Attualitą


Roberto Galisi

La disinformazione nell'era digitale e la comunicazione politica

 

 

 

L'avvento delle tecnologie ha modificato profondamente la società (Quarta rivoluzione industriale, Industria 4.0 e Intelligenza Artificiale) rivoluzionando il modo di vivere, lavorare e comunicare.

La rivoluzione digitale ha aperto le porte a un mondo di opportunità e progressi senza precedenti, ma questo progresso non è privo di sfide e rischi.

La diffusione delle tecnologie digitali ha portato a un rapido flusso di informazioni, trasformando il modo in cui accediamo, consumiamo e condividiamo notizie. Tuttavia, questa facilità di accesso alle informazioni ha anche dato origine a una crescente minaccia: la disinformazione[1].

Viviamo in un'epoca di disinformazione, un'epoca di marketing e menzogne vere e proprie. La menzogna non è una novità "ma la diffusione internazionale di informazioni false o fuorvianti è divampata nel secolo scorso, sospinta dalle nuove teconologie"[2].

Le informazioni false possono diffondersi viralmente sui social media in pochi istanti, raggiungendo un vasto pubblico prima che la correttezza dei fatti sia verificata, con l'aggiunta che gli algoritmi delle piattaforme digitali tendono a mostrare agli utenti contenuti che confermano le loro opinioni esistenti, creando così una "bolla informativa" che limita l'esposizione a diverse prospettive.

Le tecnologie avanzate consentono anche la creazione di contenuti falsi, comprese immagini e video manipolati i deepfake, che possono essere difficili da distinguere dalla realtà[3].

Quindi la disinformazione può anche influenzare il processo democratico, manipolando le opinioni degli elettori e indebolendo la fiducia nelle istituzioni[4].

Cosi come notizie false riguardo a cure mediche o pandemie possono avere gravi conseguenze sulla salute pubblica, portando a decisioni errate e comportamenti dannosi. Anche la diffusione di informazioni errate su gruppi etnici, religiosi o culturali può alimentare tensioni sociali e contribuire a conflitti.

La disinformazione nell'era digitale è diventata un problema significativo e complesso. La disinformazione, spesso chiamata "fake news"[5], si riferisce alla diffusione di informazioni false o fuorvianti con l'intenzione di ingannare o influenzare le persone. Nell'era digitale, questo problema è stato amplificato per diverse ragioni: con la diffusione delle piattaforme online e dei social media, è diventato estremamente facile per chiunque creare e condividere contenuti falsi o fuorvianti con un vasto pubblico in pochi click; molti siti web e blog pubblicano notizie false o fuorvianti per guadagnare click e visualizzazioni, contribuendo così alla diffusione della disinformazione.

Le persone tendono a cercare informazioni che confermano le loro opinioni preesistenti, rendendo più probabile che condivideranno e crederanno a contenuti che si allineano con le loro convinzioni, anche se sono falsi e gli autori di contenuti falsi possono rimanere anonimi online, il che rende difficile identificarli e responsabilizzarli per la loro disinformazione.

C'è da dire anche che grazie a internet oggi siamo entrati pienamente in una nuova era dell'informazione, l'informazione viene prodotta e distribuita direttamente dagli utenti che diventa un potenziale produttore di informazioni in quanto il prezzo è estremamente basso. Questo aumenta la possibilità per gli utenti di accedere a un grande quantità di contenuti grazie alle garanzie di libertà e pluralismo garantite proprio dai principi di Internet.

Da qui discende quella che lo stesso Benkler definisce "la ricchezza delle reti"[6], che amplia la nostra sfera di libertà e rafforza la partecipazione democratica. Tanti fenomeni, che hanno portato alla crescita delle libertà di cui godiamo, non si sarebbero potuti verificare senza Internet. Non solamente è stata enormemente potenziata la capacità di ciascuno di noi di interagire con gli altri, esprimere le proprie opinioni e raccogliere informazioni. "I watchdogs del potere si sono moltiplicati ed è per questo che i detentori del potere, specie (ma non solo) nei sistemi illiberali, temono Internet. È sufficiente pensare al ruolo che hanno avuto i social network nel promuovere manifestazioni e rivolte, in tutto il mondo, contro i regimi oppressivi e come, nelle democrazie pluralistiche, la ‘ricchezza delle reti' ha rafforzato enormemente la trasparenza della vita politica e amministrativa avvicinandosi all'ideale democratico del ‘governo del potere pubblico in pubblico'"[7].

La comunicazione politica in molte democrazie sembra aver attraversato tre fasi successive nel dopoguerra. Ognuna è imperniata su un principio organizzativo distintivo.

Le dinamiche e l'evoluzione della comunicazione politica sono saldamente legate alla mutazione delle strutture sociali, il cambiamento dei valori, il peso delle ideologie, la condizione dei sistemi politici, la globalizzazione culturale economica e lo sviluppo tecnologico. In relazione a tali fattori che, dal dopoguerra ad oggi sono state individuati dagli inglesi Blumler e Kavanagh tre fasi della comunicazione politica[8]. La prima fase che va dalla fine del conflitto agli anni 50', una seconda che si sviluppa negli anni 60' e si esaurisce al termine degli 80'; l'ultima che dagli anni 90' si estende fino a comprendere l'epoca attuale.

Nella prima fase l'istituzione centrale è rappresentata dal partito, il cittadino si identifica integralmente nel partito, nella sua ideologia, struttura e simbologia in un rapporto di tipo fideistico. "Il sistema partitico è stato strettamente articolato a spaccature radicate di struttura sociale; e molti elettori legati alla politica attraverso identificazioni di partito più o meno solide e durature"[9] In questa fase la comunicazione politica ha come primo destinatario le strutture interne di partito che non riconoscono un leader capace di personalizzare la battaglia ma unicamente il partito come entità del consenso, della partecipazione e dell'appartenenza. Gli strumenti che vengono usati in questo periodo per comunicare il messaggio politico sono i comizi pubblici, i manifesti di propaganda, la stampa, i giornali di partito, le radio e le sezioni territoriali. È una fase contraddistinta da una comunicazione di tipo interpersonale (tu per tu, porta a porta) e da un messaggio di propaganda che difficilmente arriva a convertire, nell'epoca delle grandi ideologie totalizzanti: il cittadino elettore della Democrazia Cristiana difficilmente avrebbe votato comunista. In questa fase il livello della partecipazione dei cittadini alla dimensione politica è bassa, come il livello benessere sociale e di istruzione; solo i membri di partito vivono la dinamica politica.

La seconda fase, che prende vita dai primi anni '60, è contraddistinta dalla rivoluzione mediatica importata dalla nascita della televisione, diventando "il mezzo dominante della comunicazione politica"[10].

Grazie a questo nuovo strumento, che inizia gradualmente a diffondersi nelle case di milioni di persone, che i personaggi politici di rilievo dei vari partiti divengono accessibili e popolari a milioni di cittadini in una dimensione nazionale ed internazionale. Così i cittadini assistono ai primi confronti televisivi fra politici, al dibattito, al confronto e allo scambio di visioni. A tal proposito, un episodio emblematico per comprendere la rivoluzione improntata dalla tv alla comunicazione politica è il confronto televisivo fra John Fitzegerald Kennedy e Richard Nixon, il primo dibattito politico elettorale televisivo della storia. All'evento J.F. Kennedy si presenta come un uomo di bell'aspetto, ben vestito, brillante, dai modi cortesi, intraprendente e con un sorriso da promoter, diversamente dall'avversario Nixon che si presenta agli occhi dell'opinione pubblica mondiale con un aspetto dimesso, un abbigliamento grigio e formale ed un atteggiamento sterile. In seguito al confronto televisivo, la diversità d'immagine presentata dalla tv e trasmessa dai due politici si manifestò per la prima volta sulla percezione dei cittadini, ad esempio: molti sondaggi sui cittadini che avevano seguito il dibattito via radio davano per vincente il candidato Repubblicano Nixon, dal momento che avevano ritenuto che vi fossero argomentazioni politicamente migliori; al contrario dei sondaggi effettuati sui cittadini che avevano appreso il dibattito via tv; i quali premiavano il più "telegenico" Kennedy.

Il primo confronto elettorale televisivo apre le porte ad una nuova dimensione e stabilisce un nuovo modo di espressione della comunicazione che non si riduce unicamente all'atto verbale. La diffusione di massa della tv la nascita del fattore "telegenicità" all'interno del confronto politico coincide con la spettacolarizzazione della politica, se l'immagine è importante, allora i partiti e la politica devono attrarre, sedurre nei modi, nelle simbologie, nel vestiario, nella cultura, negli atteggiamenti; non basta più avere buone argomentazioni: bisogna piacere. Cambia il linguaggio, diviene più vicino a chi sta dall'altra parte dello schermo ed è qui che nascono i primi fenomeni di personalizzazione della politica, emergono i primi leader che impersonano e montano questi aspetti affermandosi sulla scena pubblica. In questo periodo iniziano ad affievolirsi e ad attenuarsi le ideologie totalizzanti che avevano accompagnato i decenni precedenti; la fidelizzazione dell'elettorato non è più così radicale, i partiti tradizionali e quelli nuovi cavalcano lo scenario televisivo per riscuotere il consenso sull'opinione pubblica e su quell'elettorato ora più disponibile ed eterogeneo. In Italia il primo partito a smarcarsi dai tradizionali retaggi e dalle forme della comunicazione politica tradizionale è il Partito Socialista Italiano guidato da Bettino Craxi. Il quale nel corso degni anni 80' rivoluzionerà i termini della propaganda politica, della veste del partito e dell'immagine del politico. Televisioni, talk, intrattenimento, gigantografie pubblicitarie, slogan, aperitivi elettorali.

Si trasforma completamente la figura del politico che si spoglia della veste grigia e austera imbastita di "politichese" per lasciare spazio a nuovi politici che parlano un linguaggio più vicino ai cittadini, e comunicano con efficacia i messaggi di una società che si è evoluta e trasformata rispetto ai decenni passati. Un nuovo modo di comunicare e fare politica riscuoterà forte successo nel paese e nell'elettorato, che verrà di fatto poi parzialmente emulato e ripreso da nuove forze politiche che si affacceranno sulla scena politica nazionale nel decennio successivo.

La terza fase[11] è quella che gli studiosi individuano da inizi anni 90' e con le dovute diversificazioni arrivano a comprendere il momento attuale. In questo periodo assistiamo alla nascita e alla diffusione di numerosi nuovi strumenti di comunicazione. Aumenta in modo netto la commercializzazione dei sistemi di comunicazione, e l'attenzione del mondo dell' informazione si sposta su ambiti economicamente più redditizi come moda, finanza e gossip, aumentano i talk show con passerelle di politici - i media cambiano la loro visione della politica - le ideologie totalizzanti già in crisi nei decenni precedenti perdono ulteriormente terreno, nascono e si diffondono le prime forme di populismo, le agenzie mediatiche sempre più aziende da profitto nella loro opera di diffusione dell'informazione fanno leva sempre più sui sentimenti e sulla sfera privata del cittadino coinvolgendolo in sfere del dibattito pubblico prima completamente a lui estranee, condizionando la politica da sensazioni e comportamenti provenienti all'esterno dello scenario politico. La proliferazione, moltiplicazione e la frammentazione dei canali, sistemi e piattaforme mediatiche consente ai partiti e ai singoli politici di individuare determinate nicchie di elettori a cui costruire ed indirizzare i propri messaggi, le proprie idee e linee politiche, grazie anche ai nuovi sistemi tecnologici. Conquistare fasce di elettorato più sensibili e affini alle posizioni del partito e del politico specificando e perfezionando il contenuto e il significato più mirato per riscuotere la loro fiducia. In questa fase vengono parallelamente sviluppati strumenti che consentono di effettuare indagini di mercato: la politica diventa sempre più interesse e meno idea, appartenenza , nascono la posta elettronica ed i primi siti web. La posta elettronica permette di implementare e innovare i modi e i tempi della comunicazione sia all'interno dei partiti fra sedi centrali e territoriali, dirigenti e militanti, fra cittadini e strutture centrali delle formazioni politiche. La nascita di internet il più importante mezzo di comunicazione di massa permette di connettere dispositivi da ogni parte del mondo. Tali strumenti rivoluzionano e rivoluzioneranno il modo di comunicare e anche di fare politica di lì ad oggi. Il dibattito politico entra per la prima volta in una dimensione che non è più quella materiale ma digitale, dove interagisce con milioni di utenti digitali.

"Intensificazione della professionalizzazione della politica"[12]. Con il procedere della terza fase, la dipendenza dei politici dall'assistenza professionale è destinata ad aumentare ulteriormente.

In passato, il personale qualificato si è sempre attaccato ai partiti politici, offrendo il loro know-how organizzativo, competenze politiche o talenti di scrittura vocale. Le nuove reclute hanno competenze specifiche per i media e le comunicazioni persuasive. Per molti versi, sono le nuove élite della politica che rappresentano l'approccio professionale dei politici alla gestione dei media e alla resistenza alle loro pressioni.

In un sistema di comunicazione più abbondante ma frammentato, la familiarità degli specialisti con i diversi canali di informazione e il loro pubblico (ora più differenziato), la capacità di pianificare le campagne in dettaglio, e l'organizzazione di risposte tempestive agli eventi quotidiani, tendenze di opinione registrate da sondaggi di opinione e focus group, le accuse di oppositori politici, e le strutture di notizie definite dai giornalisti saranno ancora più indispensabile.

 

 

 



[1] Cfr. Cailin O' Connor, James Owen Weatherall, L'era della disinformazione. Come si diffondono le false credenze, Franco Angeli, 219, pag.15

[2] Ibidem, pag. 22

[3] I deepfake sono foto, video e audio creati grazie a software di intelligenza artificiale (AI) che, partendo da contenuti reali (immagini e audio), riescono a modificare o ricreare, in modo estremamente realistico, le caratteristiche e i movimenti di un volto o di un corpo e a imitare fedelmente una determinata voce.

[4] AGCOM, Tavolo tecnico per la garanzia del pluralismo e della correttezza dell'informazione sulle piattaforme digitali, Rapporto tecnico - Le strategie di disinformazione online e la filiera dei contenuti fake, 2018.

[5] Cfr C. Magnani, Libertà di espressione e fake news, il difficile rapporto tra verità e diritto. Una prospettiva teorica, in Costituzionalismo.it, fascicolo 3/2018, p. 7

[6] Y. Benkler, The Wealth of Networks: How Social Production Transforms Markets and Freedom (New Haven: Yale University Press, 2006), pag. 64.

[7]Cfr. G. Pitruzzella, a cura di G. Pitruzzella - O. Pollicino - S. Quintarelli, La libertà di informazione nell'era di Internet, Milano, 2017, pag 22

[8] Cfr. J. G. Blumler and D. Kavanagh. The third age of political communication: Influences and features. Political communication 16.3 (1999): 209-230.

[9] Ibidem pag 211

[10] Ibidem 212

[11] Ibidem, pag. 213

[12] Ibidem pag. 213