Mezzogiorno


Roberto Galisi

Intervista all'ex rettore dell'Universitą degli Studi di Salerno prof. Gabriele De Rosa

Roma 16 marzo 2008

 

GALISI: Qual è il ruolo dei cattolici?

DE ROSA: Non so se il problema sia capire il ruolo del cattolico in questa contemporaneità o, piuttosto, capire che tipo di contemporaneità stiamo vivendo. Cattolici o non cattolici, ecco. Forse l'esperienza passata del movimento cattolico può aiutare a formulare e individuare meglio gli aspetti, gli insegnamenti che da quella storia è discesa o, diciamo così, avrebbe dovuto discendere, diffondersi, diventare, starei per dire, una specie di luogo comune di sicurezza, di impegno.

A mio avviso, non sono problemi nuovi rispetto a quelli che avevano i nostri predecessori. Tuttavia, sono sempre problemi nuovi perché la società civile è qualche cosa che si muove continuamente, vive nella fluidità e non nel permanente, ovvero una società civile fissa.

Chi è riuscito a dare questa sensazione di immobilità della società civile? Se dovesse accadere un fatto del genere, sarebbe la fine, sarebbe la chiusura dei movimenti che promuovono intelligenze, crescita e sviluppo di una società.

GALISI: Quale rapporto dialettico intercorre tra capitalismo e marxismo?

DE ROSA: Capitalismo e marxismo erano dualismi di una certa epoca, di un'epoca passata. Non che il capitalismo non esista, non che non ci sia più il capitalismo. C'è ancora. Ma di cosa è fatto? Come si nutre? Perché c'è capitalismo e capitalismo: c'è un capitalismo di Stato, c'è un capitalismo dei privati, c'è un capitalismo di consorzi di potere e così via. Quindi, quando si tocca la parola capitalismo, bisogna affrettarsi a circoscrive, a delimitare i confini di quale capitalismo si tratta.

GALISI: Nella società attuale, come si possono stabilire tali confini, coinvolgendo e incidendo principalmente sui giovani?

DE ROSA: "Facendo scuola" e creando centri di studio e di ricerche. Ve ne sono tanti, ma altrettanti ne possono nascere. È necessario, però, individuarli bene, cadenzarli bene, non creare illusioni, non metterci etichette, ovvero: aprirli alla ricerca continua, affinché possano offrire innanzitutto un prodotto di umanità non nell'accezione di cuore ma di umanità generativa di umanesimo e civiltà.

Questo bisognerebbe riuscire a fare e di sicuro non è una strada facilmente praticabile.

GALISI: Al laico cristiano spetta un ruolo fondamentale?

DE ROSA: Non si può, in poche battute, dare una risposta a un problema fondamentale di oggi. A mio avviso, un ricercatore dovrebbe sempre fare discorsi rispondenti allo stato di informazione, allo stato di movimento della società civile. Ogni luogo è diverso da un altro, per cui, quando si fa un discorso, bisogna tener ben presente in quale terra si parla, a chi si parla, che cosa c'è dietro la storia di quella terra, di quel campanile. Soltanto dopo aver preso atto e contatto, si è fatto un bel colpo, beh, diciamo così!

GALISI: Il politico potrebbe adottare qualche metodo?

DE ROSA: Parlerei di metodo dello storico più che di metodo del politico perché il politico ha bisogno dell'aiuto morale. Il discorso storico ha esigenze e caratteristiche ben precise per poter essere definito tale.

GALISI: Permane ancora la questione del Mezzogiorno?

DE ROSA: Non lo so. Comunque sia, è chiaro che esiste una questione del Mezzogiorno in quanto questione italiana, non questione così specifica. Una questione che, fino a dieci o venti anni fa, rimandava subito ad alcuni saggi che avevano trattato il meridionalismo con chiari segnali di approccio alla modernità civile di oggi. Cito, per esempio, don Luigi Sturzo, ma ci sono tanti altri uomini. Io ho avuto rapporti con Gaetano Salvemini: ricordo i discorsi con lui, lì nella penisola sorrentina.

Le persone devono avere consapevolezza della realtà dei problemi del Mezzogiorno. Consapevolezza non letteraria, non di lettura, non di consultazione soltanto di libri. Non si va in archivio per conoscere la storia del Mezzogiorno.

In ogni discorso ideologico è indispensabile il richiamo umano dell'uomo, della propria condizione reale nei processi di sviluppo di una società. Vani si rivelano i discorsi astratti, apocalittici. Occorrono discorsi che ruotino intorno all'uomo, affinché quest'ultimo acquisisca consapevolezza di com'è oggi effettivamente il presente.

GALISI: Che cosa pensa della magia?

DE ROSA: Esistono ancora qui e lì pratiche del genere, ma io ho sollecitato ché non si passi subito a condanne, quali, per esempio, le estromissioni. Basti scorrere meglio i movimenti della storia per notare che profondamente religiosi erano anche coloro che credevano nella magia. Non risolverei la questione della pratica magica in uno studio di due flussi religiosi: da una parte la religiosità consacrata classica, già assestata, dall'altra la pratica magica. Per comprendere la pratica magica, bisogna chiedersi: perché la facevano? chi la faceva? dove? entro quali limiti? limiti territoriali o propri di attività speculative?

GALISI: C'è fede o superstizione?

DE ROSA: Questo in astratto per me non si pone perché a seconda dei casi, a seconda dei luoghi, la cosa cambia. Non esiste una pratica magica generale con propri cultori e con propri messi. Ci possono essere dei focolai di magia, ma non solo nelle aree che non hanno conosciuto lo sviluppo tecnologico e urbanistico, anche in tante altre città del Nord, per non parlare dell'America. Sopravvivenze magiche si possono avere episodicamente, ma farne una definizione di carattere territoriale circoscritto per me è tempo perso.

Bisogna andare avanti, sgombrare il terreno da antiche e vecchie ipotesi che facevano riposare i cervelli. Questi ultimi, invece, devono lavorare su quello che è la realtà, con l'aiuto, non dico dei contenuti, ma delle indicazioni prospettiche, delle indicazioni investigative dei grandi studiosi del Mezzogiorno. Non si tratta solo di un fatto territoriale, ma anche di un grande fatto culturale nella storia del nostro Paese.

GALISI: È vero che il giusto è sempre dall' "altra parte"?

DE ROSA: In questi casi io sono per il dantesco: "Non ti curare di loro ma guarda e passa". Se li trovate per strada: che volete fare? litigare? Girate e proseguite per la vostra strada. Attualmente, per quei pochi allievi che hanno la bontà di cercarmi, la raccomandazione che io do è questa.

GALISI: Tutto ciò però fa rabbia.

DE ROSA: Non lo so. Come ho appena detto, sono sempre per il dantesco: "Non ti curare di loro ma guarda e passa".

Questo vale se ci s'impegna veramente nella ricerca: c'è la voglia di non accontentarsi mai di una soluzione o di un documento; di continuare a cercare; di avere la costanza di sentire che la ricerca è una prospettiva non confinabile e che continuamente può autoalimentarsi e autoarricchirsi.

Il mestiere dello storico non è definibile come può esserlo, non so, quello del geometra.

GALISI: Si svesta per un attimo dei panni dello storico e indossi quelli del politico. Quali consigli può suggerire?

DE ROSA: Sempre quello di metodo. Se uno si prospetta di fare una carriera, di costruirsi, il suggerimento è mettersi nel solco della più impegnativa ricerca e attività speculativa sui problemi del Mezzogiorno, liberandolo in tal modo da una settorialità, come se fosse qualche cosa di estraneo alla normalità dei processi del mondo moderno. No: il Mezzogiorno fa parte del mondo moderno, è mondo moderno. Certamente, come quando ci si mette a fare storia, bisogna cercare i propri documenti e le proprie fonti di approdo per ricostruire un passato; poi, attraverso quella ricostruzione, riuscire a capire l'attualità in cui uno si trova a vivere e a operare.

GALISI: Esiste un'ideologia politica?

DE ROSA: Ci sono quelli che ritengono che ci sia ideologia politica o, almeno, ritengono che ideologie politiche c'è ne possano essere. Fino a quest'oggi non mi pare che le ideologie politiche siano riuscite a dare frutti putativi. Preferisco approdare alla lezione dei grandi maestri, ovvero di coloro che hanno studiato il Mezzogiorno mettendoci dentro non soltanto i testi, l'archivio e quant'altro, ma anche la loro anima, la loro immersione nelle doti culturali e spirituali della realtà del Mezzogiorno. Non continuiamo a considerare il Sud e a descriverlo come se fosse un'area che aspetta di essere studiata, guardata, così come si fa passeggiando o facendo una traversata estiva. No. Mettiamocelo nell'animo e ricostruiamolo con tutto il nostro impegno che non può non essere un impegno culturale.

GALISI: Secondo Lei, cosa penserebbe o direbbe oggi don Luigi Sturzo?

DE ROSA: Probabilmente c'è ancora bisogno della lezione del passato; di quella lezione del passato, frutto sia di un'esperienza di partiti e di circoli letterari, sia di un'esperienza vissuta nel concreto, nell'assimilazione. Oggi è difficile fare il punto dei problemi del Mezzogiorno, farne la giusta causa, analizzarne i contenuti fuori da ogni piagnisteo e da ogni vocazione diciamo così trascendente. Vanno, invece, vagliate prospettive che non appartengono solo al Mezzogiorno ma anche ad altre realtà politiche territoriali. E ancora una volta non può non tornare in mente il discorso di don Sturzo, di Salvemini e di altri: vivere dentro lo spirito, dentro la ragione stessa culturale della realtà meridionale.

GALISI: Lei ha dato un'Università a Salerno e insegnato molto ai Suoi allievi.

DE ROSA: Ho avuto buoni allievi, non ho dubbi. Io non ho dato a Salerno: ho ricevuto da Salerno, ho ricevuto molto. Ho dato a Salerno, che cosa?, Magistero e Università.

GALISI: E Le sembra poco?

DE ROSA: Non è poco, è già qualcosa. Non basta certo averla fondata sia pure a Fisciano. Occorre, però, portarla avanti e non farne una ‘trincea chiusa'. Bisogna che sia sempre Università, che vuol dire discorsi che si aprono. Possono partire anche dal locale, ma poi bisogna investire nel metodo, in domande di ricerca e anche in problemi più generali.

GALISI: Perché nella Costituzione Europea non sono state inserite le origini cristiane dell'Europa?

DE ROSA: Un discorso metafisico che pretenda di essere un discorso primario, un discorso fondamentale per tutta l'Europa, no, oggi non mi pare che sia questa la richiesta.

GALISI: Eppure nella Costituzione Americana il riferimento a Dio c'è. Come mai?

DE ROSA: Secondo me potrebbe esserci tranquillamente anche nella Costituzione Europea. Il perché non l'abbiano fatto non lo so. Non so dove cercheranno Dio. Bisogna continuare a fare il proprio lavoro cercando di documentarlo con uso delle fonti principali della cultura europea, non sbrigarsi così facilmente.

GALISI: Qual è il legame tra religiosità ed etica?

DE ROSA: Se guardiamo l'aspetto religioso è chiaro che in esso c'è quello che sappiamo tutti: c'è la preghiera, c'è l'invocazione a Dio, c'è Dante.

Perché Dante non è solo poesia: è la nostra carta d'identità non soltanto nazionale ma anche europea.