Diritto
Antonio Verderosa*
*dottore in Scienze Giuridiche e abilitato all'esercizio della professione forense
ABSTRACT: La figura tutta italiana della guardia zoofila si inserisce nel più vasto tema della tutela degli animali nell'ordinamento. Premesse riflessioni generali sull'animal law e sul valore costituzionale della dignità animale, il seguente lavoro analizza la disciplina normativa e le conclusioni raggiunte dalla giurisprudenza di legittimità sulle guardie zoofile, non mancando di evidenziare le questioni problematiche. In ottica comparatistica, l'elaborato si concentra sui modi in cui le esperienze giuridiche continentali tutelano la dignità animale, in particolare soffermandosi sulle scelte compiute nell'ordinamento tedesco. Infine, si dà atto delle recenti iniziative parlamentari in materia nel contesto italiano e si offrono spunti di riflessione e prospettive de iure condendo.
Sommario: 1. Premessa: il diritto degli animali e la nuova sensibilità giuridica al fenomeno. 2. Le guardie zoofile nel panorama italiano: una figura dai contorni non chiari. 3. La tutela degli animali nel contesto europeo: riflessioni sul modello tedesco del Tierschutzgesetz. 4. La recente proposta di legge Brambilla. 5. Conclusioni e prospettive de iure condendo.
1. Premessa: il diritto degli animali e la nuova sensibilità giuridica al fenomeno
La tematica della protezione degli animali nell'ordinamento giuridico è stata oggetto di alterne fortune. Pur a fronte di numerose riflessioni etico-filosofiche sulla condizione dell'animale nel corso dei secoli[1], la branca del c.d. animal law, avente ad oggetto la tutela giuridica del mondo animale dall'azione cruenta degli uomini, si sviluppò solo nel periodo del Secondo Dopoguerra nelle esperienze degli ordinamenti di common law australiano e nordamericano[2]. L'impressione, tuttavia, è che anche in tali contesti la riflessione giuridica non sia mai riuscita a liberarsi del tutto, se non in tempi abbastanza recenti, dalla visione antropocentrica del mondo, ove ciò che è diverso dall'uomo non riceve approfondimento scientifico se non in relazione agli effetti che si riverberano sull'uomo stesso. Se ciò è vero per il contesto nord-americano, ove nonostante gli sforzi profusi gli animali sono ancora definiti come chattels, ossia meri beni mobili, a maggior ragione quanto detto è valido nel contesto italiano, in cui l'animal law è ancora un diritto di nuovo conio[3]. L'affermazione, tuttavia, va rimeditata alla luce della nuova sensibilità ambientale e animale maturata sia dalla società che dall'universo del diritto.
Soffermandoci sull'approccio nostrano al fenomeno della protezione degli animali, nell'osservare il suo mutamento dalle origini agli albori dell'Italia postunitaria[4] fino ai giorni nostri, è possibile scorgere una nuova visione non antropocentrica. Fin da subito si precisa che l'animale è ancora sostanzialmente considerato quale res oggetto di tutela piuttosto che come soggetto titolare di diritti. Ciò è ben evidente sol che si considerino i principali riferimenti contenuti nel diritto civile[5] e penale[6]. Negli ultimi anni, tuttavia, emerge la riflessione di autorevoli autori[7], supportata da un importante quadro normativo sovranazionale[8], che scopre una nuova e autonoma dignità giuridica e valoriale per l'animale ex se. Al culmine di questo percorso si pone la recente introduzione del comma 3 dell'art. 9 della Costituzione ad opera della L. costituzionale n. 1/2022, ove espressamente si prevede che la Repubblica «tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali»[9]. In tale norma, la differenziazione esplicita tra tutela dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi e tutela degli animali[10], attuata nel quadro dei principi supremi della Costituzione, sembra avallare la definizione dell'animale quale «essere senziente»[11], oggetto di tutela individuale e diretta da parte dell'ordinamento e non più mediata dal soddisfacimento di bisogni umani ovvero dalla realizzazione di diritti fondamentali[12].
La scelta costituzionale offre uno specifico addentellato normativo alla protezione degli animali, ponendosi come presa di coscienza da parte del legislatore non solo della maturata esperienza giuridica, ma anche della mutata concezione sociale del fenomeno, che riguarda sia le Istituzioni della Repubblica che la società civile tutta, alla luce del principio di sussidiarietà orizzontale, costituzionalizzato dalla nota riforma del Titolo V con L. costituzionale n. 3/2001. Infatti, con l'art. 118, comma 4 Cost. si statuisce il tendenziale favore dell'ordinamento nei riguardi della «autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale» e si dà vita al fenomeno di «cittadinanza societaria» in virtù del quale pubblico e privato cooperano nella realizzazione delle finalità di carattere collettivo[13].
In questo contesto di tensione dialettica tra tutela costituzionale rafforzata ed esclusiva degli animali e favore per il decentramento di funzioni dallo Stato-apparato alla società civile si inserisce la figura delle guardie zoofile.
2. Le guardie zoofile nel panorama italiano: una figura dai contorni non chiari
Per guardie zoofile si intendono quei soggetti privati con compiti di vigilanza e protezione degli animali, nonché di repressione degli illeciti commessi a loro danno. La categoria in esame è stata oggetto di attenzioni dottrinali e dibattiti giurisprudenziali secondo percorsi argomentativi non sempre lineari, anche in ragione della complessa regolamentazione statale e regionale della figura; pertanto, ai fini di una migliore comprensione delle principali questioni problematiche, è prioritaria un'analisi dell'evoluzione della normativa in materia[14].
Il primo riferimento alle guardie zoofile è contenuto all'art. 7 della L. n. 611/1913, recante «Provvedimenti per la protezione degli animali», ove è statuito che «le guardie nominate dalle Società protettrici degli animali saranno riconosciute come agenti di pubblica sicurezza [...]». Se in un primo momento, dunque, le guardie zoofile sono riconosciute come agenti di pubblica sicurezza, tuttavia, con l'art. 5 del D.P.R. n. 150/2019 sulla «Perdita della personalità giuridica di diritto pubblico dell'Ente nazionale protezione animali», le stesse mantengono ferma la sola qualifica di guardie giurate, utilizzabili «a titolo volontario e gratuito dai comuni singoli o associati e comunità montane per la prevenzione e repressione delle infrazioni dei regolamenti generali e locali, relativi alla protezione degli animali ed alla difesa del patrimonio zootecnico».
Ulteriore richiamo si rinviene all'art. 3, commi 3 e 4 lett. b), della L. n. 281/1991, «Legge quadro in materia di animali d'affezione e di prevenzione del randagismo», a rigor del quale «le regioni adottano [...], sentite le associazioni animaliste, protezioniste e venatorie, che operano in ambito regionale, un programma di prevenzione del randagismo», che deve prevedere «corsi di aggiornamento o formazione per il personale delle regioni, degli enti locali e delle unità sanitarie locali [...] nonché per le guardie zoofile volontarie che collaborano con le unità sanitarie locali e con gli enti locali»[15]. Proprio la materia del randagismo ha permesso a molte regioni di intervenire sulla regolamentazione con una articolata normativa di dettaglio. Si pensi, a titolo esemplificativo, alla L. regionale n. 3/19 e al Regolamento Regionale n. 1/2020, con cui la Regione Campania ha avuto modo di precisare la disciplina delle guardie zoofile volontarie, in particolare relativamente alle procedure di nomina e all'attività espletata[16].
Alle normative richiamate, che intendono in ogni caso le guardie zoofile come guardie particolari giurate non più qualificabili come agenti di pubblica sicurezza, va aggiunta la definizione contenuta nella L. statale n. 189/2004, avente ad oggetto «Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate». Nello specifico, la legge del 2004, che principalmente ha inciso sulla normazione penale in materia introducendo al codice penale il titolo IX-bis sui delitti contro il sentimento per gli animali, all'art. 6, comma 2, affida la vigilanza sul rispetto della legge e delle norme relative alla protezione degli animali «anche, con riguardo agli animali di affezione, nei limiti dei compiti attribuiti dai rispettivi decreti prefettizi di nomina, ai sensi degli articoli 55 e 57 del codice di procedura penale, alle guardie particolari giurate delle associazioni protezionistiche e zoofile riconosciute».
Delineato il quadro normativo di riferimento, si può subito comprendere la non chiara intelligibilità delle leggi, che sembrano operare simultaneamente e secondo ambiti applicativi non perfettamente delineati. Non è un caso, infatti, che tale confusione normativa si rifletta sulle pronunce della giurisprudenza penale e amministrativa chiamata a risolvere i maggiori contrasti in relazione a status, ambito di intervento e funzioni delle guardie zoofile, con risultati non sempre pacifici[17]. E' in ogni caso incontroverso che la norma di riferimento della disciplina delle guardie zoofile è l'art. 6, comma 2, L. n. 189/2004, che tuttavia solleva diversi interrogativi interpretativi a causa della sua formulazione.
Primo motivo di contrasto si rileva in ordine alla portata del riconoscimento richiesto alle associazioni protezionistiche e zoofile legittimate a richiedere al Prefetto il rilascio del decreto di nomina a guardie giurate particolari zoofile in favore dei propri associati a norma del combinato disposto degli artt. 6, comma 2, L. n. 189/2004 e 138 T.U.L.P.S.[18]. Sul punto, il TAR Lecce, adottando un'interpretazione teleologica dell'art. 6 citato, ha ritenuto che il riconoscimento richiesto sia quello del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, non bastando il riconoscimento del Ministero della Salute[19]. Infatti, solo il riconoscimento da parte del Ministero dell'Ambiente, implicando una valutazione dell'attività posta in essere dagli enti associativi privati istanti, risponde alla finalità di tutela degli animali di affezione dell'art. 6, comma 2; diversamente, il riconoscimento del Ministero della Salute concerne la diversa finalità, prevista ex art. 3, comma 1, L. n. 189/2004, di individuare le associazioni cui affidare gli animali oggetto di sequestro o confisca. Il TAR Lecce ha evitato, invece, di soffermarsi sulla possibilità di ritenere l'associazione riconosciuta a fronte dell'iscrizione in apposito albo regionale delle associazioni per la protezione degli animali, limitandosi a prendere atto della circostanza che, nel caso in specie, non vi fosse alcun riferimento all'iscrizione de quo nella domanda avanzata alla Prefettura di Brindisi. La questione non è irrilevante, stante la prassi di molte prefetture di ritenere requisito sufficiente, ai fini della legittimità della richiesta per ottenere la nomina a guardia zoofila, l'iscrizione al registro regionale, come confermato da una decisione del TAR Lazio che alimenta i dubbi sul punto[20], anche in mancanza di interventi normativi chiarificatori[21].
La questione più spinosa, tuttavia, attiene ai confini delle funzioni svolte dalle guardie zoofile. Infatti, premesso che il decreto prefettizio di nomina attribuisce i compiti e dunque perimetra l'ambito territoriale e funzionale di intervento delle guardie, l'art. 6, comma 2, espressamente limita la loro competenza ai soli «animali d'affezione». Tale assunto, basato su una interpretazione letterale della normativa e accolto dalla prevalente giurisprudenza[22], tuttavia è avversato da un orientamento minoritario[23] che ritiene i compiti di vigilanza finalizzati a prevenire e reprimere i maltrattamenti contro gli animali anche non d'affezione secondo la ratio di tutela della legge del 2004, facendo leva anche sulle competenze che spetterebbero alle guardie zoofile in quanto agenti di polizia giudiziaria[24]. Dunque, secondo la tesi dominante, le guardie zoofile operano con esclusivo riferimento agli animali d'affezione e, pertanto, vanno distinte dai soggetti che operano in settori di intervento diversi, quali ad esempio le guardie venatorie o ittiche, il cui statuto è radicalmente diverso[25]. A ben vedere, il contrasto non può dirsi risolto anche per le difficoltà ermeneutiche che emergono nella definizione dell'«animale d'affezione», e delle correlate espressioni di animale «da compagnia» o «domestico». Infatti, a fronte di plurime definizioni normative internazionali[26] e nazionali[27], neanche la giurisprudenza è giunta ad una chiara indicazione su quali siano gli animali d'affezione, limitandosi a statuire che la categoria non può riguardare esclusivamente specie determinate in base a convenzioni sociali[28], ma che allo stesso tempo la definizione non può essere rimessa a criteri meramente soggettivi[29].
Ulteriore interrogativo inerisce alla qualifica da attribuire alle guardie zoofile di cui all'art. 6, che affida alle guardie particolari giurate compiti di vigilanza, negli ambiti e nei limiti di cui si è detto, «ai sensi degli articoli 55 e 57 del codice di procedura penale[30]». E' ormai dato pacifico che le guardie zoofile siano agenti di polizia giudiziaria in relazione alle funzioni svolte e secondo le facoltà conferite, per materia e per territorio, dalla legge e dal decreto prefettizio di nomina[31]. Pertanto, fuori dai limiti prescritti le guardie restano privati cittadini con tutto ciò che ne consegue in relazione alla commissione di eventuali reati[32] da parte delle stesse. Inoltre, dalla qualifica di agente di polizia giudiziaria discende che le guardie zoofile possono compiere, nei casi di necessità e urgenza, esclusivamente il sequestro probatorio (mezzo di ricerca della prova), essendo la misura cautelare reale del sequestro preventivo operazione di pertinenza dei soli ufficiali[33].
Il dibattito, lungi dal definirsi sopito, mai oggetto di interventi nomofilattici delle Sezioni Unite e dell'Adunanza Plenaria, resta di piena attualità, anche in ragione delle modifiche costituzionali e del nuovo intendimento del diritto degli animali di cui si è dato conto in premessa. Di ciò sono dimostrazione le recenti iniziative parlamentari in materia.
3. La tutela degli animali nel contesto europeo: riflessioni sul modello tedesco del Tierschutzgesetz
Dato uno sguardo d'insieme alla disciplina delle guardie zoofile, vale la pena evidenziare che la scelta di affidare a privati autorizzati compiti di tutela che altrimenti graverebbero sull'apparato pubblico rappresenta una soluzione del tutto singolare dell'ordinamento italiano. Una disamina comparata su come viene approcciato il tema della salvaguardia degli animali in altre esperienze giuridiche può dare prova di quanto detto.
Sicuramente, le soluzioni adottate dai legislatori nazionali sono influenzate, da un lato, dalla distribuzione di funzioni e poteri, dall'altro, dai risultati raggiunti sulla protezione degli animali e sull'intendimento in merito alla loro soggettività giuridica nel singolo Stato. Infatti, così come non può dubitarsi del fatto che il limite della vigilanza delle guardie zoofile agli animali d'affezione sia frutto dell'emersione nel contesto italiano solo in tempi recenti del valore costituzionale della dignità animale, allo stesso modo va preso atto dell'esistenza di ordinamenti in cui la transizione dello status degli animali da oggetto di disciplina a soggetti di diritto è già in uno stato avanzato.
Tra le esperienze giuridiche in cui è più evidente questa sensibilità verso la questione animale si distingue, in particolare, quella tedesca, essendo la Germania il Paese europeo con la tradizione più consolidata nel riconoscimento della soggettività giuridica animale, nonché il primo Stato Membro dell'Unione Europea ad aver introdotto in Costituzione una norma a tutela dell'animale in quanto tale.
Nello specifico, il 26 luglio 2002 il Parlamento tedesco ha modificato l'art. 20a del Grundgesetz, così introducendo la protezione dell'animale tra i fini dell'azione statale[34]. La norma, in virtù della quale «lo Stato tutela, assumendo con ciò la propria responsabilità nei confronti delle generazioni future, i fondamenti naturali della vita e gli animali mediante l'esercizio del potere legislativo, nel quadro dell'ordinamento costituzionale, e dei poteri esecutivo e giudiziario, in conformità alla legge e al diritto», è stata definita uno Staatsziel, ossia una norma di scopo di natura programmatica che non può attribuire immediatamente posizioni giuridiche, ma necessita di attuazione da parte dei poteri pubblici[35]. In ogni caso, la scelta del legislatore costituzionale è stata accolta favorevolmente dal momento che con il nuovo art. 20a G.G. è stata fornita copertura costituzionale a posteriori alla Legge sulla protezione degli animali (Tierschutzgesetz)[36], scarsamente attuata fino a quel momento nonostante gli spunti innovativi dalla stessa forniti.
Quest'ultima ha come ratio la protezione del benessere degli animali sulla base della responsabilità degli esseri umani. Ciò è espressamente previsto ex art. 1 TSchG, in virtù del quale, inoltre, «nessuno può causare dolore, sofferenza o danno a un animale senza una buona ragione». La disciplina è particolarmente dettagliata, abbraccia ambiti di intervento vasti e numerosi (tra questi, la cura nella detenzione degli animali, il trasporto degli stessi, la loro uccisione, la sperimentazione) ed è supportata dalla previsione di apposite sanzioni penali ed amministrative.
Volendo porre un parallelismo tra la normativa italiana e quella tedesca, da una disamina della legge tedesca emerge a primo impatto la differente impostazione prescelta rispetto al modello italiano delle guardie zoofile. Infatti, nel Tierschutzgesetz non compare alcun riferimento ad una categoria di privati volontari cui sono affidati compiti di vigilanza in materia di salvaguardia degli animali; conseguentemente, non è indicata neanche una categoria specifica di animali cui si ricollega un modus servandi particolare, a differenza di quanto previsto per gli animali d'affezione ex art. 6, comma 2, L. n. 189/2004. In particolare, l'art. 15 del TSchG, contenuto nella Sezione XI, recante le modalità di attuazione della legge, prevede che «le autorità responsabili ai sensi della legge del Länd saranno responsabili dell'attuazione della presente legge e di qualsiasi ordinanza emessa ai sensi della presente legge»[37]. In tema di vigilanza, l'art. 16 TSchG individua dei campi di intervento soggetti alla supervisione dell'autorità competente. Si stabilisce, inoltre, che persone fisiche e giuridiche, nonché associazioni di persone prive di capacità giuridica, forniscano «all'autorità competente, su richiesta, le informazioni necessarie [...] per adempiere ai compiti loro assegnati». Degna di nota è l'attribuzione ex art. 16§3 alle «persone autorizzate dall'autorità competente nonché [a]gli esperti della Commissione della Comunità europea e degli altri Stati membri» di poteri di accesso, ispezione di documenti, esame e prelevamento di campioni degli animali, registrazione di immagini e suoni per formulare osservazioni. Tali facoltà sembrano assimilare i soggetti individuati dall'Autorità tedesca alle guardie italiane; tuttavia, il parallelismo potrebbe risultare azzardato, dal momento che le guardie zoofile, a differenza di quanto si riscontra nel sistema tedesco, sono dotate della qualifica di agenti di polizia giudiziaria in relazione alle funzioni svolte nell'ambito della loro competenza. Infine, l'art. 16 bis TSchG prevede che gli ordini necessari per porre fine alle infrazione rilevate e per prevenire eventuali infrazioni future siano emessi dall'autorità competente. Pertanto, in generale e salvo quanto si è detto in relazione ai compiti di supervisione, il legislatore tedesco sceglie di affidare l'attuazione della legge sulla protezione degli animali a soggetti istituzionali, tenendo comunque conto della libertà dei singoli Länder nella designazione e articolazione delle autorità responsabili[38]. Non è, invece, contemplato, quantomeno a livello federale, l'utilizzo di soggetti della società civile come guardie giurate particolari per adempiere a compiti istituzionali. Recentemente, comunque, lo Stato della Germania ha deciso di implementare il coordinamento istituzionale in materia; infatti, il Consiglio federale ha approvato un progetto di modifica del Tierschutzgesetz, in particolare prevedendo l'istituzione di un Commissario federale per la protezione degli animali, avente il compito di rafforzare la comunicazione istituzionale tra il Governo federale e i Länder e di porsi come interlocutore per i cittadini e le autorità in merito alle questioni inerenti alla salvaguardia degli animali[39].
4. La recente proposta di legge Brambilla
Tornando al contesto italiano, nel nebuloso quadro normativo e giurisprudenziale nazionale si inserisce la proposta di legge A.C. 30 Brambilla, attinente a «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni per l'integrazione e l'armonizzazione della disciplina in materia di reati contro gli animali». La proposta di legge, in linea con la rinnovata attenzione verso la tematica animalista, all'art. 1 prevede la modifica della rubrica del Titolo IX-bis del libro II del codice penale da« Dei delitti contro il sentimento per gli animali» a «Dei delitti contro gli animali». La variazione, lungi dall'essere una mera questione terminologica, pone l'accento sul cambio di prospettiva in materia e sulla nuova visione non antropocentrica del diritto penale degli animali. Infatti, ratio della proposta è rendere l'animale, da oggetto di tutela mediato dal sentimento umano, oggetto immediato di tutela, così ulteriormente dando credito a quegli orientamenti dottrinali che caldeggiano il superamento della visione dell'animale quale res in favore di una sua definizione come soggetto di diritti. La proposta Brambilla, infatti, nel prevedere nuove fattispecie incriminatrici, circostanze aggravanti, ulteriori ipotesi di confisca, inasprimenti sanzionatori dei reati già disciplinati nel codice penale, modifiche al codice di procedura penale e al D.lgs. 231/2001, si pone in continuità con le iniziative nazionali intraprese per allinearsi ai dettami europei, in particolare per quanto attiene al riconoscimento della dignità animale quale valore che esige una protezione rafforzata, così attuando quell'«adeguamento verso l'alto delle forme di tutela degli animali» previsto dal nuovo art. 9, comma 3, Cost[40].
La riforma, originariamente, interveniva anche sulla posizione delle guardie zoofile, prevedendo l'art. 11 una modifica dell'art. 6, comma 2, della L. n. 189/2004. Nello specifico, si statuiva la soppressione dell'inciso «con riguardo agli animali di affezione», così ampliando le competenze delle guardie zoofile a tutti gli animali a prescindere dalla distinzione tra animali di compagnia/di affezione, da reddito e simili. Tale modifica, tuttavia, è stata in seguito soppressa da un emendamento[41], con cui si è preferito lasciare intatta l'originaria competenza delle guardie zoofile. La proposta, ad ogni modo, è ancora oggetto di dibattito in Commissione Giustizia alla Camera dei Deputati.
5. Conclusioni e prospettive de iure condendo
La proposta di legge Brambilla, come visto, si pone come iniziativa sicuramente positiva per l'emergere della soggettività animale e per l'evoluzione in generale dell'animal law nel contesto italiano. Tuttavia, la disciplina delle guardie zoofile resta immutata, così come immutate restano le controversie interpretative sull'art. 6, comma 2, della legge del 2004. Sarebbe auspicabile, a riguardo, una chiarificazione legislativa per porre fine ai contrasti giurisprudenziali in merito al tipo di riconoscimento richiesto alle associazioni protezionistiche, allo status[42], ai compiti, ai limiti della vigilanza delle guardie zoofile. L'intervento definitorio potrebbe servirsi dell'interpretazione evolutiva, in armonia con il nuovo art. 9, comma 3, Cost., in parte già adottata dalla giurisprudenza in relazione a figure diverse, ma comunque legate al tema ambiente[43]. Infine, il legislatore dovrà in ogni caso confrontarsi con la necessità di un ampliamento del campo operativo delle guardie zoofile oltre l'incerta categoria degli animali d'affezione. A riguardo, un emendamento discuteva l'aggiunta all'inciso dell'art. 6, comma 2, «agli animali di affezione» dell'ulteriore lemma «e da compagnia», ponendo una distinzione tra due concetti (l'affezione e la compagnia) spesso usati nella legislazione come un'endiadi. Sul punto, forse, sarebbe non peregrina l'idea di rivedere il limite dell'animale di affezione con contestuale indicazione delle specie animali che possano rientrare nella competenza delle guardie zoofile, sulla falsariga dell'approccio adottato nel regolamento UE n. 576/2013 sui movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia[44]. A ben vedere, infatti, il concetto stesso di affezione non si discosta considerevolmente da quella visione antropocentrica che si cerca di superare, dal momento che si tratta di un sentimento definibile solo in relazione ad un essere umano che lo prova. Inoltre, implementare il raggio operativo delle guardie zoofile significa sostanzialmente aumentare gli strumenti giuridici previsti dall'ordinamento in tema di protezione degli animali, con l'ulteriore pregio di far ciò tramite soggetti privati che assolvono compiti che altrimenti graverebbero sulle forze di polizia. Alla fine, l'ampliato intervento delle guardie zoofile favorirebbe quella sinergia tra pubblico e privato nella realizzazione di fini di interesse generale, attuativa del principio costituzionale della sussidiarietà orizzontale[45].
Ad ogni modo, le prospettive indicate sono da considerarsi semplici spunti di riflessione e certamente non pretendono di porsi come linee guida di politica legislativa, le quali potrebbero essere meglio definite in sede di dibattito parlamentare.
[1] Plutarco nel I secolo d.C. criticava fortemente, anche richiamando la scelta pitagorica di non mangiare carne, la visione antropocentrica del mondo. Celebre l'incipit della declamazione del De esu carnium: «Tu ti chiedi per quale motivo Pitagora si astenesse dal mangiar carne? Io per parte mia mi domando stupito quale evenienza, quale stato d'animo o disposizione mentale abbia spinto il primo uomo a compiere un delitto con la bocca, ad accostare le labbra alla carne di un animale morto e a definire cibo e nutrimento, davanti a tavole imbandite con corpi morti e corrotti, membra che poco prima digrignavano i denti e gridavano, che potevano muoversi e vedere [...]».
[2] In verità, già in precedenza, in Inghilterra e negli Stati Uniti, la tematica della protezione dell'animale iniziava ad entrare nel dibattito giuridico grazie all'intervento dei legislatori nazionali tramite leggi anticrudeltà, ove tuttavia non poteva ancora parlarsi di "diritti degli animali". Esempio emblematico di tale politica legislativa è il Massachusetts Colony Body of Liberties del 1641, documento di stampo coloniale che precede la nascita dello Stato Federale nordamericano, in virtù del quale «no man shall exercise any Tiranny or Crueltie towards any bruite Creature which are usually kept for man's use. [...] ». L'animal law, invece, nasce negli anni Settanta del XX secolo quale settore del diritto inerente al rapporto tra animali e regole giuridiche, sviluppandosi unitamente all'environmental law in un quadro di mutata attenzione a tutto ciò che è (certamente in relazione, ma) sicuramente "altro" rispetto all'uomo. Cfr. sulla nascita e sullo sviluppo dell'animal law D. Cerini, Il diritto e gli animali: note gius-privatistiche, Giappichelli, 2012, Torino; sull'evoluzione del diritto internazionale dell'ambiente v. P. Dell'Anno - E. Picozza, Trattato di diritto dell'ambiente Vol. Primo, CEDAM, 2012, pp. 16 e ss.
[3] Si consideri che la riflessione contenuta in F. Rescigno, I diritti degli animali. Da res a soggetti, Giappichelli, 2005, risale a circa 20 anni fa; lo stesso Autore in F. Rescigno, I diritti animali nella prospettiva contemporanea: l'antispecismo giuridico e la soggettività animale, in L. Scaffardi - V. Zeno-Zencovich (a cura di), Cibo e Diritto. Una prospettiva comparata, Atti del XXV colloquio biennale Associazione Italiana di Diritto Comparato, Parma 23-25 maggio 2019, Roma, 2020 afferma che «quando nel 2005 uscì il mio libro sui diritti degli animali ben pochi giuristi in Italia si occupavano della questione animale e venne probabilmente considerato come una bizzarria [...]».
[4] Il riferimento è alla lettera del 1871 di Giuseppe Garibaldi, il quale, su ispirazione della duchessa Anna Winter, scrisse al medico Timoteo Riboli incaricandolo di istituire la Società Protettrice degli Animali contro i mali trattamenti, ossia la prima associazione a protezione degli animali di respiro nazionale da cui poi sarebbe nato l' Ente Nazionale Protezione Animali. Per approfondire l'origine storica e l'evoluzione dell'ENPA si rinvia al sito www.enpa.org.
[5] L'animale, infatti, è ancora collocato nella categoria residuale dei beni mobili di cui all'art. 812 c.c., nonostante l'avvertito anacronismo di tale impostazione. Anche la giurisprudenza penale, in alcune decisioni, ha preso posizione annoverando gli animali tra le res. A titolo esemplificativo, sull'ammissibilità del sequestro preventivo dell'animale, v. Cass. pen., Sez. III, 22/12/2016, n. 54531, con nota di S. Michelagnoli, Legittimo il sequestro preventivo di animali domestici: per la cassazione sono res, in Dir. Proc. Pen., 2017.
[6] Si consideri inoltre il Titolo IX-bis del Libro II del Codice Penale, introdotto dalla L. 189/2004 e rubricato «Dei delitti contro il sentimento per gli animali». Anche in questo caso, si predilige una tutela penale mediata del bene-animale, che acquista dignità di oggetto (secondario) di tutela solo in ragione del bene giuridico del sentimento (umano) della pietà nei suoi riguardi. A dire il vero, il punto non è pacifico, dal momento che varie tesi giurisprudenziali e dottrinarie ritengono che i reati del Titolo IX-bis siano in realtà plurioffensivi e posti a tutela anche dell'animale quale bene giuridico. Per approfondire v., ex multis, A. Massaro, I reati "contro gli animali" tra aspirazioni zoocentriche e ineliminabili residui antropocentrici, in Cultura e Diritti, 1/2018, pp.79 ss; F. Fasani, I reati contro gli animali: una nuova lettura?, in Archivio Penale, 3/2022. Sul punto, si tenga conto delle prospettive di riforma di cui si dirà.
[7] v. ex plurimis, D. Cerini, Il diritto e gli animali: note gius-privatistiche, Giappichelli, 2012, Torino; D. Cerini, Le parole contano, specialmente nel diritto: gli animali sono esseri senzienti, non cose, in Quaderni di Diritto degli animali. Profili etici, scientifici e giuridici, 2023; D. Cerini, Lo strano caso dei soggetti-oggetti: gli animali nel sistema italiano e l'esigenza di una riforma, in dA. Derecho Animal (Forum of Animal Law Studies), vol. 10/2, 2019, pp. 27-38; F. Rescigno, Animali e Costituzione: prodromi della soggettività giuridica, in D. Buzzelli (a cura di), Animali e diritto, i modi e le forme di tutela, Pacini, Pisa, 2023; G. Martini, L'impervio percorso della soggettività animale, in D. Buzzelli (a cura di), Animali e diritto, i modi e le forme di tutela, Pacini, Pisa, 2023;
[8] D. Cerini, Lo strano caso dei soggetti-oggetti: gli animali nel sistema italiano e l'esigenza di una riforma, in dA. Derecho Animal (Forum of Animal Law Studies), vol. 10/2, 2019, analizza in una prospettiva comparatista le linee evolutive sul tema nei principali ordinamenti continentali e di common law mettendo in evidenza la tendenza di «costituzionalizzazione» e di «dereificazione» dell'animale. Sul versante più propriamente sovranazionale-internazionalistico, si considerino la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia (firmata a Strasburgo nel 1987 e ratificata dall'Italia con L. n. 201/2010) e l'art. 13 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea di cui si dirà.
[9] Cfr. F. Rescigno, Animali e Costituzione: prodromi della soggettività giuridica, in D. Buzzelli (a cura di), Animali e diritto, i modi e le forme di tutela, Pacini, Pisa, 2023, pp. 13 e ss., che parla di superamento del «tabù costituzionale dell'immodificabilità dei primi 12 articoli della Carta»; v. anche A. Gasparre, Guardie zoofile alla ricerca di un'identità giuridica: sono legittimate ad operare il sequestro preventivo?, in Discrimen, 2024, p.16, ove si evidenzia che l'art. 9, comma 3, Cost. contiene sia una riserva di legge che una dichiarazione di intenti di valore politico. Per approfondire sul nuovo art. 9, comma 3, Cost., v. anche A. Cincotta, Note minime in occasione di alcune recenti riforme. L'integrazione dell'art. 9 Cost., una riforma davvero necessaria? La tutela penale del patrimonio culturale come materia codicistica "riservata", in Sistema penale, 26/05/2023; C. Cupelli, La salvaguardia degli animali in Costituzione: le ricadute sul sistema penale della legge costituzionale n. 1 del 2022, in D. Buzzelli (a cura di), Animali e diritto, i modi e le forme di tutela, Pacini, Pisa, 2023; R. Fattibene, Una lettura ecocentrica del novellato articolo 9 della Costituzione, in Nomos, 2022.
[10] Cfr. sul rapporto tra "rights of Nature and rights of Animals" nell'esperienza nord-americana K. Stilt, Rights of Nature, Rights of Animals, in Harvard Law Review Forum, Volume 134, 2021, pp. 276 ss.
[11] La definizione è di stampo europeo: ci si riferisce all'art. 13 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea come modificato dal Trattato di Lisbona, nello specifico attraverso il Protocollo sul benessere degli animali. Sul punto, e più in generale per approfondire il "difficile binomio animali-diritto", cfr. D. Cerini, Il diritto e gli animali: note gius-privatistiche, Giappichelli, 2012, Torino.
[12] v. M. Lottini, Guardie zoofile nella giurisprudenza: una recente sentenza del giudice amministrativo (Nota a sentenza TAR Lazio (Roma), Sez. I, 20 giugno 2023 n. 10428), in Rivista giuridica europea Vol. VI n. II, 2023, p 49.
[13] v. R. Garofoli - G. Ferrari, Manuale di diritto amministrativo, Nel diritto editore, 2023, p. 245; sul dibattito giurisprudenziale relativo al principio di sussidiarietà v. anche Cons. St., Sez. atti norm., 6 marzo 2003, n. 1354 e Cons. St., Sez. atti norm, 25 agosto 2003, n. 1440; per un approfondimento sulla tematica della sussidiarietà anche in ottica comparatistica v. V. Pepe, La sussidiarietà nella comparazione giuridica. L'esperienza francese, Jovene, Napoli, 2002.
[14] Sul punto, cfr. la ricostruzione normativa di M. Lottini, Le guardie zoofile tra problematiche normative ed interpretazioni giurisprudenziali, in Rivista quadrimestrale di Diritto dell'Ambiente,1/2019, pp. 80 ss.; v. anche M. Lottini, Guardie zoofile nella giurisprudenza: una recente sentenza del giudice amministrativo (Nota a sentenza TAR Lazio (Roma), Sez. I, 20 giugno 2023 n. 10428), in Rivista giuridica europea Vol. VI n. II, 2023, pp. 39 e ss.
[15] v. in tema di vigilanza venatoria l'art. 27, comma 2, L. n. 157/1992, recante «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio», in cui si statuisce che la vigilanza oggetto della normativa è affidata, tra i vari soggetti, anche alle «guardie ecologiche e zoofile riconosciute da leggi regionali».
[16] Sul punto, v. gli artt. 21 L. regionale 3/19 e 1 del Regolamento regionale n. 1/2020, con cui si statuisce che le «guardie zoofile volontarie regionali sono nominate dal Presidente della Giunta regionale, su proposta delle associazioni per la protezione degli animali e la prevenzione del randagismo [...] e svolgono i loro compiti a titolo volontario e gratuito». Inoltre, a norma dell'art. 3 Regolamento regionale n. 1/2020 le guardie «operano per conto delle associazioni cui sono iscritte e svolgono le loro attività in collaborazione con l'ASL competente », con specificazione delle attività dalle stesse espletate al comma 4. Sono inoltre previsti obblighi di formazione e aggiornamento, relazioni annuali sull'attività di vigilanza, doveri e norme di comportamento specifici ex artt. 2, 4 e 5 Reg. regionale n. 1/2020.
[17] P. Brambilla, Le guardie venatorie volontarie come agenti di polizia giudiziaria: l'imprimatur del giudice amministrativo e del giudice penale, in Rivista giuridica dell'ambiente, 2001, p. 264, definisce il contrasto «un carosello giurisprudenziale dei più mossi».
[18] v. TAR Campania, Napoli, Sez. V, 3 agosto 2020 n. 3487, in cui si statuisce che la frattura del rapporto fiduciario tra guardia giurata e associazione protezionistica di cui è parte legittima la revoca della nomina da parte del Prefetto.
[19] TAR Lecce, sez. III, 17/09/2018, n. 1344, con nota di M. Lottini, cit.; il TAR Lecce riprende le conclusioni già raggiunte in Cons. St., sez. I, parere n. 1141 del 15/04/2015.
[20] Cfr. TAR Lazio, Roma, sez. I-ter, 1/10/2018, n. 9670. Si noti che la decisione del TAR romano è praticamente contestuale alla pronuncia del TAR Lecce.
[21] Unico tentativo (non soddisfacente) di fare chiarezza si ha con la Circolare n. 557/PAS/U/009889/10089 del Ministero dell'Interno del 28/06/2017 che, dopo aver dato atto delle normative dei diversi tipi di vigilanza volontaria, semplicemente statuisce che «le normative sopraindicate recano le indicazioni di base in relazione alle associazioni legittimate ad esprimere proprie guardie volontarie che, per lo più, devono essere iscritte in appositi albi o registri statali o regionali».
[22] Così Cons. St., sez. III, 13/10/2016, n. 4653; v. anche Cons. St., sez. III, 23/06/2016, n. 3329 che ritiene le guardie zoofile competenti in relazione ai soli animali d'affezione «perché diversamente l'inciso non avrebbe senso». Recentemente, TAR Lazio, sez. I- ter, 6/12/2022, n. 1907 ha ritenuto che le funzioni di polizia giudiziaria delle guardie si esplichino solo relativamente alla prevenzione e repressione dei maltrattamenti sugli animali domestici e di compagnia. La scelta di limitare l'intervento a determinate categorie di animali è stata ritenuta legittima da Cons. St., sez. III, 21/06/2022, n. 5202. Depongono nello stesso senso, nella giurisprudenza penale, Cass. Pen., sez. VI, 7/05/2019, n. 21508, Silveri, CED 275676-01; Cass. Pen., sez. III, 9/04/2008, n. 23631 Lovato, CED 240231-01; Cass. Pen., sez. III, 7/10/2020, n. 6146, Girardi, CED 281322-01.
[23] v. TAR Umbria, 27/04/2005, n. 193.
[24] Cass. Pen., sez. VI, 14/03/2019, n. 27992, Faccio, CED 276224-01; particolarmente interessante le conclusioni raggiunte in Cass. Pen., sez. III, 18/05/2011, n. 28727, Scoppetta, CED 250609-01, per cui la competenza delle guardie zoofile si estende anche ad animali diversi da quelli di affezione.
[25] Sulle guardie venatorie, v. TAR Emilia-Romagna, 6/10/1999, n. 569 e Cass. Pen., sez. III, 1/04/1998, con commento di P. Brambilla, Le guardie venatorie volontarie come agenti di polizia giudiziaria: l'imprimatur del giudice amministrativo e del giudice penale, in Rivista giuridica dell'ambiente, 2001. Cfr. anche A. Gasparre, Guardie zoofile alla ricerca di un'identità giuridica: sono legittimate ad operare il sequestro preventivo?, in Discrimen, 2024. In tema di vigilanza venatoria, la norma di riferimento di cui all'art. 27 L. 157/1992 riconosce la qualifica di agenti di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza solo agli agenti dipendenti dagli enti locali delegati dalle regioni, mentre ne sono sprovviste le guardie volontarie delle associazioni venatorie riconosciute «in ragione della notoria delicatezza delle funzioni stesse, presupponenti una stabile inserzione del soggetto che le esercita nel contesto organizzatorio pubblico» (così TAR Veneto, sez. I, 9/01/2018, n. 25, che richiama come precedenti conformi TAR Veneto, sez. II, 18/03/2004, n. 3913, Cons. St. Sez. VI, n. 381/2010, nonché Cass. pen., Sez. V, 07/11/2016, n. 50061; Cass. pen., Sez. feriale, 27/08/2013, n. 41646; Cass. pen., Sez. III, 15/02/2008, n. 14231). Per Cons. St., sez. IV, 26/01/2007, n. 298 le leggi in materia di caccia e pesca sono leggi speciali che esulano dall'ambito applicativo dell'art. 57 c.p.p. come confermato dalla clausola di salvaguardia prevista nell'incipit della norma.
[26] Si consideri l'art. 1 della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagni, in cui si prevede che «per animale da compagnia si intende ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto dall'uomo, in particolare presso il suo alloggio domestico, per suo diletto e compagnia». A livello europeo, invece, il Regolamento UE n. 576/2013 sui movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia individua in apposita tabella le specie rientranti tra gli animali di compagnia, contribuendo ad una tipizzazione della categoria.
[27] Nella citata L. n. 281/1991 sono considerati animali d'affezione in primis i cani e i gatti, come dimostrato dalla formulazione dell'art. 2; tuttavia, all'art. 5 inerente alle sanzioni si specifica che le stesse sono irrogate a chiunque abbandoni « cani, gatti o qualsiasi altro animale custodito nella propria abitazione». Ulteriore definizione è contenuta nell'accordo Stato-Regioni sul benessere degli animali da compagnia e pet-therapy, il cui art. 1, comma 2, definisce animale da compagnia « ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto, dall'uomo, per compagnia o affezione senza fini produttivi od alimentari, compresi quelli che svolgono attività utili all'uomo, come il cane per disabili, gli animali da pet therapy, da riabilitazione, e impiegati nella pubblicità».
[28] Sul punto, TAR Puglia, Lecce, sez. II, 6/03/2018, n. 388 ha considerato animale di compagnia un equide; per la soluzione favorevole a considerare animali d'affezione anche quelli detenuti dall'uomo a scopi prettamente economici v. Corte di Giustizia UE, C-189/01, 12/07/2001, Jippes, con nota di D. Bellantuono, Quattro pecore, due capre, due associazioni animaliste olandesi e la normativa comunitaria contro l'afta epizootica, in Foro.it, 2001, IV, p. 393.
[29] Cfr. Cons. St., sez. I, 10/01/2018, n. 293, che esclude dagli animali d'affezione la fauna selvatica.
[30] A norma dell'art. 55 c.p.p. le funzioni degli agenti e degli ufficiali di polizia giudiziaria consistono nel « prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale», nonché nello svolgere « ogni indagine e attività disposta o delegata dall'autorità giudiziaria»; l'art. 57, comma 3, c.p.p., invece, individua come ufficiali e agenti di polizia giudiziaria le persone « alle quali le leggi e i regolamenti attribuiscono le funzioni previste dall'articolo 55 » nei limiti del servizio cui sono destinate e secondo le rispettive attribuzioni.
[31] Trib. Santa Maria Capua Vetere, sez. I, 30/11/2016, n. 421, con nota di D. Russo, La (controversa) qualifica delle Guardie zoofile riconosciute dalla legge 20 luglio 2004, n. 189, e il sequestro preventivo d'urgenza di animali, in Riv. DGA, n. 1/2017. V. anche Cass. Sez. I Pen. 30 novembre 1996, n. 10282, P.M. in proc. Lauretani.
[32] In questa casistica la questione è strettamente connessa all'estensione o meno della competenza delle guardie agli animali non d'affezione. Ad esempio, per Cass. pen., sez. IV, 14/03/2019, n. 27992, Faccio, cit, non sussiste il reato di usurpazione di funzioni pubbliche di cui all'art. 347 c.p. nei confronti di guardie zoofile che operino per proteggere animali anche non d'affezione. Contra, però, v. Cass. pen., sez. VI, 7/05/2019, n. 21508, Silveri, cit, che ritiene integrato il reato nella (diversa e speciale) materia venatoria.
[33] Così Trib. Santa Maria Capua Vetere, sez. I, 30/11/2016, n. 421 in relazione ad un sequestro di animali esotici. D. Russo, cit, ben evidenzia la rilevanza della questione. Nello specifico, l'art. 113 disp. att. c.p.p. statuisce che gli agenti di polizia giudiziaria, nei casi di necessità e urgenza, possono compiere anche (e solo) gli atti previsti dagli artt. 352 e 354, commi 2 e 3. Il dato normativo, tuttavia, non considererebbe che, in materia di reati contri gli animali, il sequestro preventivo è più confacente alla tutela, anche tenuto conto che l'art. 544-sexies c.p. prevede la confisca obbligatoria dell'animale, salvo che appartenga a persona estranea al reato, nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i delitti previsti dagli articoli 544 ter, 544 quater e 544 quinquies. Ad ogni modo, l'eventuale sequestro illegittimamente compiuto dagli agenti di polizia giudiziaria resterebbe assorbito dal sequestro preventivo contestualmente disposto dal G.I.P., dal momento che si tratta di provvedimento autonomo rispetto all'ordinanza di convalida. Negli stessi termini, cfr. F. Greco - D. Russo, La condizione giuridica degli animali nell'ordinamento italiano. L'esperienza della Procura di Napoli Nord, in Diritti & Giurisdizione, 2/2019.
[34] Il precedente art. 20a, inserito dalla Legge di modifica del 27 ottobre 1994, si limitava a prevedere la conservazione dell'ambiente naturale di vita per l'uomo in relazione alla protezione di una specie o di una razza. Nel 2002, invece, si è optato per la salvaguardia del singolo animale ex se in un'ottica di ethische Tierschutz tesa a vietare le sofferenze non necessarie.
[35] Così E. Buoso, La tutela degli animali nel nuovo art. 20° del Grundgesetz, in Quaderni costituzionali, 2003, pp. 371 ss., in cui si dà atto del quadro normativo e del dibattito dottrinario e giurisprudenziale precedente alla modifica del 2002. In particolare, premesso che una tutela (sia pur simbolica) era già prevista in molti Länder, l'Autore si sofferma sull'avvertita necessità di introdurre una norma che consentisse il bilanciamento costituzionale tra diritti fondamentali dell'individuo e dignità animale (valore destinato a cedere se previsto espressamente solo da una norma di rango primario). Sul punto, cfr. anche F. Fontanarosa, I diritti degli animali in prospettiva comaprata,in DPCE Online, Vol 46(1), 2021.
[36] Sulla ricostruzione in chiave storica della legge v. D. Cerini, Il diritto e gli animali: note gius-privatistiche, Giappichelli, 2012, Torino, pp. 63-64.
[37] In verità gli artt. 14 e ss. del Tierschutzgesetz prevedono peculiarità in relazione ai diversi ambiti di applicazione della legge. In ogni caso, resta ferma la scelta di attribuire poteri a soggetti istituzionali, responsabili secondo le leggi dei vari Länder.
[38] A titolo esemplificativo, si prenda in considerazione la legge di attuazione della Sassonia del 6 gennaio 2004, che indica come Autorità competenti il Ministero degli Affari sociali, la Direzione regionale della Sassonia e gli uffici di controllo alimentari e veterinari. In particolare, gli uffici di controllo degli alimenti e veterinari sono competenti come Autorità per l'attuazione della legge di protezione degli animali e per l'irrogazione delle sanzioni amministrative, salva la facoltà delle Autorità superiori di dichiararsi competenti in caso di necessità.
[39] Sul punto, v. il comunicato stampa n. 47 del 24 maggio 2024 del Bundesministerium für Ernährung und Landswirtschaft.
[40] Si vedano gli atti parlamentari aventi ad oggetto l'originaria proposta di legge Brambilla, reperibili al sito https://documenti.camera.it/leg19/pdl/pdf/leg.19.pdl.camera.30.19PDL0001290.pdf.
[41] Ci si riferisce all'emendamento dell'on. Varchi.
[42] Come chiarito, per la prevalente giurisprudenza la guardia zoofila è agente di polizia giudiziaria. Sul punto, si consideri che l'art. 11 della proposta di legge Brambilla riconosce al personale medico veterinario appositamente incaricato dall'autorità sanitaria nazionale, regionale, provinciale o comunale che svolge attività di controllo sul benessere degli animali e sui reati in danno degli animali, nei limiti del servizio a cui è destinato e delle attribuzioni ad esso conferite, la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria.
[43] A. Gasparre, cit, pp. 15-16, riporta le considerazioni svolte in Cass. pen., sez. III, 28/11/2016, n. 50352, in cui si riconosce «la qualifica di polizia giudiziaria in capo al personale ARPA, proprio in ragione delle specifiche competenze allo stesso attribuite ed alla rilevanza - anche costituzionale - del bene al quale le stesse attengono, oggetto di tutela penale». Si badi, tuttavia, che l'attribuzione della qualifica può avvenire solo ad opera di una legge statale, come confermato da Corte Cost. n. 8/2017, con cui si è dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 31, comma 4, della legge della Regione Basilicata 14 settembre 2015, n. 37, recante «Riforma Agenzia Regionale per l'Ambiente di Basilicata (A.R.P.A.B.)», nella parte in cui prevede che «[n]ell'esercizio delle funzioni di vigilanza tale personale riveste anche la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria». Nel caso delle guardie zoofile, la disciplina è già contenuta in una legge statale, ossia l'art. 6, comma 2, L. n. 189/2004.
[44] Un'eliminazione secca dell'inciso, infatti, sarebbe foriera di ulteriori dubbi interpretativi e rischierebbe di ampliare eccessivamente il raggio di azione delle guardie.
[45] M. Lottini - G. Gallo, in Le iniziative a garanzia del benessere degli animali tra ordinamento interno ed ordinamento europeo: la EU Platform on animal welfare e il Garante degli animali, in Cultura e diritti, 1-2-/2018, p. 103, auspicano una cooperazione tra le guardie zoofile e i Garanti degli animali istituiti a livello comunale per aiutare le amministrazioni competenti nel controllo del territorio e nella prevenzione/repressione di reati contro gli animali.