parimenti intervenire sulla semplificazione degli adempimenti richiesti per la creazione delle comunità di energia rinnovabile. Solamente adottando modelli snelli e comprensibili sarà, infatti, pensabile di dare pieno sviluppo all'autoconsumo collettivo in Italia.

In un'ottica di economia circolare, apprezzabili sono gli investimenti previsti per il biometano, ottenuto massimizzando il recupero energetico dei residui organici. Il biometano garantisce, infatti, livelli emissivi sensibilmente ridotti rispetto al metano fossile e, al contempo, le sue applicazioni possono essere molteplici, tra cui quelle nei trasporti e nel terziario. Agli interventi di tipo economico, sono correttamente accostate riforme volte alla promozione della produzione e consumo di gas rinnovabile.

Rilevanti, poi, gli investimenti previsti per l'idrogeno. Risorse importanti ed anche strategicamente necessarie, proprio perché finalizzate ad evitare il ripetersi degli errori già commessi nel settore delle tecnologie per la produzione di energia rinnovabile, che hanno portato l'Italia a occupare una posizione subalterna rispetto ad altri paesi, con conseguenti perdite di indotto per le imprese italiane.

Gli investimenti previsti su questo fronte puntano, fin da subito, a realizzare una filiera italiana dell'idrogeno, tra cui la produzione degli elettrolizzatori, l'utilizzo delle energie rinnovabili per la produzione di idrogeno verde e lo sfruttamento delle aree dismesse, così da evitare un ulteriore consumo di suolo. Oltre alla produzione di energia, si prevede di introdurre l'idrogeno nella mobilità, con riferimento al trasporto merci su gomma e su ferro.

A questo riguardo, il Piano prevede la realizzazione di 40 stazioni di rifornimento per il trasporto stradale, localizzate nelle aree maggiormente interessate dal traffico dei veicoli pesanti (come, ad esempio, l'asse del Brennero) e di 9 stazioni per il rifornimento a idrogeno dei treni, nelle linee non elettrificate.

Un ruolo rilevante viene, inoltre, attribuito all'utilizzo dell'idrogeno nei settori cosiddetti hard-to-abate, tra cui l'industria siderurgica, al fine di dare il via alla produzione di acciaio verde in Italia.

Sempre con riferimento alla transizione energetica, importanti sono le misure proposte in supporto alla crescita della filiera italiana delle tecnologie rinnovabili, eolico e fotovoltaico nello specifico.

La componente prevede, inoltre, condivisibili investimenti significativi su mobilità ciclabile (0,6 miliardi di euro per 570 km di piste ciclabili urbane e 1.250 km di piste ciclabili per finalità turistiche), sistemi di trasporto rapido di massa (3,6 miliardi di euro per complessivi 240 km di metro, tram, filobus e funivie) - una cronica criticità delle città italiane -, colonnine per la ricarica elettrica dei veicoli (0,74 miliardi di euro per circa 22.000 punti di ricarica veloce o ultraveloce sulle autostrade e nei centri urbani), interventi per il rinnovo sostenibile di bus e treni (3,64 miliardi per 3.360 bus a ridotto impatto ambientale, 53 treni e 100 carrozze ferroviarie sostenibili).

A questo proposito, si evidenzia che una precedente bozza del Piano aveva positivamente previsto interventi per il rinnovo sostenibile anche delle flotte del trasporto marittimo, sia delle navi regionali, sia delle flotte dei privati impegnate in collegamenti di continuità territoriale e di cabotaggio di breve e medio lungo raggio, con contributi pari al 50% del costo di nuovi mezzi a LNG e interventi integrati per promuovere il rifornimento di tale carburante. Tali interventi, stralciati dal PNRR, sono stati parzialmente recuperati all'interno del fondo complementare nazionale, che dedicherà ulteriori 1,6 miliardi di euro alla mobilità sostenibile.

La sostenibilità, invero, non dovrebbe essere una sfida valida solo per alcune modalità, né limitata al solo trasporto pubblico locale inteso in senso stretto, ma, con un approccio maggiormente improntato alla neutralità tecnologica, dovrebbe coinvolgere tutte le diverse componenti della mobilità passeggeri e merci, pubblica e privata.

 

3.3.            Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici

La terza componente include due direttrici di intervento, cui sono assegnate risorse per un totale di 22,26 miliardi di euro tra PNRR, ReactEU e Fondo complementare. La prima riguarda la realizzazione di un programma di efficientamento e messa in sicurezza del patrimonio edilizio pubblico, con particolare riferimento a scuole e cittadelle giudiziarie.

La seconda direttrice di intervento riguarda la conferma degli incentivi per l'efficientamento energetico e l'adeguamento antisismico degli edifici residenziali privati (Superbonus 110%). Misura senz'altro positiva, anche se le indicazioni contenute nel Piano continuano ad escludere dal beneficio le imprese e i professionisti e non contemplano un timing adeguato di prosecuzione dell'intervento.

Da ultimo, si segnala lo stanziamento di risorse per la realizzazione di reti di teleriscaldamento, che permettono di integrare l'efficienza energetica con l'uso delle rinnovabili: una componente che risulta importante nel mix tecnologico per la decarbonizzazione del settore del riscaldamento e raffrescamento.

 

3.4.            Tutela del territorio e della risorsa idrica

Ampiamente positivi sono tutti gli obiettivi che si pone la quarta componente che è volta a mettere in sicurezza il territorio nazionale (stanziando risorse pari a 15,37 miliardi di euro tra PNRR e ReactEU), attraverso la mitigazione dei rischi idrogeologici, la salvaguardia delle aree verdi e della biodiversità, l'eliminazione dell'inquinamento delle acque e del terreno.

Si agirà, inoltre, puntando sulla manutenzione straordinaria degli invasi e completando i grandi schemi idrici ancora incompiuti, migliorando lo stato di qualità ecologica e chimica dell'acqua, la gestione a livello di bacino e l'allocazione efficiente della risorsa idrica tra i vari usi/settori (urbano, agricoltura, idroelettrico, industriale).

Tutte misure che si muovono nella giusta direzione, in quanto mirano contemporaneamente a garantire la salute dei cittadini e, sotto il profilo economico, ad attrarre investimenti e a valorizzare il nostro patrimonio naturalistico e paesaggistico. Tale componente, in particolare, introduce azioni per rendere il Paese più resiliente agli inevitabili cambiamenti climatici, proteggendo la natura e le biodiversità. Dispone, infine, la realizzazione di un sistema avanzato previsionale degli effetti dei cambiamenti climatici anche sulle diverse infrastrutture.

Al tema dell'innalzamento del mare - e ai suoi effetti su infrastrutture, porti e territori, è invece dedicato solo il riconoscimento della problematica, senza specifiche linee di intervento sul fronte della mitigazione degli impatti.

Affinché queste misure possano essere attuate in modo efficace, il PNRR sottolinea come siano necessarie riforme per semplificare e accelerare le procedure per l'attuazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico, il rafforzamento delle strutture tecniche di supporto dei commissari straordinari, il rafforzamento delle capacità operative delle Autorità di bacino distrettuale e delle Province, nonché la sistematizzazione dei flussi informativi e l'interoperabilità dei diversi sistemi informatici.

 

3.5.            Le misure in materia ambientale contenute nella Manovra 2023 (Legge 29 dicembre 2022, n. 197)

Dalla disamina degli interventi finanziari in materia di tutela e sostenibilità ambientale presenti nel PNRR, necessita porre l'attenzione sui recepimenti o sui mancati recepimenti di queste misure nella legge di Bilancio 2023[21].

All'art. 1, commi 685-690, da un lato si rifinanzia il credito d'imposta introdotto dalla legge di Bilancio 2019 con una dotazione di ulteriori 10 milioni per l'anno 2023 e dall'altro riproduce con le stesse finalità il testo della disposizione originaria, riconoscendo per gli anni 2023 e 2024 un credito d'imposta del 36% delle spese sostenute e documentate dalle imprese per gli acquisti di prodotti con materiali provenienti dalla raccolta differenziata degli imballaggi in plastica e imballaggi biodegradabili e compostabili secondo la normativa UNI EN 13432: 2002 o derivati dalla raccolta differenziata della carta e dell'alluminio.

Con l'art. 1, commi 685-690, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, viene istituito, per gli anni 2023 e 2024, un credito d'imposta del 36% entro il limite di 20.000 euro e nel tetto di spesa di 5 milioni di euro annui, a favore delle imprese che acquistano prodotti realizzati con materiali provenienti dalla raccolta differenziata degli imballaggi in plastica o imballaggi biodegradabili e compostabili o derivati dalla raccolta differenziata di carta, alluminio e vetro.

In particolare, l'elemento di novità rinvenibile al comma 685 ha il dichiarato fine di incrementare il riciclaggio delle plastiche miste e degli scarti non pericolosi dei processi di produzione industriale e della lavorazione di selezione e di recupero dei rifiuti solidi urbani. La norma, invero, in alternativa all'avvio al recupero energetico, nonché al fine di ridurre l'impatto ambientale degli imballaggi e il livello di rifiuti non riciclabili derivanti da materiali da imballaggio, dispone il rifinanziamento del credito di imposta di cui all'art. 1, comma 73, della legge di Bilancio 2019 (legge n. 145/2018), con una dotazione di ulteriori euro 10 milioni per l'anno 2023 per assicurare la copertura alle istanze pervenute a seguito dell'avviso emanato con D.M. del Ministro della transizione ecologica 14 dicembre 2021, pubblicato nella G.U. n. 33 del 9 febbraio 2022.

Si rammenta che i commi da 73 a 77 della legge di Bilancio 2019 riconoscono, per gli anni 2019 e 2020, un credito d'imposta nella misura del 36% delle spese sostenute dalle imprese per l'acquisto di prodotti realizzati con materiali provenienti dalla raccolta differenziata degli imballaggi in plastica nonché per l'acquisto di imballaggi biodegradabili e compostabili o derivati dalla raccolta differenziata della carta e dell'alluminio. La disciplina dei limiti di fruizione (pari a 20.000 euro per ciascun beneficiario e, complessivamente, a 1 milione di euro annui per gli anni 2020 e 2021) e le modalità di applicazione del credito d'imposta sono contenuti nel D.M. 14 dicembre 2021 (Requisiti tecnici e certificazioni idonee ad attestare la natura ecosostenibile dei prodotti e degli imballaggi secondo la vigente normativa europea e nazionale).

Nella relazione illustrativa alla legge di bilancio 2023, il Governo chiarisce che l'applicazione della norma originaria ha raggiunto gli obiettivi prefissati con una domanda pari a circa 4 volte le risorse disponibili. Nella relazione tecnica si precisa ulteriormente che sono necessarie risorse finanziarie per assicurare la copertura di ulteriori 566 istanze pervenute.

All'art. 1, il comma 686, riproduce esattamente, con le medesime finalità di cui al comma precedente, il testo della disposizione originaria, riconoscendo, per ciascuno degli anni 2023 e 2024, un credito d'imposta nella misura del 36% delle spese sostenute (e documentate) dalle imprese per gli acquisti di: o prodotti realizzati con materiali provenienti dalla raccolta differenziata degli imballaggi in plastica; o imballaggi biodegradabili e compostabili secondo la normativa UNI EN 13432: 2002[22] o derivati dalla raccolta differenziata della carta e dell'alluminio.

Analogamente a quanto previsto dall'art. 1, comma 74, della legge di Bilancio 2019, il comma 687 stabilisce che il credito d'imposta è riconosciuto fino a un importo massimo annuale di euro 20.000 per ciascun beneficiario, nel limite massimo complessivo di 5 milioni di euro annui per gli anni 2024 e 2025.

Il comma 688 precisa che il credito d'imposta è indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta di riconoscimento del credito, non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e non rileva ai fini della deducibilità degli interessi passivi (artt. 61 e 109, comma 5, del TUIR). Andrà indicato, quindi, la prima volta nel QUADRO RU dei Modelli Redditi 2024-2025 e di conseguenza nei quadri RS relativi. Il tax credit, infatti, deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa all'anno in cui è stato riconosciuto e in quelle degli anni successivi fino al suo esaurimento. Si rinvia a un decreto ministeriale di futura emanazione la specificazione dei requisiti tecnici (comma 690). Il credito è utilizzabile esclusivamente in compensazione e non si applica il limite annuale di 250.000 euro, di cui all'art. 1, comma 53, della legge n. 244/2007. Il credito è utilizzabile a decorrere dal 1° gennaio del periodo d'imposta successivo a quello in cui sono stati effettuati gli acquisti dei prodotti con modello F24 telematico.

Il comma 690 rinvia a un decreto del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro delle imprese e del made in Italy e con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la definizione: dei requisiti tecnici e delle certificazioni idonee ad attestare la natura ecosostenibile dei prodotti e degli imballaggi secondo la vigente normativa europea e nazionale e in coerenza con gli obiettivi di riciclaggio di materiali da imballaggio come da allegato E, parte IV, del D.lgs. n. 152/2006 (Norme in materia ambientale); nonché́ i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d'imposta.

 

4.             Conclusioni

Alla luce dell'esame delle misure contenute nel PNRR, la manovra approvata in via definitiva è priva di misure green ambiziose, che sarebbero state preziose alleate per accelerare la transizione ecologica del Paese, iniziando il nuovo anno con un deciso cambio di passo.

Il Governo Meloni non ha sfruttato appieno l'occasione per mettere al centro la fiscalità ambientale finalizzata alla riconversione produttiva e alla possibilità di contribuire con interventi concreti anche a contrasto della crisi climatica, l'altra grande emergenza mondiale sui cui la stessa Europa in questi anni ha chiesto più volte ai vari Paesi membri un'accelerazione con un programma di rilancio e interventi strutturali a favore del clima.

Assente in questa manovra da 35miliardi di euro la road map per l'eliminazione dei sussidi alle fonti fossili. Nel 2021 in Italia sono stati stanziati 41,8 miliardi di euro per le fonti fossili, ben 7,2 miliardi in più rispetto all'anno precedente: sussidi ambientalmente dannosi, che ritroveremo nuovamente nel 2023, sottraendo investimenti in innovazione ambientale per liberare famiglie e sistema produttivo dall'uso delle fossili.

Sul fronte energia era auspicabile un maggiore intervento a partire dall'istituzione di un fondo di garanzia per i più bisognosi per la realizzazione di comunità energetiche rinnovabili. Inspiegabile il rinvio della plastic tax e della sugar tax.

L'auspicio è che nel 2023 l'Esecutivo Meloni dia il via a nuovi provvedimenti governativi ambiziosi che mettano davvero al centro la transizione ecologica del nostro Paese. In particolare, per liberare l'Italia dalla dipendenza dall'estero bisogna accelerare sulla diffusione delle comunità energetiche e realizzare tanti grandi impianti a fonti rinnovabili, da quelli eolici a mare a quelli a terra, passando per l'agrivoltaico. È indispensabile, tuttavia, velocizzare gli itinera autorizzativi con nuove linee guida del Ministero della cultura per le sovrintendenze e una forte azione di sostegno e sollecitazione alle Regioni per potenziare gli uffici che autorizzano gli impianti.

Non dimentichiamo, infine, che il Piano nazionale di ripresa e resilienza, del quale sono arrivate le prime tranches di finanziamento, rappresenta un'opportunità cruciale per ridisegnare il volto dei prossimi anni dell'Italia. È un'occasione importante per semplificare gli itinera di autorizzazione e innalzare il livello qualitativo dei controlli ambientali, oggi ampiamente disomogenei sul territorio nazionale.



[1] Costituzionalismo ambientale - Atlante giuridico per l'Antropocene - Domenico Amirante, Professore di Diritto pubblico comparato e diritto dell'ambiente, Dipartimento di Scienze Politiche, Università degli studi della Campania "Luigi Vanvitelli" - Ed. Il Mulino, collana Le vie della civiltà, 10/2022

[2] L'energia attraverso il diritto - Prof. Raphael J. Heffron, LLM. - PhD. in Comparative Law and Processes of Integration Luigi Maria Pepe, Dipartimento di Scienze Politiche, Università degli studi della Campania "Luigi Vanvitelli" / Università di Dundee - Ed. Scientifica 2021.

[3] Le "comunità energetiche" come nuovi modelli giuridici di sviluppo sostenibile. Prime note sull'esperienza francese - Vincenzo Pepe, Professore di Diritto pubblico comparato e diritto dell'ambiente, Dipartimento di Scienze Politiche, Università degli studi della Campania "Luigi Vanvitelli" - Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XXII - Fascicolo n. 3/2022

[4] Diritto dell'ambiente e dell'energia, profili di comparazione - Carmine Petteruti, Professore di Istituzioni di diritto pubblico, diritto costituzionale comparato e diritto pubblico della sicurezza nel Dipartimento di Scienze Politiche «Jean Monnet», Università degli Studi della Campania «Luigi Vanvitelli». Ed. ESI - "Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli - Dipartimento di Scienze Politiche ‘Jean Monnet' - Quaderni" - n. 6/2020.

[5] Il diritto dell'energia fondato su principi. La transizione ecologica come giustizia energetica. LLM. - PhD. in Comparative Law and Processes of Integration Luigi Maria Pepe, Dipartimento di Scienze Politiche, Università degli studi della Campania "Luigi Vanvitelli" / Università di Dundee Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XXI - Fascicolo n. 4/2021

[6] Il diritto dell'energia nucleare in Italia e in Francia. Profili comparati della governance dei rifiuti radioattivi tra ambiente, democrazia e partecipazione - Luigi Colella, Professore di Istituzioni di diritto pubblico, diritto costituzionale comparato e diritto dell'ambiente Dipartimento di Scienze Politiche «Jean Monnet», Università degli Studi della Campania «Luigi Vanvitelli» - Ed. Aracne, Collana Diritto e ambiente, 2017

[7] I principi fondamentali e le dinamiche della tassazione ambientale nel sistema giuridico multilivello - Tommaso Ventre, Professore aggregato di fiscalità degli enti locali e di governance dei tributi locali all'Università della Campania Luigi Vanvitelli. Ed. ESI - Seconda Università degli Studi di Napoli, Jean Monnet - 2012.

[8] Diritto ambientale italiano e comparato. Principi - Domenico Amirante, Professore di Diritto pubblico comparato e diritto dell'ambiente, Dipartimento di Scienze Politiche, Università degli studi della Campania "Luigi Vanvitelli", Ed. Jovene, Collana Facoltà di Giurisprudenza SUN, 2003

[9] La fiscalità ha ricevuto un forte impulso dalla codifica del principio del "chi inquina paga", che ha consentito il collegamento tra le politiche ambientali e la materia tributaria. Quest'ultimo è comparso per la prima volta in atti di soft law emanati dall'OCSE. Nella Raccomandazione del 1972 esso veniva richiamato per obbligare l'inquinatore a compensare finanziariamente le misure di prevenzione e di lotta contro l'inquinamento, mentre nel 1974 fu utilizzato per estendere la compensazione fino a ricomprendere il risarcimento alle vittime. Esso costituiva la base giuridica per legittimare sia forme di risarcimento da responsabilità aquiliana, sia sanzioni amministrative o penali. Il principio del "chi inquina paga" venne poi codificato a livello internazionale nella Dichiarazione di Rio su ambiente e sviluppo sostenibile del 1992. L'articolo 16 recita, infatti, che le «autorità nazionali dovranno cercare di promuovere l'internalizzazione dei costi per la tutela ambientale e l'uso di strumenti economici, tenendo presente il principio, che chi inquina deve fondamentalmente sostenere il costo dell'inquinamento, con la dovuta considerazione dell'interesse pubblico e senza distorsioni del commercio e degli investimenti internazionali». Quanto alle fonti europee, il punto VI del Programma d'azione per la protezione dell'ambiente del 1973 prevedeva che qualsiasi spesa connessa alla prevenzione ed alla eliminazione delle alterazioni ambientali fosse a carico del responsabile. Successivamente, seguendo le sollecitazioni internazionali, la Commissione Europea affermava nella risoluzione n. 436 del 1975, che «le persone fisiche o giuridiche, di diritto pubblico o privato, responsabili di inquinamento debbono sostenere i costi delle misure necessarie per evitare o ridurre detto inquinamento. Ciò al fine di rispettare le norme o misure equivalenti stabilite dai pubblici poteri che consentano, laddove previsti, di raggiungere gli obiettivi di qualità prefissati». Accanto agli atti di soft law che lo enunciavano, fondamentale fu l'apporto della Corte di Giustizia, che come spesso accade, attraverso la sua giurisprudenza creativa tentò di adattare gli ordinamenti giuridici ai profili di novità pure in assenza di riferimenti normativi. Già nel 1980 essa affermava infatti che le disposizioni in tema di salvaguardia ambientale e sanitaria potevano comportare variegati e differenziati oneri per le imprese e che in mancanza di un ravvicinamento delle disposizioni legislative ed amministrative poteva risultare alterato il funzionamento del mercato comune. Nel 1987 il "chi inquina paga" è stato inserito all'interno del Trattato di Amsterdam all'articolo 130 R. Il principio in questione è stato recepito anche dai diritti nazionali e talvolta si riflette nelle loro Costituzioni. L'Italia ha recepito il principio del "chi inquina paga" con il D.lgs. 152/2006 contenente norme in materia ambientale. Parte della dottrina ha ritenuto che nonostante fosse contenuto in una fonte legislativa, potesse parlarsi di "costituzionalizzazione implicita" di tale principio in virtù del processo di adattamento del diritto nazionale a quello europeo. La giurisprudenza italiana si è espressa in senso favorevole alla efficacia generalizzata del principio del "chi inquina paga" che deve essere applicato anche dai giudici nazionali al fine di garantire all'ambiente una protezione giuridica interna uguale o più rigorosa di quella europea. Bisogna poi ricordare che all'esito della revisione costituzionale del Titolo V, avendo imposto l'art. 117 il rispetto della normativa europea i principi di cui all'articolo 191 del TFUE hanno definitivamente assunto una maggiore pregnanza nell'ordinamento italiano.

L'articolo 191 del TFUE in generale ed il principio del "chi inquina paga" in particolare è costituito da una formulazione vaga che ha alimentato numerose interpretazioni. Si tratta di un principio al tempo stesso economico e giuridico, di difficile applicazione, la cui analisi si è prestata a diverse interpretazioni. Dal punto di vista economico esso rappresenta un principio di efficienza economica, volto all'internalizzazione dei costi esterni causati dall'inquinamento ambientale alla società, allo scopo di ristabilire la verità dei prezzi e proteggere la libera concorrenza all'interno del mercato. Dal punto di vista giuridico è stata da alcuni esaltata la matrice civilistica e risarcitoria di tale principio, che attribuisce la responsabilità di un'azione a una persona fisica o giuridica, mentre da altri preferita la connotazione tributaria. I dubbi interpretativi che lo riguardano possono essere superati aderendo all'orientamento che assegna a tale principio una valenza aperta, dato che ogni Stato, nel rispetto delle proprie tradizioni giuridiche ed esigenze socioeconomiche è lasciato libero d'individuare le modalità applicative che ritiene più opportune per questo principio. Appare chiaro che il principio in esame vincoli i suoi destinatari esclusivamente quanto all'obiettivo da perseguire, mentre li lascia liberi di scegliere gli strumenti applicativi che si ritengano più opportuni, siano essi sanzioni, misure tributarie o forme di risarcimento del danno. Destinatari di tale principio programmatico risultano essere le istituzioni europee e nazionali, e non gli individui. Alcuni autori hanno criticato la rilevanza del principio del chi inquina paga rispetto alla logica di tutela dell'ambiente, limitando il suo ambito di applicazione alla fase correttiva e riparatoria degli effetti nocivi dell'inquinamento. Il fatto che il principio del chi inquina paga sia preceduto dalla congiunzione "nonché" significa che esso deve essere letto insieme ad i principi che lo precedono e non come un'alternativa. Di conseguenza la ratio del chi inquina paga deve individuarsi sia nella tutela che nella riparazione dell'ambiente. Questa lettura è rinforzata dall'adesione alla teoria ecocentrica che sembra registrarsi nel diritto ambientale nazionale ed internazionale. L'affermarsi della nozione unitaria e sistemica di ambiente conduce all'impossibilità di separare l'attività di prevenzione da quella di risanamento che devono caratterizzare l'attività di qualunque forma d'intervento in materia ambientale. Per questo motivo è possibile ricondurre ad una lettura ampia del "chi inquina paga" in coordinato con prevenzione e precauzione, sia misure correttive e compensative indirizzate a ridurre o eliminare gli effetti nocivi per l'ambiente. Tesi del Dottorato di ricerca in Diritto dell'economia, XXX Ciclo, "La fiscalità ambientale. Uno studio comparato Italia/Francia" - PhD Marina Bisogno - A.A. 2018/2019 - Dipartimento di Giurisprudenza, Università degli Studi di Napoli "Federico II".

[10] Riforma ecologica del fisco italiano: il contesto e le priorità - Andrea Zatti, Professore di Politiche Pubbliche e Ambiente presso l'Università degli Studi di Pavia - Rivista Ecco, il think tank italiano per il clima - 6 settembre 2021.

[11] Fare ambiente. Teorie e modelli giuridici di sviluppo sostenibile. Vincenzo Pepe, Professore di Diritto pubblico comparato e diritto dell'ambiente, Dipartimento di Scienze Politiche, Università degli studi della Campania "Luigi Vanvitelli - Ed. Franco Angeli, Collana La società. Saggi, 2009

[12] La strategia «plastic free» e i principi della direttiva europea 2019/904, tra economia circolare, diritto dell'ambiente ed ecologia integrale. Luigi Colella, Professore di Istituzioni di diritto pubblico, diritto costituzionale comparato e diritto dell'ambiente Dipartimento di Scienze Politiche «Jean Monnet», Università degli Studi della Campania «Luigi Vanvitelli». Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 4/2020

[13] Tesi del Dottorato di ricerca in Diritto dell'economia, XXX Ciclo, La fiscalità ambientale. Uno studio comparato Italia/Francia - PhD Marina Bisogno - A.A. 2018/2019 - Dipartimento di Giurisprudenza, Università degli Studi di Napoli "Federico II".

[14] Guardando all'etimologia greca dei termini ecologia ed economia, si nota una stretta relazione tra i due, accomunati dalla medesima radice οίκος - λόγος e οίκος - νόμος. Il termine ecologia fu introdotto da Ernst Haeckel nel 1866 nell'opera Morfologia generale degli organismi; in precedenza era utilizzata solo l'espressione "economia della natura".

[15] M. PRIEUR, Droit de l'environnement, droit durable, Dalloz, Parigi, 2011.

[16] Nicolas Thery afferma che esiste «une relation naturelle entre la fiscalité et l'environnement car la fiscalité est un instrument efficace pour établir une cohérence entre des comportements individuels et un objectif global de protection de la nature». Cfr. N. THERY, Le droit fiscal et l'environnement: continuités et ruptures, Droit de l'environnement, n. 175 (numéro spécial), gennaio 2010, p. 55.

[17] Buchman sosteneva che: «if a particular attitude is pervasive in the community, an opportunity is provided to levy a tax that will capitalise on such sentiment, making the burden appear less than might otherwise be the case», cfr. J.M. BUCHANAN, Public Finance in Democratic Process: Fiscal Institutions and Individual Choice, University of North Carolina Press, Berkley, 1967. La teoria dell'illusione finanziaria trova la sua prima affermazione nell'opera dell'economista italiano Amilcare Puviani, intitolata Teoria dell'illusione finanziaria, pubblicata nel 1903. Nella visione di Puviani, l'attività finanziaria era il mezzo attraverso cui la classe dominante manteneva, o accresceva i propri privilegi a danno dei dominati. Per questo motivo i governanti operavano artifici volti a occultare la reale entità̀ e la finalità delle imposte riscosse.

 

[18] Riflessioni e valutazioni sulle misure ambientali del PNRR, Confcommercio - Imprese per l'Italia, 2022

[19] Esperienze giudiriche di transizione ecologica e strategie per la mitigazione dei cambiamenti climatici - Vincenzo Pepe, Prof. Associato di Diritto Pubblico comparato, Università della Campania "Luigi Vanvitelli" - Rivista Scientifica Amministrazione e contabilità di Stato e degli enti pubblici, 2021

[20] La "transizione ecologica" nella Loi climat et résilience in Francia. Brevi note introduttive - Luigi Colella, Prof. Associato di Diritto Pubblico comparato, Università della Campania "Luigi Vanvitelli" - Rivista Scientifica Amministrazione e contabilità di Stato e degli enti pubblici, 2021

 

[21] Articolo 1, commi da 685 a 690 (Credito d'imposta per l'acquisto di materiali riciclati provenienti dalla raccolta differenziata); Articolo 1, comma 691 (Rifinanziamento Programma sperimentale Mangiaplastica); Articolo 1, commi 692 e 693 (Finanziamenti per interventi in materia di acque reflue oggetto delle sentenze di condanna della Corte di giustizia dell'Unione europea); Articolo 1, comma 694 (Bonifica area Trento Nord); Articolo 1, commi 695 e 696 (Fondo per il contrasto al consumo di suolo); Articolo 1, comma 697 (Interventi prevenzione dissesto idrogeologico Regione Calabria); Articolo 1, commi 698-700 (Rafforzamento delle capacità operative delle Autorità di bacino distrettuali).

 

[22] La norma tecnica UNI EN 13432: 2002 è la versione ufficiale in lingua italiana della norma tecnica europea EN 13432 (del settembre 2000) che specifica i requisiti e i procedimenti per determinare le possibilità di compostaggio e di trattamento anaerobico degli imballaggi e dei materiali di imballaggio.